#Locarno68 – “Il cinema è controllo dell’anarchia”, Incontro con Michael Cimino

Ecco il Pardo d’Onore di questa Locarno 68. Non è una conversazione con il pubblico quella di Michael Cimino, ma un vero e proprio one man show di travolgente sincerità

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Non è una conversazione con il pubblico quella di Michael Cimino, ma un vero e proprio one man show. “Non sono un insegnante, non posso stare seduto dietro una scrivania” dice entrando, sedendosi direttamente sul desk dello Spazio Cinema e impadronendosi del microfono.

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Ed è talmente un fiume in piena, impetuoso come certi suoi protagonisti, che il modo migliore di restituire il flusso delle sue parole è cercare di riportarle integralmente, per quanto possibile.

Attacca subito: Non so dire come ho imparato a fare cinema. Non ho frequentato una scuola, né sono un cinefilo come Tarantino, cresciuto dentro i videostore, capace di ricordare qualunque titolo. Io sono un architetto e l’architettura è il controllo e l’organizzazione dell’ambiente. Il cinema invece è il controllo dell’anarchia.

Locarno68: Michael Cimino con Enrico Ghezzi, ricordano un lontano Festival di Taormina

Locarno68: Michael Cimino con Enrico Ghezzi, ricordano un lontano Festival di Taormina

Per me è un mistero capire come ho fatto quello che ho fatto, il primo film (Thunderbolt and Lightfoot, 1974) è stata una sfida. Ero venuto in California perché ne amavo lo stile di vita, il surf, le corse in moto nel deserto. A quel tempo giravo spot pubblicitari con belle macchine e belle donne, due cose che mi sono sempre piaciute. Mi hanno detto che se volevo avere successo dovevo scrivere un copione e convincere una star di Hollywood a interpretarlo. Io obiettai che non sapevo scrivere e mi dissero “Farai bene a imparare in fretta“.

I racconti migliori vengono dai personaggi. Cosa ricordate di Anna Karenina o Emma Bovary? Cosa vi viene in mente pensando a Via col vento? Sono loro, i personaggi. Tutto parte da lì. Una volta un critico mi invitò a casa sua e mi chiese come mi fosse venuta in mente quella folle scena dei conigli in Thunderbolt. Beh, nessun mistero, era una cosa che avevo visto.

Tutto viene sempre dalla vita, i migliori film nascono dalla realtà, non dal vedere altri film. Quelli li chiamo zero act movies e invecchiano molto velocemente, già dopo due anni sembrano datati, perché non c’è alcuna verità nei personaggi e nelle situazioni che raccontano.

Il Cacciatore

Il Cacciatore

Se guardi dentro di te abbastanza a fondo troverai sempre nuovi personaggi. Sono i personaggi che danno ispirazione e non le idee. Non mi è mai interessato fare film politici.

Anche de Il cacciatore quello che volevo raccontare erano gli effetti del trauma della guerra su una famiglia, perché il gruppo di amici è di fatto una famiglia. Non nel senso letterale del nucleo familiare, ma quel vincolo con le persone che cerchi e scegli.

E il film resiste al tempo. Perché quello che cambia con gli anni sono i luoghi dei conflitti, le armi, che si fanno piu sofisticate, ma l’orrore e il dramma delle persone resta lo stesso.

Su Peckinpah, a cui Locarno ha quest’anno dedicato la retrospettiva completa, dice: Conoscevo Sam, per un po’ abbiamo avuto lo stesso assistente. He was a crazy, talented man. E’ molto triste quello che gli è accaduto alla fine, i suoi problemi nel fare film. Sam amava il West.

Ma c’è spazio anche per altri riferimenti a grandi film e grandi uomini di cinema, uno in particolare molto caro a Sentieri Selvaggi

Michael Cimino a Locarno 68: Pardo d'Onore

Michael Cimino a Locarno 68: Pardo d’Onore

Non mi interessa quello che pensano di me. Negli anni mi hanno tacciato di qualunque cosa. Il primo film era omofobico, il secondo fascista, il terzo poi marxista e così via. Ma i critici che stroncarono i miei film ora forse sono morti, I’m still here.
Ricordate La fonte meravigliosa di King Vidor, con Gary Cooper, in cui lui è un architetto a cui viene impedito di realizzare la sua opera?

C’è una scena in cui sta guardando questo edificio che non ha potuto costruire con uno sguardo pieno di rammarico e frustrazione. Gli si avvicina un uomo, che gli dice: “Sono io che mi sono opposto alla tua opera, che ho voluto la tua rovina. Cosa provi?” E lui semplicemente lo guarda, e va oltre: “Io non ti penso“.

L’altro grande uomo di cinema è John Ford e in particolare l’uso che fa della Monument Valley in The Searchers: “Qualunque film girato lì dopo Ford sarebbe stato un fallimento. Ha saputo trasformare cinematograficamente il paesaggio, che nelle sue mani diventa uno spazio enorme, mitico. Quel luogo gli appartiene.

La montagna è un luogo difficile da filmare, ti mette alla prova. Girare un film è sempre una questione di budget e il tempo è denaro. La montagna ti chiede di aspettare e aspetta di sapere se ne hai il coraggio”.

 

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