Margini, di Niccolò Falsetti
Una bella ‘grande illusione’, un esordio istintivo e carico di energia, sgraziato e coinvolgente, sembra arrivare dal cinema italiano della fine degli anni ’90 tra Virzì e Radiofreccia.
Non succede (quasi) mai niente a Grosseto. C’è il treno che passa più o meno agli stessi orari, i titoli del Tirreno quando succede qualcosa di clamoroso. E di clamoroso non succede nulla anche “se bruciasse la città” come la canzone di Massimo Ranieri nel finale. Non succede (quasi) mai niente a Grosseto ma ci sono tre sognatori: Edoardo, Jacopo e Michele, membri di una band punk. Stanchi di suonare alle Feste dell’Unità, hanno a possibilità di andare a Bologna ad aprire il concerto di un gruppo hardcore statunitense, i Defense che però viene annullato. Loro però non si rassegnano e fanno di tutto per portare la band americana a Grosseto. Ma emergono molti problemi e l’arrivo dei Defense in città rischia, paradossalmente di sfaldare la loro amicizia.
Edoardo, Jacopo e Michele sono i nuovi vitelloni di un’estate del 2008. Si indebitano, cercano sbocchi tra conoscenze in Comune e locali ancora fermi agli anni ’80 con luci da feste private da discoteca dove partono, scatenate, le note di Alberto Camerini di Rock’n Roll Robot. C’è chi parte, chi resta intrappolato in provincia tra una madre debole e un compagno carogna, chi cerca di dare la migliore vita possibile alla figlia ma combina una quantità di casini.
È una bella ‘grande illusione’ quella di Margini, l’anno proprio dell’inizio della grande crisi economica già individuata da Adam McKay in La grande scommessa. Istintiva e carica di energia, sgraziata e coinvolgente, l’opera prima di Niccolò Falsetti, scritta dallo stesso regista con Francesco Turbanti e Tommaso Renzoni, sembra ritornare nelle zone di un film di provincia anni ’80 e arrivare dal cinema italiano della fine degli anni ’90, con una caratterizzazione dei personaggi che potrebbero essere usciti dal cinema di Virzì mescolati a Radiofreccia. Margini sa essere vicino ai suoi personaggi, ne condivide le cadute senza marchiarli come losers, accende i loro momentanei sogni, partecipa ai loro scatti di rabbia. Francesco Turbanti, Emanuele Linfatti e Matteo Creatini sembrano uscire fuori, come in una macchina del tempo, da quel periodo. Tra ristorante con la band, biglietti aerei pagati un botto, partenze a cui non si può rinunciare e la costrizione ad andarsene di casa, Margini è un film sulla fine di un’epoca (della spensieratezza, della fine della loro giovinezza, dell’amicizia), che fa avvertire istintive vibrazioni, che si scalta e si butta in pista come in un concerto. Con rabbia, entusiasmo, disperazione. Dove i bastardi veri (il personaggio di Paolo Cioni che li sfratta) resistono, dove la guerra inizia quando non c’è più pace (intensi Nicola Rignanese e Valentina Carnelutti, imprevedibile gran coppia), dove se i sogni finiscono la città può sempre bruciare. Basta un titolo di un quotidiano: “Concerto punk: sconvolge la città”. E Margini, al di la dei suoi limiti che diventano anche seducenti, di scosse ne dà parecchie.
Regia: Niccolò Falsetti
Interpreti: Francesco Turbanti, Emanuele Linfatti, Matteo Creatini, Silvia D’Amico, Valentina Carnelutti, Nicola Rignanese, Paolo Cioni, Aurora Malianni
Distribuzione: Fandango
Durata: 91′
Origine: Italia, 2022