Luck, di Peggy Holmes

Parte a razzo come una slapstick forsennata, pronta a ripensare il cinema per ragazzi. Poi, però, si normalizza, vira verso i lidi Pixar e preferisce la convenzionalità alla ribellione. Apple TV+

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Ha alle spalle il fuoriuscito Pixar John Lasseter e molti ex collaboratori Disney (la regista, Peggy Holmes, ha diretto alcuni episodi del franchise direct to video dedicato alla fatina Trilli), Luck, eppure, il meglio di sé lo dà nella sua clamorosa prima parte, quando si lancia in un ironico, giocoso, ribaltamento di quell’immaginario, quasi a voler superare, da solo, un intero modo di intendere il cinema per l’infanzia. Il primo passo è rileggere elementi ricorrenti del racconto attraverso uno sguardo il più possibile realistico. Così ecco che Sam, la protagonista, è un’orfana “fuori tempo massimo” (essa stessa parodia delle decine di orfani disneyani, a suo modo), costretta, da adulta, a vivere da sola, a lavorare per pagarsi l’affitto, ma sopratutto a confrontarsi nella quotidianità con la sfortuna, perfetta variante realistica (e caotica) alla magia dei racconti dell’infanzia.

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Sam è infatti straordinariamente sfortunata fino a quando, un giorno trova per caso un penny che gli garantisce la buona sorte. Vorrebbe regalarlo ad una delle piccole ospiti dell’orfanotrofio ma improvvisamente la perde. Sarà costretta a compiere un viaggio nel Regno della Fortuna insieme al gatto Bob (originario proprietario dell’oggetto) per ritrovare la moneta.

Ma soprattutto Luck sembra liberarsi agilmente da certi obblighi del cinema per ragazzi, a partire da una scrittura che deve essere didattica a tutti i costi. Peggy Holmes lascia piuttosto che il suo film si muova su uno scanzonato ritmo da rom com e racconta le disavventure di Sam come una slapstick esplosiva, che sperimenta, costruisce coreografie forsennate lavorando a partire dalla fisicità della protagonista, pesca a piene mani dalla tradizione alta del genere.

Luck

 

Eppure arrivato al secondo atto Luck scarta, fa dietrofont e riduce l’originalità che si è intravista fino a quel momento ad una fiammata. Appena il film è costretto ad avvicinarsi alle atmosfere del fantasy, lo sguardo di Peggy Holmes perde lucidità. Non mancano, anche qui, certi momenti felicemente spiazzanti, a partire da un’improvvisa divagazione nel musical passando per sequenze che giocano con Chaplin a Tati, ma lentamente Luck non fa che normalizzarsi, ricucendo, di fatto, la frattura che lo aveva felicemente allontanato dal cinema Pixar fino a quel momento.

Ma è troppo tardi per un cambio di fronte così complesso.

Così, se da un lato l’avvicinamento ai lidi Pixar premia Luck con un world building sfaccettato e ricco di sfumature, dall’altro è indubbio che il film, lentamente, si sfaldi, costretto in spazi che non gli appartengono: il racconto accelera, mette troppa carne al fuoco, si affretta a costruire un background ai personaggi ma si ritrova per le mani entità raffazzonate, si perde in una narrazione inutilmente complessa, cerca a tutti i costi una morale salvo ripiegare su uno spunto mai davvero approfondito e che, tra l’altro, un classico come Inside Out aveva raccontato con ben altra lucidità.

Parte come una scheggia impazzita, Luck, che lascia indovinare, di là dal baratro, un nuovo modo di intendere il cinema per ragazzi, accelerato, incosciente, straordinariamente cinefilo. Ma tutto rimane sulla carta, quasi che il film di Peggy Holmes rinunciasse al suo passo incendiario perché non si sente in grado di gestirne la portata. Lo relega quasi fuori campo, dunque, preferendo la leggibilità alla rivoluzione ma forse non rendendosi di quanto, in questo modo, il suo impatto sul pubblico risulti molto più debole delle attese.

 

Titolo originale: id.
Regia: Penny Holmes
Voci: Eva Noblezada, Simon Pegg, Jane Fonda, Whoopi Goldberg, Flula Borg, John Ratzenberger
Distribuzione: Apple TV+
Durata: 105′
Origine: USA, 2022

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3
Sending
Il voto dei lettori
2 (2 voti)
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