#Locarno69 – “Sono esageratamente semplice”. Conversazione con Stefania Sandrelli

Stefania Sandrelli si racconta generosamente al pubblico di Locarno: il rapporto con i registi e le scelte di istinto, “anti-intellettuali”, l’amore per un mestiere che è come “una dolce gabbia”.

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Arriva con un po’ di ritardo Stefania Sandrelli all’incontro con il pubblico in occasione del Leopard Club Award assegnatole dal Festival di Locarno. Un ritardo di cui si scuserà più volte nel corso della conversazione, con la stessa naivité che gli spettatori hanno imparato a riconoscere nei suoi ruoli cinematografici.

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Del resto, è lei la prima a riconoscere che vita e cinema hanno iniziato a intersecarsi prestissimo: “Viareggio, la città dove sono nata, aveva più cinematografi che chiese. Vi portavano i film in anteprima per vedere le reazioni del pubblico e proiettarli poi nel resto d’Italia. Mio fratello Sergio, di 7 anni più grande di me, era musicista e grande cinefilo, è lui che mi ha trasmesso la passione per il cinema: dagli horror di vampiri che poi recitavamo a casa, a Cassavetes, dai musical ai film di Ermanno Olmi, Il posto e I fidanzati.”

Quelle visioni diventano una sorta di prep-school alla carriera di interprete. Perché malgrado l’aria da eterna ingenua, la Sandrelli racconta di aver sempre posseduto una grande sicurezza e determinazione, senza le quali probabilmente è impossibile restare nel cinema, ai suoi livelli, per oltre cinquant’anni. “Le cose che ho fatto, le ho fatte perché mi sono sempre sentita pronta. I miei parenti non volevano che andassi a Roma per il provino di Divorzio all’italiana, ma mio fratello disse “Ti ci porto io!”. Ero preparatissima: di Germi conoscevo già le intemperanze, perché me ne aveva parlato Sergio, il mio amatissimo fratello che non c’è più. Ci dicevamo che se non fosse andata saremmo sempre potuti tornare a Viareggio e continuare a vedere film, ma sono stata scritturata per Divorzio, visto in tutto il mondo, vincitore di un Oscar: una dolce trappola da cui non sono più uscita”.

io-la-conoscevo-bene-1965-06E dunque, quando Steve Della Casa, che modera l’incontro, le chiede se la parabola di Adriana, giovane provinciale delusa dal sogno del cinema, non le sembrasse in qualche modo una traiettoria alternativa a quella del successo, durante le riprese del bellissimo Io la conoscevo bene di Pietrangeli, la Sandrelli prende affettuosamente le distanze dal personaggio, di cui però ama proprio le debolezze: “Io sono sempre stata perfettamente consapevole, conoscevo bene il sottobosco del cinema, ne parlai anche con Ettore Scola quando ai provini mi raccontava il ruolo di Adriana. Più lei aveva dei lati patetici, più sentivo di volerle bene. Non ho mai avuto paura di rappresentare il lato patetico che c’è in tutti noi”.

Dopo l’esordio con Germi e col cinema de solidi autori della “vecchia scuola”, gira con uno dei nomi nuovi del cinema italiano degli anni Sessanta, erede di Visconti, assistente di Pasolini, imbevuto di Nouvelle Vague: Bernardo Bertolucci. “Con lui feci 4-5 film, mi chiamava “l’attrice di Germi”. Mi ha preso per mano e portato in un mondo più borghese, intellettuale di quello a cui ero abituata e a cui sento di appartenere. Con delle eccezioni: in Novecento, ero la maestra di vecchietti meravigliosi e io ho sempre amato gli anziani, quando ero piccola dicevo sempre a mia madre “Mamma, guarda come è bellino quel signore, portiamolo con noi!”.

novecentoCome attrice ho sempre avuto delle remore a piangere, credo che per un attore sia un’arma a doppio taglio. Non ho mai previsto di farlo, “da copione”. Ma nella scena di Novecento dove i fascisti bruciano la casa degli anziani e devo darne l’annuncio ho pianto tutte le mie lacrime. Bernardo me l’ha ricordato poco tempo fa, una sera che ci siamo ritrovati a Roma per cenare insieme. Solo allora gli ho spiegato che la mia reazione era dovuto a questa tenerezza che la vecchiaia mi ha sempre ispirato. A volte sul set non c’è neanche il tempo per raccontarsi e spiegarsi queste cose”.

In una carriera così lunga e preziosa, ha amato tenere a battesimo giovani registi: “Continuo a lavorare con i giovani, da Virzì a Francesca (Archibugi) che ha esordito con me. A settembre girerò un film con Elio Germano, che amo molto come attore”, ma ci sono inevitabilmente occasioni mancate. “Se ho rinunciato a dei ruoli è stato sempre perché aspettavo i miei figli e quindi c’era una motivazione più importante”.

alfredo-alfredo-foto-207720Come con Federico Fellini, che voleva affidarle un ruolo in Giulietta degli spiriti, che lei rifiutò, essendo in attesa di Amanda. “Poi il ruolo fu persino cancellato e quindi è andata bene così, non mi convinceva poi tanto l’idea di buttarmi in un progetto senza nemmeno una sceneggiatura…”. Germi, invece, in Alfredo Alfredo riesce a convincerla, arrivando a mostrarle il contratto di Dustin Hoffman: “Dustin aveva appena girato Il laureato, per cui ero pazza di lui. Mio marito era gelosissimo. Io ero incinta e non volevo fare il film, Germi mi fece vedere il contratto di Hoffmann che aveva espressamente richiesto la mia presenza. Io non ero molto convinta, perché sapevo quanto potesse essere pesante ed esigente sul set. Alla fine mi rispose “Prometto di trattarti come un fiore fresco”.

L’altro grande rifiuto è quello – niente di meno che – a Francis Ford Coppola, per Il padrino: “Avevo fatto Sedotta e abbandonata, dove ero diventata la “vergine nazionale”. Avrei avuto gli stessi attori per genitori, la stessa visita della mammana, lo stesso matrimonio riparatore. Non me la sono sentita di diventare anche “la vergine internazionale”. Lui capì e si mise a ridere, dispiacendosi del fatto che avrei avuto l’occasione di conoscere De Niro. Attore che, lo confesso qui per la prima volta – soprattutto per farmi perdonare del ritardo, visto che non l’ho mai confidato nemmeno a lui!- mi ha fatto battere molto il cuore, era bellissimo”.

stefania-sandrelli-bernardo-bertolucci-dominique-sanda-632238Quindi la scelta del ruolo non avviene mai per calcolo, in base alla risonanza del regista, ma per una semplice questione di gusti, di “affinità elettive” con il personaggio raccontato nello script: “Non sono un’attrice intellettuale. Giancarlo Giannini immagina sempre di essere un animale, io non ci riuscirei mi sembra troppo complicato, io sono esageratamente semplice. Leggo una sceneggiatura, ovviamente deve piacermi, amo le storie corali, perché non ho mai fatto il cinema per far vedere quanto sia bella o brava (che lo sia stata e spero, continui ad esserlo…). Poi certo, tocca al regista farmi pensare che il film sarà anche più bello della sceneggiatura. io sono molto principessa al cinema, devo essere servita bene!”.

L’amore per le storie corali implica l’entusiasmo per la condivisione del set, per le dinamiche bizzarre e assurde, ma irripetibili, che si creano durante le riprese: “Ho cominciato con il più grande, Marcello Mastroianni, che mi ha dato l’imprinting. La razza degli attori è bella proprio perché sono diversi, strambi. Durante Io ballo da sola ero felicissima di avere un dialogo in inglese con Jeremy Irons. Era mattina presto, sedevamo al tavolo della colazione già preparati, Jeremy con il cappello in testa che il suo personaggio spesso portava. Arrivò Bernardo che, con la sua solita foga, prese il cappello e glielo strappò, poi tornò dietro la macchina da presa senza dire niente, pronto a girare. Lui si arrabbiò moltissimo. Gli dissi “Non prendertela, Bernardo è fatto così, e poi guarda, aveva ragione, sembravi uno spaventapasseri”. Lui chiese alla sua assistente cosa significasse la parola, poi prese uno specchio, ci pensò su, si mise a ridere e riprendemmo a girare come se non fosse successo niente”.

il-bagno1-1180x650Il cinema, quindi, è il primo amore e anche l’unico. Le incursioni sul palcoscenico non sono mai state una priorità per lei, diversamente dalla maggior parte degli attori, che sentono quasi il bisogno di purificarvisi. “Adesso riprenderò la tournèe de Il bagno, con mia figlia Amanda. È la mia 4a volta in teatro, so che per un attore il pubblico diverso ogni sera è un nutrimento puro. Ma per me che ho fatto tanto cinema, il teatro è come “la otra cara de la luna”, l’altra faccia della medaglia. Lo trovo molto faticoso, anche per questo ho scelto sempre commedie chiedendo agli spettatori che venivano in camerino “Ma vi siete divertiti?”.

Il bagno è tratto da una pièce spagnola molto brillante, siamo cinque donne e ci ammazziamo di lavoro, per giunta sempre sui tacchi, ma è molto divertente.

Parlando di donne, le chiedono, ormai allo scadere del tempo a disposizione, se dunque anche lei si associ alla denuncia fatta da Patricia Arquette e Meryl Streep sulle differenze dei compensi nel cinema tra uomini e donne. Ritorna subito la Sandrelli determinata che dichiara di essere sin dagli esordi e non la dolce scapestrata del grande schermo: “Sono tantissimi anni che faccio questa denuncia, non per i soldi, che fanno comodo soprattutto per essere liberi nelle scelte, ma per l’offesa che vede le donne dover stare un gradino sotto gli uomini. È una cosa che ho sempre sentito contro tutte noi”.

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