MANGA/ANIME – Una gru infreddolita, di Kazuo Kamimura

Opera completa del disegnatore di Lady Snowblood, che racconta il Giappone prebellico di una giovane donna di piacere, con eleganza e ricchezza di sfumature, illustrando la bellezza dal dolore

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Occorre uno sguardo trasversale per inquadrare la realtà nelle sue più sfaccettate contraddizioni, e per fortuna autori come Kazuo Kamimura lo posseggono: perché hanno la capacità di trarre il bello dai contesti più problematici, senza però venir meno a una rappresentazione realistica che non nasconda le difficoltà di quanto stanno raccontando. Ne è un esempio Una gru infreddolita, corposo manga che arriva in Italia a trent’anni dalla scomparsa dell’autore nipponico e che si sta già ritagliando con merito un posto significativo fra le migliori uscite dell’anno.

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Pubblicato in maniera discontinua tra il 1974 e il 1980 sulla rivista Big Comic, Una gru infreddolita racconta l’infanzia e la maturità di Tsuru, una bambina venduta dalla famiglia a un’okiya (casa di geisha) per un sacchetto di riso e diventata poi una delle più importanti personalità del “mondo dei salici e dei fiori” (ovvero la comunità in cui vivono e lavorano le geisha). La storia si svolge tra gli anni Trenta e Quaranta del Ventesimo secolo e segue con precisione il percorso di vita della protagonista: 8 capitoli sono infatti dedicati all’infanzia, in cui Tsuru lavora come Shikomikko (apprendista), e altrettanti all’età adulta, in cui è ormai fra le geisha più richieste.

A fronte di una scansione così netta degli eventi, Makimura opta per un approccio effettivamente trasversale: senza mai porsi al livello del giudice rispetto alle dinamiche che racconta, evidenzia le sfumature ora drammatiche, ora più lievi di un mondo complesso, che apre una finestra su una femminilità disallineata rispetto agli schemi classici dell’educazione familiare nipponica, colpendo il lettore per l’approccio di volta in volta disincantato eppure raffinato. La prima parte dedicata all’infanzia, in particolare, pur non risparmiando dettagli sulla crudezza dei metodi a cui Tsuru è sottoposta, risulta maggiormente dominata da una gaiezza che è propria della giovane età, e che vede per questo la protagonista affrontare la vita con entusiasmo e curiosità, anche quando gli eventi si fanno più difficili per chi le sta intorno. Lo sguardo puro della fanciulla non contamina la prospettiva scelta dall’autore, che riesce a trovare un particolare equilibrio fra realismo e sensibilità, grazie a una narrazione dinamica e cangiante, che perciò si adatta alle situazioni, risultando ora più forte, ora in grado di esprimere la durezza con l’ellissi, spesso prendendo in contropiede lo spettatore – esemplare in tal senso lo stupro che la piccola Tsuru subisce da parte di un declamatore di kamishibai (il “teatro di carta” molto popolare all’epoca), dove l’uomo inizialmente presentatosi come amico si rivela invece un essere laido e pronto ad abusare dell’infanzia.

gruinfreddolita2Con la sua purezza, Tsuru descrive insomma un segno di trasversalità che rompe la dicotomia fra il mondo delle geisha e il Giappone “di fuori”, tradizionale e storico, sempre presente sullo sfondo tramite alcuni eventi storici molto precisi che attraversano la narrazione, come la celebre storia del fedelissimo cane Hachiko. Tsuru incarna un Giappone altro e possibile, che sembra prendere il meglio da entrambi i mondi, attraverso una sincerità che Kamimura sembra identificare come chiave interpretativa delle mille difficoltà del vivere in un mondo (e un momento storico) turbolento. La sintesi è data dal mite gesto con cui la piccola protagonista si issa su una sola gamba per riscaldare a turno i piedi scalzi e che le vale il soprannome di gru (in giapponese “tsuru”, appunto): la levità di un gesto squisitamente infantile porta in dote la sofferenza di un corpo costretto a lottare come può per la sopravvivenza.

Il passo cambia alquanto nella seconda parte, in cui Tsuru, ormai adulta, si intrattiene con i vari clienti o con vari personaggi che incontra nel corso delle sue giornate: emerge in questo caso una sensualità strisciante che esplora il desiderio di una donna costretta a praticare il piacere per lavoro, ma che pure spasima per una verità del sentimento in grado di dirci ancora una volta della sincerità prediletta dall’autore. L’approccio trasversale aiuta la narrazione a gestire una varietà di toni ancora più elaborata nelle sue sfumature, dove bellezza e dolore si intrecciano con maggiore sapienza: anche in questo caso, Kamimura sceglie comunque di non abbandonare totalmente il racconto alle derive del puro melodramma, prediligendo un approccio sempre equilibrato fra pulsione emotiva e sobrietà. In tal senso, se la prima parte spesso si concede derive simboliche – come la macchia di sangue fra le gambe della piccola Tsuru che l’autore raffigura delicatamente come un fiore – in questo caso emerge un approccio più fisico, ma sempre in grado di mantenere l’eleganza espressiva delle figure femminili, dove ogni vignetta restituisce un variegato bagaglio emozionale grazie a poche variazioni del disegno dei volti.

Ne risulta un ritratto intimista e attento a concentrarsi su pochi personaggi alla volta, capace perciò di unire l’affresco storico con una qualità profondamente umana, forte di un tratteggio fitto ed elegante nella definizione degli spazi e mai statico, anche quando cerca l’eleganza espressiva degna delle antiche stampe giapponesi, gli ukiyo-e, dove a risaltare è la posa aggraziata dei corpi femminili. Un’opera pertanto capace di raccontare la complessità con un approccio semplice e trasversale rispetto al vasto pubblico dei fruitori di manga.

Una gru infreddolita in Italia

L’edizione italiana del manga di Kamimura è curata da J-Pop, che già aveva portato nel nostro paese il titolo più celebre dell’autore, Lady Snowblood, dove il nostro si occupava soltanto dei disegni. Si tratta quindi della sua prima opera da autore completo a vedere la luce nel nostro paese e l’edizione rende giustizia all’importanza dell’operazione: il formato è quello dei kanzenban (15×21 cm), in grado di kazuokamimuraesaltare il disegno attraverso pagine più grandi – per chiarezza è bene specificare che Lady Snowblood, dello stesso editore, era nel più ridotto formato bunko (12×17 cm). La cover, con sovracoperta, riporta sia il titolo Una gru infreddolita (traduzione fedele dell’originale Itezuru), che Storia di una geisha, affine a quello usato per il mercato internazionale. Inoltre l’edizione italiana reintegra due capitoli originariamente pubblicati su rivista e poi scartati dalle successive uscite in volume, sia in Giappone che nel resto del mondo – si tratta dell’ottavo e del tredicesimo capitolo, ormai perduti e perciò scansionati a partire proprio dai numeri di Big Comic, su autorizzazione di Migiwa Kamimura, figlia dell’autore (naturalmente in questi frangenti si evidenzia un lieve calo qualitativo nella stampa, che però non compromette in alcun modo la fruibilità). Si tratta quindi di un’esclusiva mondiale, impreziosita pure dalle note che riportano un saluto della stessa Migiwa Kamimura e i redazionali di Paolo La Marca, docente di lingua e letteratura giapponese presso l’Università di Catania, traduttore e curatore dell’edizione, che si dimostra ancora una volta impeccabile per precisione e scorrevolezza dei testi (sempre accompagnati da note esplicative per comprendere ogni aspetto della storia e della cultura giapponese). L’uscita, che precede quella del già annunciato Lady Snowblood: La rinascita, sempre da J-Pop, si accompagna anche all’imperdibile mostra dedicata a Kamimura, pure curata da La Marca, che sarà visitabile alla prossima edizione di Lucca Comics & Games.

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