Longing Souls, di Diana Montenegro Garcìa

Nella sezione Nuove Impronte del ShortTS International Film Festival l’esordio di Diana Montenegro Garcìa che racconta di un legame matriarcale che attraversa il tempo e si fa narrazione universale

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Sussurri e grida. L’esordio alla regia di Diana Montenegro Garcìa si gioca tutto attorno a questi due elementi: da una parte gli urli e i pianti, espressione reale del dolore fisico di una moglie picchiata dal marito sotto lo sguardo impotente e atterrito della figlia di dieci anni. Dall’altra, i mantra sussurrati per scacciare vere o presunte maledizioni. Le urla provocate dalle scudisciate del cuoio sulla pelle nuda e poi i singhiozzi sommessi, i bisbiglii che si confondono col fruscio delle tende, che lasciano supporre presenze invisibili e inquiete, eppure così familiari, ataviche, radicate. Una bambina, Camila, che porta su di sé il peso di una maledizione ereditaria, ancestrale, tramandata di generazione in generazione, che ancora prima di poter commettere peccato l’ha già condannata ad una vita di tormento. Ecco quindi che nella ritualità, nella superstizione, nella fede, risiede l’unica forma di salvezza e di espiazione che resta alle donne della famiglia, colpevoli per natura e genealogia, che nella liturgia e nella magia dell’occulto trovano sollievo dalle pene del quotidiano.

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Longing Souls è più di un ritratto femminista: parla di un legame matriarcale, un’eredità spirituale che attraversa il tempo e trapassa le anime e i corpi, fustigati, lavati, strofinati eppure mai davvero purificati. Corpi e anime riunitesi in un unico spazio domestico che diventa gineceo, non inteso come zona di reclusione ma come luogo salvifico in cui ognuna trova nell’altra consolazione, cura e protezione, le stesse che il mondo esterno, oppressivo e maschilista, ha loro negato. Montenegro Garcìa racconta di nuove forme del femminile muovendosi su due direttrici, una orizzontale ed una verticale. L’orizzontalità di una colpa inespiabile che accomuna quattro generazioni, radicandosi verticalmente nell’anima di ognuna per poi esplicitarsi in maniera differente (la nonna abbandonata dal marito, la malattia mentale della zia, le violenze subite dalla mamma). E proprio attraverso questo processo la narrazione diventa universale, la maledizione che colpisce tutte le donne della famiglia di Camila, è la colpa ontologica dell’essere nate femmine, che ci proietta verso sentimenti di solidarietà e sorellanza.

Al contempo Longing Souls è ancorato saldamente ai topoi del cinema sudamericano, accogliendo in particolar modo la lezione di Lucrecia Martel. Ma riesce anche a rinnovare il proprio linguaggio, librandosi oltre i confini, geografici e cinematografici, in una miscellanea che veste le credenze popolari di un Paese dell’estetica rarefatta dei ritratti di gruppo visti in Il giardino delle vergini suicide e The beguilded di Sofia Coppola, donando un respiro di internazionalità al film.

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3.2

Il voto al film è a cura di Simone Emiliani

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