Malignant, di James Wan

C’è tutta la bellezza di un cinema che punta diretto all’obiettivo e condensa gran parte della filmografia del regista arricchito da improvvise fiammate con brandelli di un mélo rosso sangue.

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Non perde tempo James Wan. Malignant parte a razzo. In un ospedale nel 1993 esplode la furia omicidia di Gabriel. Puro slasher-movie, cadaveri per terra, rumori sinistri. Dell’estetica del B-movie, fin dagli esordi di Saw, il cineasta ha mantenuto la compattezza, la coincisione narrativa e anche l’efficacia di un cinema che si gioca su quei pochi effetti, anche abusati, che però Wan mostra ormai di conoscere a memoria.

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Madison, una donna incinta, viene picchiata dal marito Derek dopo una discussione. Poco dopo l’uomo viene brutalmente assassinato. Madison è sotto choc e, come le era già capitato in passato, perde il bambino. La sorella Sidney cerca di aiutarla ma lei, una volta dimessa dall’ospedale, vuole tornare nella sua abitazione. Qui ha delle brutali visioni; vede infatti l’omicidio della dottoressa Weaver che era la responsabile nel 1993 della struttura ospedaliera dove si è consumato il massacro. Nella sua testa scorrono altri delitti che non fanno parte solo della sua immaginazione ma stanno accadono realmente in tempo reale. La polizia intanto indaga. Emergono intanto dei lati oscuri nella personalità e nel passato di Madison.

Con Malignant, basato su un soggetto originale dello stesso regista e Ingrid Bisu e scritto da Akela Cooper,  Wan condensa parte del suo cinema. La vendetta di Gabriel riporta a galla quella di Kevin Bacon dopo l’omicidio del figlio in Death Silence, la casa infestata da oscure presenze di The Conjuring e l’oppressione di Saw nella scena della metropolitana di Seattle. L’immaginario del cineasta straborda tra edifici gotici sul mare e l’esplorazione dell’abitazione di Madison dove gli spazi vengono ulteriormente amplificati per mostrare come il pericolo si nasconde sempre dietro l’angolo.

C’è tutta la bellezza di un cinema che punta dritto all’obiettivo, che non si lascia distrarre dalla ricerca di soluzioni visive particolari, comprese quelle in cui la protagonista vede gli omicidi mentre lo spazio attorno si sgretola. Malignant potenza tutti gli elementi a disposizione: frullatori che si azionano da soli, frigo che si apre, tv che si accende con le frequenze disturbate. In più, entrano in campo il rumore del vento, la nebbia, urla che non si sentono. Wan scende negli inferi e si sarebbe trovato a suo agio anche 80 anni fa con le produzioni Val Lewton. Non cerca barocchismi ma gli interessa soprattutto l’essenza di una narrazione che appare semplicissima ma invece sa penetrare nell’inconscio della protagonista interpretata da Annabelle Wallis che potrebbe essere una delle possibili reincarnazioni di Mia di Annabelle. In più rivela le ombre nascoste di una doppia personalità anche con le immagini di vecchi VHS con Madison ancora bambina.

Malignant dimostra che ci si può divertire a giocare con il genere ma anche smembrarlo per mettere in evidenza tutte le sue infinite possibilità. La scena in cella e poi nella centrale della polizia, per esempio, lascia esplodere tutta la forza di una scatenata metamorfosi. Il cinema di Wan oltrepassa la spettacolarità per concentrarsi sulla scarnificazione dell’azione. Il resto avviene anche nella nostra testa, contaminati anche da improvvise fiammate con brandelli di un mélo rosso sangue.

 

Titolo originale: id.
Regia: James Wan
Interpreti: Annabelle Wallis, Maddie Hasson, George Young, Michole Briana White, Jean Louisa Kelly, Susanna Thompson, Jake Abel, Jacqueline MacKenzie
Distribuzione: Warner Bros. Italia
Durata: 111′
Origine: USA, Cina 2021

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
4

Il voto al film è a cura di Simone Emiliani

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Il voto dei lettori
3 (2 voti)
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