Marcel the Shell with Shoes On, di Dean Fleischer-Camp

Forse troppo irrisolto e insicuro, teorizza comunque con lucidità un nuovo modo di intendere il cinema per ragazzi. Veloce, coinvolgente, antiretorico ma sopratutto attento alle ambiguità del digitale

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È un film per l’infanzia Marcel the Shell with Shoes On, ma è anche un prodotto “di confine” distribuito dalla A24, una delle realtà al contempo più pop, laterali e a suo modo “hipster” operanti oggi.

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È un paradosso forse già scritto nell’inusuale germe “multimediale” del progetto originale, una serie di brevi cortometraggi pensati come mockumentary in stop motion su una conchiglia antropomorfa che esplora il mondo con lo sguardo di un bambino, distribuiti su Youtube e abbinati a libri di storie per i più piccoli.

Marcel The Shell With Shoes On espande le premesse dei lavori su Youtube in un racconto organico. Marcel la conchiglia viene infatti notato da Dean, un regista amatoriale che lo trova nel suo appartamento e che decide di dedicargli un documentario. Quella di Marcel è  infatti una storia tutta da raccontare: la conchiglia è infatti uno dei due soli superstiti (l’altro è sua nonna Connie) di una colonia improvvisamente scomparsa. La popolarità ottenuta da Marcel sul web sarà l’occasione per portare alla luce il mistero che circonda la sua famiglia.

Il meglio, Marcel the Shell with Shoes On lo dà proprio quando asseconda le sue premesse quasi sperimentali e sintetizza da zero un nuovo paradigma per il cinema “per bambini” a partire da generi e immagini inediti.

Il primo atto è in effetti un fulminante post apocalittico “domestico” dall’affascinante sapore agrodolce, teso tra l’innato ottimismo di Marcel, il suo inarrestabile spirito survivalista ed il dramma della solitudine, il tutto sostenuto dal sense of wonder scaturito dalle piccole trovate con cui Marcel si procaccia il cibo o si protegge.

Si tratta, purtroppo, di un’intuizione fugace. Lentamente tuttavia la narrazione tende a normalizzarsi pur muovendosi con una sintassi velocissima, ironica, ma al contempo attenta a cesellare il complesso, umanissimo rapporto tra Dean e Marcel. I due protagonisti diventano dunque il centro di una sorta di buddy movie “didattico” che riflette su insicurezza, abbandono, lutto, rispetto per la natura ma che appare straordinariamente lucido soprattutto quando si sposta su certe linee tematiche più astratte (l’importanza del contatto “analogico” con il reale) o quando si concentra sulle luci e le ombre della rete, tra surplus cognitivo e abissi della viralità.

Rischia però di apparire irrisolto, Marcel the Shell with Shoes On, che perde per strada quest’inattesa spinta “contemporanea” e privilegia il passo ortodosso, forse troppo, del racconto di formazione classico, con il protagonista che scopre la maturità attraverso la perdita dei suoi affetti. A sopravvivere, certo, rimane uno sguardo sul mondo delicato ma anche diretto, che evita facili moralismi e rinuncia a qualsiasi scorciatoia retorica.

Marcel the Shell with Shoes On fatica a trovare la sua misura nello spazio del lungometraggio. Si tira forse indietro troppo presto e lascia la maggior parte delle sue idee più dirompenti su carta. Ha comunque il merito di prendere una posizione forte all’interno di uno spazio che si credeva ormai cristallizzato e, forse soprattutto, di guardare i più piccoli negli occhi, lasciandoli confrontare con concetti complessi ma fondamentali per capire il presente.

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3.5
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Il voto dei lettori
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