Luis Fulvio: il cinema come credo

L’autore di ’77 No Commercial Use ritorna a Sentieri Selvaggi per raccontarsi come studente, critico, ricercatore, filmmaker, archivista, regista

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Ex-studente e redattore di Sentieri Selvaggi, Luis Fulvio è tornato a trovarci nella sede della nostra Scuola a Roma. Nato appunto come critico cinematografico, Luis si è evoluto e trasformato con il tempo in autore del programma televisivo Fuori Orario e in “ricercatore” della Cineteca Nazionale e poi anche in filmmaker. Prediligendo il lavoro di archivio il suo ultimo film è incentrato sui (numerosi) accadimenti che si sono svolti nell’anno della sua nascita, 1977.

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“Prima di tutti i miei film c’è un grande studio alle spalle, per ‘77 ci sono voluti 2 anni e mezzo”, l’autore ci racconta di quanto sia stato difficile decidere cosa doveva entrare nel montaggio e cosa invece rimanere fuori dal suo documentario. Scegliendo frammenti di film, foto di giornali, notizie e registrazioni per poi farli dialogare in un collage unico e organico, di narrazione, di rievocazione di un anno così importante che ha segnato non solo la sua ma tutta la vita del Paese.
Da questo suo lavoro e dal ruolo che svolge nell’archivio della Cineteca viene spontaneo chiedere come e quale utilità possa avere un archivio nell’era di internet. E proprio parlando di internet che Fulvio ci racconta tutte le sue perplessità e le sue verità riguardo ciò che la maggior parte delle persone intende come ‘il maggior archivio esistente’: internet. “Internet è come il frigorifero”, ci ha cambiato la vita e il modo di svolgerla, ma non è tutto. Nel lavoro di un archivista ci si ritrova quotidianamente a riscontrarsi con frammenti di film, materiale girato non utilizzato o sconosciuto, a cui neanche attraverso internet è possibile arrivare. Il lavoro di archivio è intramontabile, non può essere sostituito dal web e allo stesso tempo è necessario quando è vivo. “L’archivio vive di ricerca, quando all’interno ci sono persone che svolgono un ruolo simile al mio allora ha la sua utilità”, altrimenti diventa poco più di un semplice magazzino in cui sono depositati chilometri e chilometri di pellicola dimenticata.

L’anima da critico cinematografico di Fulvio crede fermamente che la capacità di critica sia tra le attività fondamentali dell’essere umano, una chiave vincente in misura anche superiore alla creatività (“soprattutto quando si riduce alle ideuzze”). L’atto didattico (in senso rosselliniano) della critica resta fondamentale anche ai tempi della critica veloce della rete, esprimere un punto di vista e uno sguardo forte e intimo al di là del giudizio e delle trame.

Nella sua filmografia, Luis Fulvio conta tre film: in nessuno di questi compare il suo atto artistico diretto, bensì quello altrui. Coda è formato da finali di vecchi film posti in successione, ne Il futuro di Era viene ripreso il padre mentre intaglia una sua creazione da un albero, in ‘77 No Commercial Use a parlare sono i reperti d’archivio. Da questa considerazione sarebbe facile pensare ad una ricerca di impersonalità nei suoi film. Ma così non è: “I film riguardano tutti la mia vita, provo a fare film per vedere altri pezzi di me”. Da qui ci spiega la sua concezione del “fare cinema”, vicina a quella dei grandi maestri del passato, come Roberto Rossellini, che ci hanno insegnato a fare cinema attraverso una tecnica, come nella pittura. Fulvio non è uno di quei registi che ama lavorare con una troupe numerosa, ma al contrario, “il cinema è bello soprattutto quando ti ci approcci da solo”.

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