Mal viver, di João Canijo

Un dramma che non lascia alcuna speranza di risoluzione, in cui ogni rapporto al femminile è destinato al fallimento. Concorso

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Cinque donne, costrette a vivere insieme in un hotel sull’orlo della rovina, si ritrovano intrappolate in dinamiche di perpetuo conflitto, in cui anche i rapporti di lavoro si confondono e si mischiano ai legami familiari. Sono madri, nonne, figlie, dirigenti e dipendenti, amanti e colleghe. Donne incapaci di amare le loro figlie, certo. Ma anche non in grado di amare se stesse e amarsi tra loro, incapaci di provare affetto e trovare complicità, chiuse in un presente senza prospettive e schiacciate da un passato che trascina con sé vecchi rancori e frustrazioni. Quando la giovane Salomé arriva all’hotel dopo la morte del padre con cui viveva, la madre Piedade l’accoglie con freddezza, suscitando subito il risentimento della figlia che trova il proprio dolore inascoltato. Da lì, dalla cena di gruppo la sera stessa, s’innescano a ruota dialoghi che non trovano mai una conclusione, frasi lasciate in sospeso, cariche di un’angoscia che non si riesce ad esprimere. Pur vivendo e lavorando insieme, le cinque donne sono isolate, fatte a pezzi dai loro innominabili tormenti, dal loro egoismo e dalle piccole meschinità quotidiane che mettono in atto per sopravviversi. Il calore, l’affetto, l’accoglienza delle reciproche sofferenze vengono sostituiti dalla rabbia e dal cinismo scaturiti da una mancanza, un vuoto d’amore che ha radici viscerali e lontane nel tempo. Una negatività profonda e opprimente, che le mura dell’hotel sembrano assorbire e restituire amplificati, invadendo e contagiando anche gli ospiti che varcano la soglia. Ne esce un film lugubre e senza speranza, in cui i rapporti al femminile sono visti come una gabbia irrisolvibile e inconciliabile di contrasti, di incompatibilità biologiche, prima che emotive, psicologiche, caratteriali.

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Ma forse non dovremmo parlare di Mal viver senza citare il suo gemello, Viver mal, sempre per la regia di Canijo e presentato nella sezione Encounters in questi giorni berlinesi. Un film che mostra il controcampo di quello in concorso, in un gioco di specchi e riflessi che ampliano la prospettiva. Se il centro di Mal viver sono le proprietarie dell’hotel, nel secondo il punto di vista è quello degli ospiti. Così gli sguardi e le voci si sovrappongono e si intersecano, a volte completandosi, altre confondendosi. In un’ottica concettuale, il dittico del regista portoghese può forse rivelarsi interessante nel mostrare la molteplicità di scenari, intrecci e scambi verbali che scaturiscono in uno spazio ristretto, sottolineandone al contempo la parzialità della percezione. Ma preso come organismo a se stante, Mal viver è un dramma che non lascia alcuna speranza di risoluzione. Non c’è possibilità di essere complici, sorelle, amiche, non c’è possibilità di comprensione o empatia, di accoglienza e ascolto, di affetto, gentilezza o perdono. Un organismo straziato e straziante, in cui ogni rapporto tra donne è irrimediabilmente destinato al fallimento.

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
2.5
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Il voto dei lettori
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