"Ma quando arrivano le ragazze?", di Pupi Avati

Dai volti degli attori ai frettolosi e meccanici snodi della trama, qui tutto ha le strette misure del piccolo schermo: i contrasti generazionali sono ridotti a falso paternalismo, le passioni assomigliano a miti schermaglie adolescenziali, la vita, quella vera, è solo una statica foto ricordo da riporre su una polverosa scrivania.

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Scorrendo rapidamente le inquadrature dell'ultimo film di Pupi Avati si ha subito l'impressione di assistere ad uno dei tanti "album di famiglia" confezionati dal regista bolognese; uno di quegli schizzi di vita quotidiana, sempre in bilico fra malinconia e nostalgia, raccontati da un illustratore di provincia che da molto, troppo tempo, ha smarrito la capacità di incidere significativamente la carne dello schermo. Diafana e trasparente: forse sono questi gli aggettivi che meglio restituiscono il senso più profondo di quel percorso della produzione filmica di Avati che ha tentato di incorniciare i tormenti dell'adolescenza, i passaggi d'età, e i fallimenti esistenziali dell'Italia di questi ultimi cinquanta anni. Un progetto artistico pieno di echi biografici che si è nutrito appena delle velenose suggestioni di quel filone "gotico" che, probabilmente, rappresenta il tentativo più serio di Avati di esplorare la realtà attraverso le lenti di una macchina da presa.

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Così, lontanissimo dalla luce di "arcani incantatori" e "finestre che ridono", Ma quando arrivano le ragazze?, timidissima incursione nell'ambiente jazz emiliano dei primi anni '90, sembra avvolgersi lungo impalpabili vicende di "amici d'infanzia", "testimoni dello sposo" e stucchevoli "dichiarazioni d'amore", almeno seguendo l'esile filo delle intenzioni dell'autore. Perché poi, a ben guardare e lasciando da parte le parole, la superficie di questo film rivela una imbarazzante dimensione televisiva; un'incapacità a saper dare spessore alle figure ed ai corpi che oltrepassa la consueta trasparenza di ogni possibile lettura sociale. Dai volti degli attori (Claudio Santamaria, Vittoria Puccini ed un improbabile Johnny Dorelli…) ai frettolosi e meccanici snodi della trama , qui tutto ha le strette misure del piccolo schermo: i contrasti generazionali sono ridotti a falso paternalismo, le passioni assomigliano a miti schermaglie adolescenziali, la vita, quella vera, è solo una statica foto ricordo da riporre su una polverosa scrivania. Mentre immagini, ormai incapaci di mostrare pulsioni e sentimenti, si lasciano accompagnare dalle parole di una sceneggiatura stanca e fastidiosamente riconciliata.


Guglielmo Siniscalchi


 


Regia: Pupi Avati


Interpreti: Claudio Santamaria, Vittoria Puccini, Johnny Dorelli, Paolo Briguglia, Augusto Fornari, Alessio Modica, Enrico Salimbeni, Eliana Miglio


Distribuzione: O1 Distribution


Durata:


Origine: Italia, 2004.

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