Maria Montessori – La nouvelle femme, di Léa Todorov

Il biopic femminista sulla celebre pedagogista è affrontato con l’omonimo metodo: educa e cura ma non esce mai dalla scuola. Jasmine Trinca è comunque perfetta

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A te la gioia, a me la pena“. Infame destino racchiuso in una postilla, doppiamente ingiusto perché umilia la scrivente sia come donna che come madre. È la stessa Maria Montessori, infatti, con la consapevolezza della propria inattualità che solo i grandi hanno, a trovare in una lettera al figlio Mario l’epigrafe perfetta per l’allontanamento coatto che ha costretto la famosa pedagogista italiana, nell’anno di (dis)grazia 1900, ad affidare l’amato piccolo al padre per poter cominciare ad applicare il proprio metodo, finalmente autonoma, in una scuola. Si chiude quindi col fiele amaro dell’eroismo pionieristico il biopic che Léa Todorov, all’esordio sul lungometraggio, dedica alla più universalmente riconosciuta delle “nouvelles femmes”, come erano indicate nel primo Novecento le donne che cominciavano a sperimentare in società nuovi e femministi modi di stare al mondo. Un ritratto che, come oramai convenzione stabile, non sceglie un piatto racconto cronologico per, invece, concentrarsi su una porzione significativa della vita del soggetto portato su schermo. E lo fa, ulteriore stilema che in questa epoca di post-verità serve ad intorbidire le fin troppo cristalline acque del realismo, seguendo un personaggio fittizio, la cortigiana parigina Lili d’Alen (Leïla Bekhti) che dalla capitale parigina va a Roma, nell’istituto co-diretto da Montessori (Jasmine Trinca) insieme al compagno Giuseppe Montesano (Raffaele Esposito), per nascondere la figlia disabile dagli occhi pettegoli del bel mondo francese. L’incontro tra le due donne sarà dapprima una contrapposizione (“Questo è un istituto pedagogico, non un orfanotrofio“) per poi diventare, in maniera abbastanza prevedibile, un’unione che cambierà in meglio entrambe e che soprattutto darà all’educatrice italiana la spinta – anche economica: nella scena più spiazzante del film Maria Montessori ammette con sincerità di non essere pagata per l’immane lavoro che svolge coi ragazzi disabili dell’istituto – per emanciparsi dalle catene familiari e sociali che ancora la trattengano a terra.

Maria Montessori – La nouvelle femme sembra vivere formalmente lo stesso odioso anacronismo sociale che racconta: animato da una sincera volontà pedagogica (la rivoluzione dolce della scienziata e le sue torri rosa, i proclami e le innovative terapie hanno ampio spazio nel film), rimane però fermo a modalità di narrazione sicuramente giuste – la presa di coscienza di Lili d’Alen coincide con quella dello spettatore – ma che non mettono mai in crisi l’impianto generale. Todorov ha gioco facile nell’esecrare la prima fase civettuola della cortigiana e dell’ancien régime che rappresenta schermandola, di contro, all’indefettibile capacità empatica di Montessori che, pur continuando a chiamare i suoi pazienti “deficienti” – saggiamente la regista mantiene la correa inadeguatezza linguistica di inizio Novecento – li tratta con una scientificità umana modernamente aliena dallo stigma del tempo. Cercando di restituire anche la spesso sottaciuta dimensione materna di una delle prime donne italiane laureate in medicina (il discorso alle studentesse col sigaro in bocca davanti ad un cadavere da dissezionare è però pedestre), la seconda parte del film scivola con troppo schematismo nella retorica classica fino ad arrivare alla vittoria morale, naturalmente postuma, della sua protagonista, rappresentata dalla didascalia finale che ricorda la riunione con l’amato figlio Mario soltanto dopo molti anni. Un quadro, insomma, formalmente e teoricamente ineccepibile che si limita però a una santificazione protofemminista che avrebbe invece beneficiato di uno spazio di manovra più libero e personale, ravvisabile soltanto nelle belle scene che vedono al centro della MdP i trenta bambini neuro-atipici e con disordini motori curati da Montessori.

 

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Titolo originale: La nouvelle femme
Regia: Léa Todorov
Interpreti: Leïla Bekhti, Jasmine Trinca, Rafaëlle Sonneville-Caby, Raffaele Esposito, Laura Borelli, Nancy Huston, Agathe Bonitzer, Sébastien Pouderoux, Pietro Ragusa, Raffaella Ducrey Giordano, Georgia Ives, Stefano Abbati, Gianfranco Poddighe, Renato Sarti, Roberto Zibetti, Patrizia La Fonte, Daniela Macaluso, Irina Valvilova, Luciana Castelucci
Distribuzione: Wanted Cinema
Durata: 99′
Origine: Italia, Francia 2023

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
2.8
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Il voto dei lettori
2 (1 voto)
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