LOCARNO 66 – Le scommesse vinte
Numero di presenze e accreditati aumentati rispetto al 2012. E soprattutto il cinema come scoperta, sperimentazione, piacere, dal concorso con una parte dello sguardo rivolto verso Oriente alla retrospettiva dedicata a George Cukor, ponte continuo tra passato e futuro in questa prima edizione targata Carlo Chatrian. Per 11 giorni come in una navicella nello spazio.
Vedere Ricche e famose in PIazza Grande, ultimo film diretto da George Cukor proiettato in onore di Jacqueline Bisset, mostra le molteplici anime di un festival. In seconda serata, con più di mezza piazza ancora piena, con un'opera già straordinariamente datata nel 1981. Oggi invece fuori tempo, come una navicella nello spazio, ponte tra passato e futuro come è stata questo 66° Festival di Locarno. Ed è stata questa la prima scommessa vinta da questa edizione, la prima targata Carlo Chatrian. Perché la retrospettiva su George Cukor non è stata quella classica dei festival. Ma il cinema Rex, dove si svolgeva è stata una strana macchina del tempo. E il programma, tra Concorso, Piazza Grande e retrospettiva, sembrava mescolarsi.
L'interazione della retrospettiva a Cukor (con sale colme anche per La costola di Adamo o Selvaggio è il vento) integrata in pieno col festival richiama direttamente la Cannes Classics. E in particolar modo la restrospettiva che sulla Croisette venne dedicata a Jean Renoir nel 1994, i cui film sembravano tanti molteplici segmenti di un concorso che tornavano dal passato e s'insediavano come linee impazzite nella programmazione ufficiale.
Il cinema come scoperta, sperimentazione, piacere. Tutti elementi che si potevano vedere insieme già nelle presentazioni prima del film serale in Piazza Grande, dove c'era più l'ufficialità celebrativa mescolata però a quell'impeto di raccontare come se ci si trovasse in rassegna itinerante. Oppure le lezioni di cinema, per esempio, di Jacqueline Bisset, Otar Ioselliani, Werner Herzog in cui sembra essere eliminata finalmente la distinzione tra pubblico e addetti ai lavori (una rara mescolanza italiana e invece molto vicina alla passione francese), dove non c'era quella fretta dei tempi da rispettare, dove i film, le esperienze assumrevano mentalmente una forma visiva nel momento in cui erano raccontati.
E poi i numeri. In un Festival già organizzato perfettamente e caratterizzato anche dall'ottimo lavoro della precedente gestione Olivier Père, le presenze sono aumentate. Per We're the Marshall, per esempio, non c'era praticamente un posto a sedere. E' cresciuto il pubblico (162.919 spettatori rispetto ai 161.680 del 2012) così come il numero degli accreditati (4.114 quest'anno, 3950 l'anno scorso).
E ancora il concorso. L'elettrizzante sguardo verso Oriente (dal bellissimo Our Sunhi di Hong sang-soo a Backwater di Shinji Aoyama fino a Real di Kiyoshi Kurosawa), le polemiche e le discussioni accese anche a tavola per Sangue di Pippo Delbono, o l'arrivo come un uragano di Wetlands del tedesco David Wnendt con Carla Juri sulle orme tra Franka Potente di Lola corre e Trainspotting.
Infine l'eco. L'attenzione della stampa che diventa sempre maggiore. Sarà forse per lo spostamento delle date (7-17 agosto quest'anno rispetto all'1-11 agosto della scorsa edizione), ma di solito di questi tempi alcuni quotidiani e siti specializzati già cominciavano a parlare della Venezia che verrà. Quest'anno invece Locarno ha praticamente eliminato queste anticipazioni. Un'altra scommessa vinta.