Lontano da casa, di Maria Tilli

Cosa vuol dire essere giovani tossicodipendenti oggi? Il film prova a rispondere alla domanda con le testimonianze dei ragazzi che stanno vivendo la riabilitazione a San Patrignano. Su Raiplay

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Andato in onda su Rai 1 e ora su RaiPlay Lontano da casa, il nuovo documentario della giovane regista Maria Tulli, ex studentessa del Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma. Questo lavoro, prodotto da Simone Isola e Giuseppe Lepore per Bielle Re e Rai Cinema, mette al centro le storie di vita dei ragazzi che abitano oggi la comunità di San Patrignano e nasce dalla volontà dell’autrice di raccontare cosa vuol dire ai nostri giorni essere giovani e giovanissimi tossicodipendenti, lasciando che a parlare siano le testimonianze dirette di ragazzi e ragazze provenienti da diversi contesti ed estrazione, dal Nord al Sud Italia, ciascuno con il proprio disagio e la propria unicità, con l’intento ultimo di mostrare «Il sentimento umano di rinascita» di queste persone.

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Facile pensare di trovarsi davanti all’immediata risposta Rai a SanPa, la serie da poco approdata su Netflix e diventata rapidamente virale. La verità però è ben più complessa e, sebbene inevitabile, risulta di fatto impresa ardua mettere a confronto due prodotti tanto diversi. In Lontano da casa delle «ombre» e delle polemiche storiche legate all’ormai celebre «metodo San Patrignano» riesumato dall’opera di Cosima Spender non v’é traccia, come del resto non v’è traccia dell’ingombrante fantasma del suo fondatore. La comunità raccontata da Tulli è quella attuale, costruita attorno all’humus umano che le dà vita. Il luogo, con le sue regole e le sue costrizioni, non fa che da sfondo invisibile alle storie dei suoi inquilini. In questo sguardo umano, orizzontale, a voler chiamare in causa Bill Nichols, che scava empaticamente nel vissuto dei testimoni innestando il found footage dei filmini familiari sulle interviste di queste persone, sta senza dubbio il pregio del film.

Ma se certo, come a suo modo, occorre dirlo, anche SanPa, ha il merito di riportare in auge un tema troppo spesso tenuto sotto il tappeto come quello dell’eroina, in entrambi i casi manca una vera problematizzazione della questione. Certo, forse non spetta al cinema ed alla serialità farlo, eppure in alcuni casi è stato tentato, ed anche con ottimi risultati. Basti ricordare quando Claudio Caligari, che già da anni portava avanti ricerche, anche iconografiche, sul mondo della tossicodipendenza, nel 1984 girò Amore Tossico immergendosi mimeticamente e criticamente in quell’universo tossico «truce-comico» della Roma fuori-Raccordo. Ciò che manca a Lontano da Casa nonostante le buone intenzioni è quell’apertura dello sguardo in prospettiva storiografica che ci invita a compiere Vanessa Roghi, storica e autrice, tra le sue varie pubblicazione, di un bel libro dal titolo Piccola Città. Una storia comune di eroina, in cui a partire dalla propria biografia ha portato avanti una ricerca su quel problema, parafrasando De Gregori, «comune ad un’intera generazione», andando a ricostruire quello che è stato uno dei fenomeni sociali, politici ed anche culturali più significativi del Novecento.

Nel film di Tilli è totalmente omessa una riflessione sul fenomeno della comunità terapeutica quanto mai necessaria. Ben venga dunque il racconto delle storie individuali di Lontano da Casa, e ben venga anche riportare alla luce pagine e figure dibattute della nostra storia come ha fatto SanPa. Ma ricordiamoci che questa Storia non la fanno, come piace pensare a qualcuno, solo gli uomini carismatici che sanno far parlare di sé; dunque, ora che il dibattito è stato aperto nuovamente non lasciamo che muoia su se stesso, e proviamo a cogliere l’invito di Roghi.

 

Regia: Maria Tilli
Durata: 72′
Origine: Italia, 2021

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3.2

Il voto al film è a cura di Simone Emiliani

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