Lynch/Oz, di Alexandre O. Philippe

Il regista e alcuni cineasti, tra cui John Waters e David Lowery, compiono un piacevole e a tratti inquietante viaggio nell’ossessione lynchana per il classico del 1939.

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L’enigmatico cinema di David Lynch si è da sempre prestato alle più variegate interpretazioni ed elucubrazioni da parte di studiosi e semplici appassionati. Il regista, al contrario, non ha mai amato spiegare o parlare troppo dei propri film, proprio per questo il discorso intorno alle sue opere è ancora più vivo che mai. Ma se le interpretazioni possono essere infinite, le influenze cinematografiche e artistiche sono ben chiare, a cominciare da Il mago di Oz del 1939. Il classico diretto da Victor Fleming (insieme a George Cukor, Mervyn LeRoy, Norman Taurog, King Vidor) ha creato un immaginario estremamente potente che ha suggestionato intere generazioni per diversi decenni. Lynch/Oz di Alexandre O. Philippe propone questo confronto per tentare di decodificare l’intera filmografia lynchana e omaggiare uno dei film più citati della storia del cinema. A prendere la parola in sei capitoli tematici distinti, sono la critica Amy Nicholson e i seguenti cineasti: Rodney Ascher, John Waters, Karyn Kusama, il duo Justin Benson-Aaron Moorhead e David Lowery.

Se a Nicholson è affidata la parte introduttiva riguardo il contesto dell’opera e l’influenza sull’immaginario collettivo, gli altri hanno una maggiore libertà di movimento che sfruttano per raccontare il proprio rapporto col duo Lynch/Oz e fornire una chiave di interpretazione personale. Si passa in un lampo da un film all’altro e da una suggestione all’altra, tanto che in certi momenti non si riesce a stare dietro all’immagine, ma è un piacere più che una fatica. Le opere maggiormente “saccheggiate” sono Cuore selvaggio, Velluto blu e l’universo Twin Peaks nelle sue varie forme (Fuoco cammina con meTwin Peaks – Il ritorno). C’è chi utilizza un approccio più rigoroso, come Kusama e la sua riflessione sul doppio e dopplegangers (i personaggi di Oz tra realtà e fantasia/i personaggi di Mulholland Drive tra realtà e sogno), e chi come John Waters utilizza l’ironia per creare un triplice accostamento tra lui, Lynch e Oz. Le immagini che restano più impresse sono forse quelle materiali, come le scarpette rosse di Dorothy che ritornano spesso e volentieri ai piedi dei protagonisti lynchani, oppure le onnipresenti tende di velluto, porte di un altromondo dove tutto è possibile e niente è realtà. Ognuno ha la sua chiave interpretativa, ma il senso resta il medesimo, il cinema di David Lynch così come lo conosciamo non sarebbe mai esistito se in quegli anni di maturazione non avesse incontrato il mondo di Oz. Proprio a questo si riferisce David Lowery quando riconosce la forte influenza ricevuta dal cinema di Spielberg durante la sua infanzia. Ogni cineasta ha la sua stella polare, quell’autore o quel film talmente assimilato e digerito da sgorgare involontariamente nel proprio cinema.

Il mare magnum di immagini e contenuti che si susseguono sullo schermo sono orchestrati con estrema cura e tengono lo spettatore in un perenne stato di curiosità nell’attesa del film seguente. Lynch/Oz è chiaramente consigliato a chi conosce profondamente il cosmo lynchano, ma anche i neofiti potrebbero perdersi piacevolmente. Lo spettatore deve quindi prepararsi ad un viaggio appassionante e a tratti inquietante, dopotutto si tratta di David Lynch.

 

Titolo orignale: id.
Regia: Alexandre O. Philippe
Distribuzione: Wanted Cinema
Durata: 108′
Origine: USA, 2022

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3.7
Sending
Il voto dei lettori
4.33 (3 voti)
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