LOCARNO 66 – "Mr. Morgan's Last Love", di Sandra Nettelbeck (Piazza Grande)

michael caine in mr. morgan's last love

Sandra Nettelbeck adatta il romanzo La douceur assassine di Françoise Dorner costruendo attorno ad un intenso Michael Caine una riflessione sulla vita e sulla morte, in un dialogo fitto con les bien-aimés che non ci sono più, ma sembrano ancora così presenti. I momenti più belli stanno nelle pause dall'evoluzione della storia, quelli in cui negli occhi dell'attore passano i rimorsi di tutta un'esistenza 
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michael caine in mr. morgan's last loveDopo la morte dell'amata moglie, Matthew Morgan, professore di filosofia di Princeton in pensione, continua a vivere da solo a Parigi, città dove si erano stabiliti per volontà di lei, amante della Bretagna e della lingua francese, che tentava di insegnargli malgrado lui le rispondesse "A che mi serve imparare il francese se ho te?". 

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E dunque Mr. Morgan vaga per i boulevard di Saint Germain, continua a sedersi sulle panchine dei giardini dove erano soliti pranzare con delle baguette, tentando di percepire ancora la presenza della sua compagna di vita. Fin quando conosce la giovane Pauline, insegnante di danza con cui costruisce un rapporto speciale che sembra riaccendere in lui un interesse per la vita.

 

Sandra Nettelbeck adatta il romanzo La douceur assassine di Françoise Dorner costruendo attorno ad un intenso Michael Caine una riflessione sulla vita e sulla morte, in un dialogo fitto con les bien-aimés che non ci sono più, ma sembrano ancora così presenti. È per questo che i momenti più belli del film sono le pause dall'evoluzione della storia principale, con lo snodo delle irrisolte tensioni familiari, i contrasti padre-figlio e i conflitti da sciogliere.

mr. morgan's last loveQuelli in cui Caine sente sua moglie accanto a sé, in cui gli sembra di poter prendere la sua mano per strada o trovarne l'abbraccio in un momento di sconforto.
Nei suoi occhi passano tutti i rimorsi di una vita, come marito, come padre, come uomo, troppo attaccato a quei libri che lo hanno allontanato dall'affetto dei figli, tenuto al riparo dalle emozioni, quasi come il single man isherwoodiano, intento a raccogliere gli ultimi pensieri, le ultime esperienze, prima che "lei" arrivi.

 

Nella relazione platonica con la luminosa Pauline di Clémence Poésy (che dopo piccole parti in In Bruges e 127 ore, sembra aver trovato un ruolo in grado di lanciarla), il film della Nettelbeck sembra quasi replicare in una versione più narrativa, più mainstream del meraviglioso La fille de nulle part di Jean-Claude Brisseau, che proprio a Locarno aveva vinto il Pardo d'oro nell'edizione 2012.

Un incontro di solitudini tra un uomo prossimo alla morte e una ragazza giovane ma smarrita, in cerca di protezione.
Certo, Brisseau caricava il suo racconto di risonanze emotive potenti qui solo sfiorate, attutite dagli intermezzi rasserenanti come il cammeo di Gillian Anderson, nel ruolo della figlia egocentrica e superficiale. Ma l'approccio della Nettelbeck risulta piacevole, rispettoso ed empatico nei confronti dei suoi personaggi, senza dare l'idea di cercare un happy ending a tutti i costi ma disponibile verso le aperture imprevedibili celate nelle pieghe del plot.

 

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