MANGA/ANIME – Panda, Go Panda!

Prima di Totoro e Pom Poko, Hayao Miyazaki e Isao Takahata hanno realizzato un delizioso divertissement per il pubblico infantile, con due Panda e una bambina per riscrivere le regole del mondo

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Isao Takahata e Hayao Miyazaki agli albori della loro fortuna: siamo nel 1971 e i due autori hanno alle spalle l’insuccesso commerciale del capolavoro La grande avventura di Hols, oltre al lavoro sulla prima serie di Lupin III. Il loro prossimo obiettivo è una serie tv basata sul celebre romanzo di Astrid Lindgren, “Pippi Calzelunghe”, ma le trattative con la controparte svedese non hanno buon esito – e la cosa porterà i due a dirottare gli sforzi verso un altro e decisamente più fortunato progetto, sempre ispirato a un’opera di un’autrice europea: Heidi. Parte del lavoro di pre-produzione è stato comunque effettuato, e si riversa nel progetto Panda, Go Panda! (in originale Panda, Ko Panda, ovvero “Panda, Cucciolo Panda”), che i due portano a compimento con buon esito un anno dopo.

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L’idea nasce da un’insolita “Panda-mania” che colpisce il Giappone quando due esemplari del celebre orso cinese vengono ospitati a Tokyo, nello zoo di Ueno, colpendo l’immaginario popolare: a contendere la scena alle due controparti animate (un Panda adulto e il suo cucciolo) è la vivace Mimiko, che con le sue trecce rosse a prova di gravità richiama apertamente Pippi Calzelunghe. La storia, di appena 72 minuti di durata, è divisa in due segmenti (Panda Ko Panda e Il circo sotto la pioggia), come l’ideale inizio di una serie animata, e racconta la vita di Mimiko, lasciata sola a casa dalla nonna, partita per un viaggio, che si ritrova ospiti due Panda fuggiti dallo zoo. Nella finzione scenica i due animali possiedono il dono della parola e instaurano con la bambina un rapporto familiare, ma con una curiosa variante: Mimiko diventa così contemporaneamente la figlia di Pandapan (l’adulto) e la madre del cucciolo Pan.

pandagopanda2Miyazaki scrive, mentre Takahata dirige e Panda, Go Panda! diventa un divertissement di due autori in vena di spensieratezza e desiderosi di realizzare un prodotto per bambini, lontano dalla complessità psicologica de La grande avventura di Hols. In filigrana rientrano però non solo i temi cari ai due artisti, ma anche i trascorsi nel seriale: la dinamica d’interazione fra l’indipendente Mimiko e la gente del suo paese (a metà fra il serio e il faceto) riecheggia infatti il lavoro di Takahata nella serie Lo specchio magico, mentre il dinamismo delle scene d’azione e la vena caricaturale che accompagna le autorità del posto risentono di quanto già fatto ne Le avventure di Lupin III – e in un divertito ribaltamento dei ruoli troviamo Yasuo Yamada, doppiatore originale di Lupin, nella parte di un poliziotto.

Il resto è puro piacere della messinscena di gag a un ritmo molto elevato: i disegni prediligono il tratto chiaro e un certo senso di morbidezza delle figure, impostate all’immediatezza e pronte per essere ridisegnate dal pubblico più giovane, mentre l’animazione oscilla fra momenti più particolareggiati (in particolar modo nella seconda parte) e altri basati più sulla forza espressiva dei sentimenti messi in campo, che sulla precisione dei movimenti. La vena politica degli autori, all’epoca molto forte, resta in secondo piano, ma si estrinseca in una visione al solito alternativa rispetto al modello giapponese tradizionale: la neo-comunità messa in piedi da Mimiko si propone infatti come velata satira della famiglia-tipo, dove domina sì un legame forte tra i componenti, ma soprattutto una vena ironica, che trova la sua sublimazione nella divertita distruzione del nido e, successivamente, della città; il tutto affrontato con infantile entusiasmo e un ottimismo ravvisabile nel rapporto con le autorità. In questo modo, Pandapan si vede costretto a tornare allo zoo, ma in una dinamica da semplice “lavoro d’ufficio” che non gli impedisce la sera di tornare tranquillamente a casa per far baldoria con Pan e Mimiko.

pandagopandabrdCol senno di poi, Panda, Go Panda! colpisce soprattutto per il lavoro d’anticipazione rispetto alle più celebrate opere dei due autori: le figure dei due Panda, infatti, precorrono nettamente le creature de Il mio vicino Totoro, mentre l’inondazione finale prefigura lo scenario di Ponyo sulla scogliera. Allo
stesso tempo, il gusto per la caratterizzazione antropomorfa degli animali, in rapporto a una visione satirica della società fornisce un primo stadio rispetto al lavoro (più direttamente problematico) che Takahata porterà avanti in Pom Poko. L’indipendenza di Mimiko – che della storia è la vera anima in grado di eterodirigere le azioni dei due Panda con la sua incontenibile energia – sebbene possa considerarsi un cascame del comportamento altrettanto giocoso e anticonformista di Pippi Calzelunghe, fornisce a sua volta un modello per i tanti bambini dal carattere forte che i due autori elaboreranno in futuro, da Nausicaa ai due protagonisti (purtroppo sfortunati) di Una tomba per le lucciole.

Al di là dell’operazione in anticipo sui tempi, Panda, Go Panda! resta un delizioso esperimento d’autore, godibile per il sincero slancio di una visione capace, con semplicità, di portare avanti un’idea di cinema e di estetica. In Italia è rimasto inedito per quattro decenni, ma nel 2012 è stato fortunatamente recuperato da Dynit, che lo ha proposto in eleganti edizioni DVD e Blu-Ray Disc, per la gioia di tutti gli appassionati che ne attendevano la riscoperta.

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