L’uomo che uccise Liberty Valance, di John Ford

Western modernista più che crepuscolare con la solitudine di John Wayne che ha qualcosa di elegiaco. Non c’è più presente o passato ma solo un unico filo. Stasera, ore 21, Sky Classics

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“Sebbene mitizzassero una storia ben altrimenti complessa e atroce, come quella della conquista del West e del genocidio dei pellerossa, i film western, sulla falsariga della precedente e contemporanea letteratura della frontiera, contribuivano a tener viva una tradizione e a divulgarla oltre i confini degli Stati Uniti”. Gianni Rondolino.

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Rinchiudere la Monument Valley in un ristorante, una cucina, una sede di giornale. Fare implodere in questi spazi chiusi l’est e l’ovest, la legge e la violenza, l’amore e il rancore, il deserto e il giardino. L’uomo che uccise Liberty Valance è il film di John Ford che rivela una profonda contraddizione tra il selvaggio e il civilizzato, l’interno e l’esterno, il presente e il passato: da una parte Tom Doniphon (John Wayne) custode del mito della frontiera, dall’altra Ransom Stoddard (James Stewart) avvocato/senatore che combatte il male a colpi di codice penale. Liberty Valance (Lee Marvin) è il bandito che fa gli interessi dei grandi latifondisti a discapito dei piccoli allevatori: i metodi sono quelli malavitosi con i ricatti, le vessazioni, le minacce, fino all’omicidio. La componente sadica del villain è rappresentata da un frustino che utilizza con ossessiva ferocia sul corpo del malcapitato di turno. Nel lungo flashback che racconta la leggenda della morte di Liberty Valance, la figura dell’avvocato Ransom è il ponte che collega il vecchio West alla modernità.

Più che di western crepuscolare sarebbe più opportuno parlare di western modernista nel quale ad una iniziale rassegnazione della popolazione di fronte alle angherie di Liberty (si pensi allo sceriffo pavido, al direttore di giornale ubriaco) subentra, con l’arrivo sulla diligenza di Ombre rosse (Overland Stage Coach) dell’avvocato Ransom Stoddard, la consapevolezza di potere essere massa pensante capace di un giudizio e di un peso politico. Dall’epico si passa al romanzesco e dal romanzesco al politico per poi finire nella poesia. La solitudine di John Wayne ha in sé qualcosa di elegiaco, mentre il pragmatismo dell’Est sembra inglobare il mito dell’Ovest con le sue istanze civilizzatrici. L’istruzione è la base della legge e dell’ordine. La bella Hallie (Vera Miles), promessa a Tom, si innamora degli ideali e della cultura di Ransom.

È facile intravedere nel pragmatismo e nel furore democratico di Ransom riflessi contemporanei di John Fitzgerald Kennedy. La nuova America fonda il proprio statuto identitario su una contraddizione di fondo: se è vero che gli ideali di eguaglianza e libertà sanciti nella Dichiarazione di Indipendenza sono facilmente condivisibili, bisogna ammettere che nel deserto del West per ristabilire gli equilibri è necessaria la menzogna, il ribaltamento della realtà. La frase ormai mitica esclamata dal giornalista: “ Siamo nel West, quando la leggenda incontra la realtà, vince la leggenda…” assume una connotazione profetica: dietro il trionfo degli ideali democratici sono nascosti propaganda e consenso spesso costruiti dall’uso sapiente dei mass media. John Ford immagina una bara spoglia per i vecchi pionieri del West: a Tom viene rubato tutto, l’onore, la dignità, la casa, la compagna.

John Wayne ripete la performance stellare di Sentieri selvaggi regalando al suo personaggio la lucida consapevolezza di essere fuori luogo e fuori tempo. Ma L’uomo che uccise Liberty Valance acquista i connotati del capo d’opera nel momento in cui comincia a riflettere su sé stesso diventando un meta-western. Il discorso sul rapporto tra vecchio e nuovo è trasferibile al concetto stesso di meccanismo finzionale della macchina cinematografica. Quando l’illusione di realtà incontra la realtà dell’illusione, quest’ultima prevale viaggiando tra le ellissi e le dilatazioni temporali. Non c‘è più presente o passato ma un unico filo che unisce le solitudini dei protagonisti principali. Perché niente è cambiato anche se tutto è diverso. La messa in scena di una carriera spettacolare si fonda paradossalmente su un falso atto di eroismo. E’ proprio il personaggio femminile, Hallie, vive il senso di colpa per un amore tradito e lasciato agonizzare nella incomprensione. Quel fiore di cactus posto vicino alla tomba sta a ricordare che il sacrificio del singolo può permettere ad una comunità di progredire nella civiltà.

Non ci sono più gli ampi spazi, gli indiani che inseguono diligenze, i duelli infiniti, le rapine in banca: Ford condensa tutto il senso della perdita delle tradizioni transennandolo tra quattro mura. Ransom fa le prove di tiro ma andrà al duello con Liberty in grembiule da cuoco. Girato in bianco e nero con scene prevalentemente in interni, L’uomo che uccise Liberty Valance tende al minimalismo espositivo proprio nel tentativo di ridurre i personaggi a simboli astraendo le situazioni da particolari ad universali. John Wayne brucia la sua casa e cede a James Stewart il testimone della tradizione, ma l’eredità è piuttosto pesante e la successione complicata. Forse il deserto rimane deserto, anche se ci passa la ferrovia. Non resta che la elegia della poesia, quel fiore di cactus nato dalle ceneri del Mito.

 

 

Titolo originale: The Man Who Shot Liberty Valance

Regia: John Ford

Interpreti: John Wayne, James Stewart, Lee Marvin, Vera Miles, Edmond O’Brien, John Carradine, Lee Van Cleef

Durata: 110′

Origine: 1962

Genere: western

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