LOCARNO 66 – "When Evening Falls on Bucharest or Metabolism", di Corneliu Porumboiu (Concorso)
Il terzo film del Concorso conferma la direzione presa dal Festival di Locarno verso opere di frontiera, tanto dal punto di vista tematico che strutturale. Quello di Corneliu Porumboiu è un cinema teorico, che lavora sugli spazi e le distanze. E sui tempi, che il digitale puo' dilatare all'inifinito. Ma senza regole cosa significa essere registi, oggi?
Quello di Porumboiu è, difatti, un cinema teorico, che lavora sugli spazi e le distanze, senza avvicinarsi mai ai suoi protagonisti, relegati in un campo medio a camera fissa; e sui tempi, quegli undici minuti imposti dalla pellicola e che il digitale puo' dilatare all'inifinito. Ma senza regole cosa significa essere registi, oggi? Quali limiti imporsi, come organizzare, architettonicamente ed eticamente, il proprio materiale?
Il regista rumeno, salito alla ribalta con A Est di Bucarest, mette in scena i suoi dubbi affindandosi all'alter ego Paul, regista cinematografico osservato durante le riprese di un suo film. Assieme a lui c'è Alina, attrice con cui ha una relazione, amante e creatura da manovrare, di cui coordinare e coreografare gesti e movimenti.
Anzi, When Evening Falls on Bucharest or Metabolism sembra dire proprio come il cinema e il set come esperienza umana, che trova il suo modello piu' esemplare in Effetto notte di Truffaut, sia scomparso, e resista solo nella mente dell'autore, nelle sue dissertazioni teoriche.
Nume tutelare della messa in scena, rigorosa e geometrica, è Antonioni, apertamente citato: "Non hai visto L'avventura? L'eclisse? Dovresti vederli, è come fare teatro senza conoscere Cechov". Porumboiu utilizza gli stessi vuoti, la stessa dedizione verso i tempi morti, gli scarti dell'immagine, senza pero' la ricerca estetica del maestro ferrarese.
Non è (piu') la bellezza ad essere al centro del quadro, ma il meccanismo cinematografico, osservato con occhio impassibile, attento e curioso ma di certo poco emotivo.
Anche se qua e là affiora il sarcasmo che aveva contraddistinto i lavori precedenti, il regista si allontana dall'analisi politico-sociale di Politist, adjectiv, per adottarne una che passa soprattutto attraverso la riflessione estetica, adottando un rigore verso la narrazione e una distanza dallo spettatore che suona come una precisa dichiarazione programmatica.
Pamphlet per certi versi affine all'algidità di Caché di Haneke, ma senza neanche piu' il "paravento" del genere, il film di Porumboiu risulta persino inquietante nel suo allontanamento dall'umano. Gli attori vanno colti nella pura gestualità da una distanza teatrale, l'unico primo piano è riservato, in maniera tanto ironica quanto raggelante, all'endoscopia della gastrite del protagonista/autore.