Marcel et Monsieur Pagnol, di Sylvain Chomet
Meno sorprendente di altri lavori del fumettista francese, resta comunque un altro ispirato omaggio al mondo dell’arte attraverso la figura di Pagnol. CANNES78. Séances spéciales
Marcel Pagnol vede il suo doppio bambino. Prima è un’apparizione, poi lo accompagna e diventa l’occhio del narratore. Diventa fondamentale per Sylvain Chomet agire su questo doppio binario per evitare la strada classica del biopic che era già stata mostrata nei romanzi in cui rievoca la sua infanzia come La gloria di mio padre, Il castello di mia madre, Il tempo dei segreti e Il tempo degli amori, ques’ultimo uscito postumo. Anzi, la sua apparizione si sé stesso bambino diventa la sua macchina del tempo e alimenta il frequente binomio tra Marcel e Pagnol. Il cinema del fumettista francese spinge spesso sul tasto della nostalgia. lo avevano dimostrato già Appuntamento a Belleville e soprattutto lo splendido L’illusionista, dove le immagini di un cinema del passato sono potenziate dalle tonalità calde pastello e da un disegno che è come un quadro in movimento, soprattutto nel modo in cui mostra décor (gli interni delle case e i teatri, le viste dall’alto su Parigi).
Nel 1956 Pagnol riceve l’incarico da Hélène Lazareff, direttrice della rivista Elle, di scrivere un romanzo a puntate della sua vita in cui raccontare l’infanzia, la vita in Provenza, i suoi primi amori. Attraverso le sue parole ripercorre la propria esistenza con i primi successi delle sue opere teatrali come Jazz (a cui, come sostiene lo stesso Pagnol, si è ispirato von Stroheim per L’angelo azzurro) e Topaze del 1926 e Marius del 1929 interpretato da Raimu che è sempre stato il suo attore preferito. Di queste ultime due la Paramount compra i diritti cinematografici e per Pagnol inizia una nuova avventura con il grande schermo di cui si è dimostrato subito entusiasta, con una carriera cinematografica da regista che abbraccia 21 anni, da Le gendre du Monsieur Poirier del 1933 a Les lettres de mon moulin del 1954 con vette raggiunte da Le Schpountz e soprattutto dallo straordinario La moglie del fornaio. Oltre a Raimu, tra i suoi interpreti preferiti ci sono stati anche Fernandel, Josette Day (che è stata sua compagna) e Jacqueline Bouvier che ha sposato nel 1945. Il cartoon però attraversa anche i suoi grandi dolori come la morte della madre quando aveva 15 anni e a cui era legatissimo e della figlia Odette ad appena 3 anni.
A dodici anni dal suo ultimo film Attila Marcel, il fumettista francese torna al cinema con un altro sguardo nostalgico verso il Novecento e un altro ispirato omaggio al mondo dell’arte. Attraversa forse fugacemente il periodo del nazismo e le ombre sull’Europa oltre al rischio dell’americanizzazione dell’Europa. E poi è più dialogato rispetto al passato forse seguire la struttura di un biopic animato che prende forma come se si stessero scrivendo le pagine di un romanzo. Ma sa entrare anche nelle zone d’ombra del personaggio, forse guardando anche a Joker: Folie à deux di cui Chomet ha diretto la sequenza d’apertura.
La prima parte di Marcel et Monsieur Pagnol, che ha avuto una gestazione di circa otto anni, è come se si svolgesse sul palcoscenico di un teatro; non ci sono infatti movimenti di macchina né zoom. La seconda invece è puramente cinematografica. Diventa così un biopic di fantasmi, meno sorprendente degli altri lavori di Chomet, forse perché frenato dalla quantità di informazioni da dare su Pagnol, ma comunque con delle invenzioni notevoli, come le immagini dei suoi film che convivono col disegno animato. Riportare in vita un personaggio così complesso ha comportato anche dei rischi ma, in definitiva, ne è valsa la pena. Anche se c’è meno fantasia, riesce a far convivere la dimensione onirica con la realtà e Pagnol torna in vita lascia il segno per raccontare e farsi accompagnare in questo suo ritorno sulla terra attraverso l’animazione.
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