Lo strano caso della chiusura di Rai Movie

La chiusura di Rai Movie continua a tenere banco sui social e tra i cinefili. È davvero una questione di ascolti troppo bassi? Serve davvero istituire dei canali per sole donne e per soli uomini?

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Da qualche giorno gira voce, ormai divenuta certezza, che la Rai chiuderà Rai Movie e Rai Premium. Al loro posto l’azienda di Viale Mazzini si sta prodigando per mettere in piedi due canali “di genere”, Rai 4 e Rai 6, uno dedicato agli uomini e l’altro alle donne.

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Tralasciando momentaneamente il problema su chi/cosa dovrebbe essere “da maschio” e chi/cosa “da femmina”, ed auspicando dunque una progressiva apertura di canali che soddisfino le esigenze di ogni appartenente alla comunità LGBTQ+, visto che l’a.d. Salini si era detto convinto di voler puntare sulla «integrazione dei canali», continuano a frullarci in testa dei dubbi.

Perché già nei giorni scorsi ci eravamo soffermati sulla questione dando un taglio romantico alle nostre considerazioni, facendoci portavoce di tutta quella generazione abituata a registrare VHS dalla tv.
Ma ad essere più analitici qualcosa non torna davvero.
Da quando è spuntata fuori la notizia della chiusura del format infatti impazza sui social l’hashtag #salviamoRaiMovie e la raccolta firme per evitare lo smantellamento del palinsesto ha superato le 80.000 firme.

E se si va oltre le sensazioni di pancia e ci si affida ai dati Auditel ci rendiamo conto che la chiusura del canale non è nemmeno una questione di ascolti.  
I dati della media share su tutto il 2018 registrano infatti per Rai Movie un indice dell’ 1,05%. In lieve calo rispetto al record di 1.09%  toccato per nelle annate 2017 e 2015, ma comunque da leggere con un’ottica positiva, visto che in dieci anni il canale è passato da una media annuale dello 0,09% del 2008, con picchi di 1.21% durante le vacanze estive dell’agosto 2015 e 2017.

Che ci sia stato un brusco calo negli ultimi mesi? Nemmeno per sogno. Sempre Auditel, nel suo rapporto dedicato al periodo che va dal 30 dicembre 2018 al 2 febbraio 2019, parla di uno share dell’1.23% (con una media di 312.503 spettatori), che sale a 1.30% per la seconda serata.

Rai Movie
Per fare un confronto, la Rai4 che il CdA vorrebbe potenziare ha uno share di 1,30% in prima serata che diventa 1,28% in seconda. Insomma se la battevano ad armi pari.
Tra le “concorrenti” in chiaro solo Iris sembrerebbe andare meglio di Rai Movie (share rispettivo di 1,48% e 1,63% per prima e seconda serata), mentre Paramount Channel viaggia su flussi più bassi di entrambi i canali (0,83% in prima e 1,27% in seconda).

Precisiamo: con questo intervento non vogliamo opporci a prescindere a dei cambiamenti che un servizio pubblico legittimamente può (e deve) impartire alla propria idea di televisione per restare al passo coi tempi.  Il fatto è però che creare canali tematici per maschi e per femmine (come i bagni?), sembrerebbe una policy che sa di tutto, fuorché di progresso.
Siamo sicuri che se le energie acquisite dalla chiusura di Rai Movie fossero state incanalate nella ristrutturazione e nell’ampliamento di offerta di RaiPlay, tutto questo chiasso forse si sarebbe evitato.
Perché, nonostante sia ingiusto privare fette di pubblico di un canale gratuito su cui vedere film (in un paese in cui la rete internet super-veloce è ancora lontana dall’essere realtà ovunque), credere nel potenziamento delle piattaforme digitali, magari facendo trasmigrare l’intero catalogo di Rai Movie online, sarebbe stato comunque un segnale di lungimiranza importante.
Del resto RaiPlay è ben lontana dall’essere al momento la risposta a Netflix che secondo Viale Mazzini dovrebbe rappresentare. 
Rai MovieNessuna possibilità di fare ricerca cliccando sul nome di un autore o regista (ed in generale un’organizzazione dei contenuti spesso caotica e poco intuitiva); alcuna possibilità di interrompere il film per poi poter riprendere la visione in un secondo momento dal punto in cui si era rimasti; inesistenza di una app dedicata per SmartTv (quasi che gli stessi dirigenti Rai vogliano scoraggiare l’utilizzo del servizio online) e, soprattutto, ancora non c’è la possibilità di avere contenuti in lingua originale con i sottotitoli multilingue (salvo rare eccezioni mai doppiate).

Siamo sicuri allora che con tutto quello che c’era da fare, Rai Movie vada sacrificata per diversificare contenuti in base al sesso dei fruitori? Sembrerebbe una tesi fondata tanto quanto quella dei pochi ascoltatori…

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