L’uomo senza volto, di Mel Gibson

Dall’omonimo romanzo di Isabelle Holland, un racconto di formazione che esalta il tema dell’amicizia senza mai cadere nel retorico o nel ricattatorio. Stasera, ore 23.30, Nove

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L’opera prima di Mel Gibson si apre su una sequenza che è una dichiarazione di intenti. Un ragazzino sogna di essere celebrato come eroe dall’accademia militare e dai membri della sua famiglia: i suoi punti di riferimento sono John Wayne e il fondatore della rivista playboy Hugh Hefner, ma nella folla acclamante il ragazzino cerca il volto di una figura paterna assente. L’amicizia che si viene a creare tra il 12enne Chuck Norstadt (Nick Stahl) e l’insegnante Justin McLeod (Mel Gibson) è messa a dura prova dal venticello della calunnia in una cittadina del Maine (New England) durante l’estate 1968. Chuck, la cui formazione naviga tra fumetti e cinema western (il ragazzino vede John Wayne nelle macchie di Rorschach!), cerca un padre/guida spirituale per fuggire via dalla madre divora-mariti e dalle sorelle castranti.

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Justin, rimasto sfigurato dopo un grave incidente, prova ad autopunirsi recludendosi in una torre d’avorio fatta di musica, scultura, pittura e poesia. L’uomo senza volto rivela quasi subito la natura ambivalente di tutti gli eroi gibsoniani divorati tra zone oscure e obblighi morali; la stessa immagine di un viso per metà perfetto e per metà devastato dalle cicatrici di gravissime ustioni rimanda al Due Facce della serie di fumetti Batman. In una delle prime scene vediamo Justin scrutare il proprio volto deturpato allo specchio mentre declama versi dell’Eneide sulle note de La fanciulla del West di Puccini (l’aria è “Che ella mi creda”).

Pur partendo da schemi classici di Ford e Hawks (Il fiume rosso in Tv non è casuale), Mel Gibson contamina la narrazione con elementi ripresi da Dietro la maschera (1985) di Peter Bogdanovich e L’attimo fuggente (1989) di Peter Weir. La sceneggiatura di Malcom MacRury lavora molto sul linguaggio che risulta straordinariamente forbito, tutto compresso tra il rischio del silenzio e il muro delle apparenze. Il senso di inferiorità intellettuale del maschio Chuck di fronte all’universo femminile può essere scavalcato da un presa di coscienza culturale (la poesia sul volo High Flight di John Gillespie Magee, l’orgoglio della propria diversità con Il mercante di Venezia di Shakespeare). Disce aut discete, impara o vattene è il motto sbrigativo del processo educativo di Justin: mentre Megan (Gaby Hoffmann) la sorella più piccola elabora il lutto dell’assenza paterna cantando Born a Woman di Sandy Posey davanti a una tomba, Chuck vince la repulsione iniziale della deformità corporea e dei modi poco ortodossi del maestro per risalire fino alla soffitta di una casa-museo dove sono nascosti i manichini di segreti inconfessati. Solo portando alla luce questa zona oscura si potranno vincere le proprie paure. Così nella scena del party dei figli dei fiori commentata ironicamente dalle note di Moon River, di fronte alla madre Catherine (Margaret Whitton) e alla sorella Gloria (Fay Masterson) che si lasciano andare a discorsi politici sul Vietnam, Chuck proclama la sua voglia di cambiare il sistema con la provocazione (“voglio sganciare del napalm per vivere!”) e il desiderio di staccarsi in volo da terra per vedere le cose dalla giusta prospettiva (bellissima la scena del volo con il piccolo aeroplano sospeso sopra le acque dell’Atlantico e sulle note del grande James Horner). In una società bigotta che finge di essere rivoluzionaria per poi fermarsi alla superficie della verità e osservare solo una parte del volto, l’amicizia tra Chuck e Justin resiste alla maldicenza e alla illazione e rivela la tristezza di un mondo palcoscenico in cui ognuno è costretto a recitare una parte.

Basato sull’omonimo romanzo di Isabelle Holland dal quale viene rimosso il sottofondo omosessuale e pedofilo, L’uomo senza volto è un racconto di formazione che esalta il tema dell’amicizia senza mai cadere nel retorico o nel ricattatorio. Il finale riprende i cappelli lanciati in aria del sogno di Chuck nel prologo: oltre il muro di folla, il saluto del maestro all’allievo fa davvero aprire i cancelli del cielo.

 

Titolo originale: The Man without a Face
Regia: Mel Gibson
Interpreti: Mel Gibson, Nick Stahl, Margaret Whitton, Gaby Hoffman
Durata: 116′
Origine: Usa 1993
Genere: drammatico

 

 

 

 

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