L’ultima parola. La vera storia Dalton Trumbo, di Jay Roach

Dalla Black List al carcere, dal mercato nero degli artisti alla riabilitazione. Roach percorre la via della staffetta verbale per raccontare la battaglia ingaggiata con la Storia da Dalton Trumbo

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E’ vietato al Congresso di fare alcuna legge per il riconoscimento di qualsiasi religione o per proibirne il libero culto; per limitare la libertà di parola, o di stampa; o il diritto del Popolo a riunirsi in forma pacifica, e a presentare petizioni al Governo per la rettifica dei torti subiti”. Bill of Rights, Primo Emendamento.

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Per questo motivo la domanda è a mio avviso anticostituzionale”. Dalton Trumbo alla Commissione per le attività antiamericane.

trumbo - diane lane - bryan cranstonIl cinema a stelle e strisce non mai smesso di interrogarsi sulle sconfitte che l’America ha deciso di infliggere a se stessa tradendo i principi sanciti dal Primo Emendamento. I luoghi narrativi di uno dei periodi bui statunitensi, i giorni di quella caccia alle streghe condotta tra le fila dell’industria dei sogni al grido “ogni comunista è una spia di Mosca”, continuano a disegnare un percorso di confronto con la propria storia e la propria immagine, che da Come eravamo e Il prestanome, passa da Indiziato di reato e The Majestic, fino ad arrivare al biopic su Dalton Trumbo intrapreso da Jay Roach. Nome che, forse, può suonare dissonante rispetto al piglio politico, nonostante il taglio privato impresso con decisione al film, che inevitabilmente un progetto di questo tipo si porta addosso.
Ma ben guardare Jay Roach ha da sempre percorso le vie di un cinema profondamente innervato di una vena anarcoide e, dunque, politica, capace di non solo mettere a repentaglio l’immaginario hollywoodiano, compresi i suoi corpi, grazie “all’eversione comica” di film come Ti presento i miei, Mi presenti i tuoi? o Austin Powers in Goldmember, ma anche di intraprendere un cammino che, affidandosi alla coppia BryanCranston-HelenMirren-TrumboFerrell/Galifianakis in Candidato a sorpresa, diventa pura volontà di sabotaggio della rispettabilità della macchina politica americana. Non è, allora, così lontano dai personaggi che popolano il cinema di Roach Dalton Trumbo, uno dei nomi più illustri dei famigerati Dieci di Hollywood, che si gioca la sua battaglia con la Storia, dalla nascita della Black List al carcere, dal mercato nero degli artisti con addosso l’etichetta di comunista alla riabilitazione, abbracciando come arma tutta la “scorrettezza” del suo radicalismo. Certo, qui viene ridimensionata la portata destrutturante che, in passato, Roach aveva affidato ai suoi corpi, anche se continua comunque a far capolino la potenza destabilizzante dell’esuberanza fisica, come la prova del monumentale John Goodman nei panni di Frank King, produttore indipendente, anche dalle paure e dalle minacce inflitte all’America e al suo cinema dal maccartismo. Inoltre Roach, pur se qui solo lateralmente, non rinuncia a portare avanti un’idea di cinema che forza i limiti dell’immagine e, così, mette in moto un interessante cortocircuito visivo fatto di contaminazioni che rimodellano i filmati, i videogiornali e i film dell’epoca.
Per muoversi lungo lo script di John McNamara, che non riesce a scrollarsi di dosso il taglio agiografico, Elle Fanning - Bryan Cranston - Trumbononostante le contraddizioni, come i dubbi sulla coerenza ideologica o le ombre che irrompono nella dimensione privata, messe in campo per dare vita al Trumbo di Bryan Cranston, Roach percorre la via della staffetta verbale, supportata dal virtuosismo attoriale della sua squadra. L’ultima parola. La vera storia Dalton Trumbo è un film che gira tutto intorno alla parola, al dialogo brillante, anche a rischio di saturazione, come il protagonista, da sceneggiatore navigato quale è, non dimentica di rimarcare davanti ad Otto Preminger in uno degli spassosi e indiavolati duetti ingaggiati da Bryan Cranston con il regista interpretato da Christian Berkel. Nella sua confezione spigliata e spumeggiante, Roach gestisce con mestiere un film che, nell’inevitabile semplificazione della storia che racconta, a costo di sfiorare l’apocrifo (il personaggio fittizio di Arlen Hird è ad esempio nato dalla crasi di diversi nomi dei Dieci di Hollywood) avanza per netti contrasti, gli eroi e i villain, con a capo Helen Mirren e la giostra degli sfavillanti cappelli della sua luciferina Hedda Hopper, le vittime e i traditori, i liberi e gli stolti, le luci e dense ombre di Hollywood, salvo poi riuscire a scavalcare l’univocità delle sue categorie, scivolando verso una visione che, una volta messo in chiaro da parte stare, si fa via via più intimista, con il privato, gli affetti e le paure che curvano l’immagine, sporcandola dei chiaroscuri del dramma interiore. E sono proprio questi i momenti più potenti del film, gli sguardi scambiati tra Trumbo e sua moglie Cleo/Diane Lane, l’amicizia con Arlen Hird, la complicità con la figlia Nikola/Elle Fanning e, soprattutto, il peso della paura e della vergogna che si porta addosso lo straordinario Michael Stuhlbarg nei panni di Edward G. Robinson.

 

Titolo originale: Trumbo
Regia: Jay Roach
Interpreti: Bryan Cranston, Diane Lane, Helen Mirren, John Goodman, Elle Fanning, Louis C. K., Michael Stuhlbarg, Christian Berkel
Distribuzione: Eagle Pictures
Durata: 124’
Origine: USA, 2015

 

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