"Ma chi se ne frega del cinema,Il mondo e' piu' importante": incontro tra Roberto Silvestri e gli studenti del corso di critica cinematografica di SS, di Laura Tullio

E’ quella percorsa da Enzo Ungari la strada che il critico cinematografico de Il Manifesto decide di seguire nel suo excursus sul cinema italiano dagli anni sessanta a oggi.

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L’obiettivo è duplice: comunicarci le tappe fondamentali della storia della critica cinematografica italiana e negoziare con noi le pietre miliari del confine tra la coerenza culturale e l’ideologia nell’ambito della settima arte. L’aggettivo autoriale non veicola alcun significato se non crea, se non è origine di qualcosa, sono i nostri fortissimi principi etici che fanno sì che la nostra ricerca vada sempre oltre, seguendo, in tal senso, le orme lasciate dai formalisti russi nella loro indagine sui contenuti, la più approfondita che si sia, ad ora, compiuta. Il critico si serve dell’esempio Von Trier: è uno che cerca di liberarci o il contrario?, di certo è figura più rilevante come politico del cinema che come autore, dal momento che è riuscito a calamitare l’attenzione della critica sulla cinematografia danese e a sviluppare una produzione cinematografica che il paese non aveva visto prima.

Il punto nodale è riuscire, alla fine, a materializzare un nesso forte tra la grande comunicazione intellettuale e la grande comunicazione popolare. E’ questo il compito di base dei media. Altrimenti, dandogli sempre meno, il pubblico è curioso di sapere sempre meno. Semplice, chiaro ed efficace.

Enzo Ungari è stato un avventuriero e un precorritore della critica cinematografica perché è stato un appassionato amante del cinema e dei film e un attento studioso delle poetiche e delle estetiche di autori totalmente ignorati prima (l’israeliano Gitai, che ha raccontato la distruzione delle risorse palestinesi da parte delle forze israeliane ne “La Casa”, Ghatak, che Silvestri definisce il Godard indiano, il palestinese Kleifi, che racconta la cultura palestinese attraverso la figura femminile in “La memoria fertile”, i tunisini Elmanuni, autore di “Trans”, la storia di un leader della resistenza operaia assassinato dalla polizia e Mamud El Mamud, autore che racconta la vita delle comunità italiane e di altri Paesi in Tunisia in “Traverse”), perché ha creato un nuovo habitat per i cinefili, il cineclub, perché è stato anche un autore di cinema in senso stretto sceneggiando “L’ultimo imperatore” di Bertolucci, perché ha partecipato e animato le Brigate Rossellini, gang culturale in cui i figli si appropriavano del diritto di uccidere i padri continuando – e come evitarlo? – ad amarli visceralmente.

Enzo Ungari è un attore protagonista della critica cinematografica italiana perché ha saputo capire dove la storia sta cambiando, senza preoccuparsi di non trovare quello che stava cercando e senza aspettare che fossero i premi assegnati ai Festival a dirgli quali film fossero buoni e quali brutti.

 

 

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