Matera Film Festival – David Cronenberg: il cinema è morto ma nessuna paura, la tecnologia è umana

Ospite d’onore della seconda edizione del festival di Matera, il regista de La Mosca si è raccontato in una masterclass e in incontri con la stampa. Ecco cosa ha detto

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David Cronenberg è sicuramente il fiore all’occhiello di questa ancora acerba manifestazione, che ha l’ambizione di diventare punto di riferimento per un cinema con un occhio alla cinefilia d’autore e uno sguardo complessivo su un mondo in incessante movimento. Il regista canadese ha dimostrato grande generosità con il festival materano, tanto da rimanere ospite durante tutti i dieci giorni di durata del Matera Film Festival.
Il doppio incontro con il regista, conferenza stampa e masterclass, ha costituito il momento principale del rapporto tra Cronenberg e gli appassionati del suo cinema, ma non soltanto, restando sullo sfondo la retrospettiva che gli è stata dedicata, per la verità relegata ad orari da nottambuli che ha di fatto tagliato fuori molti potenziali spettatori. Da sottolineare la sua disponibilità alle domande, ma anche un certo desiderio di demolizione del proprio stesso mito, stemperato dentro una pragmaticità tutta anglosassone e un disincanto nel quale sembra sfumare ogni radicata teorizzazione cinematografica sulla quale ha retto il valore indubbio delle sue elaborazioni e sulla quale continua ad alimentarsi il mito, nonostante Cronenberg.

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Innamorato dell’Italia e del suo cinema, sin da subito dichiara l’amore per Fellini e Antonioni, che restano due suoi punti di riferimento. Non poteva mancare, per il regista che meglio e più attentamente di altri ha affrontato il tema della mutazione, quella del corpo in particolare, un riferimento diretto alla pandemia di questi anni e ai dubbi che assillano anche la scienza sui possibili effetti del vaccino non soltanto nel breve termine, ma anche rispetto agli effetti a lungo termine. Anche in questa occasione il regista canadese non si mostra preoccupato e dichiarando la propria completa adesione alla vaccinazione, sono doppiamente vaccinato – afferma – ritiene, anzi, che la pandemia abbia liberato il corpo e che il vaccino sia il rimedio alla malattia, così come già lo fu contro la poliomelite. È difficile spiegare alla gente esattamente come siano composti i vaccini. Ci sarà sempre qualcuno contro i vaccini, ma tornando alla polio il vaccino ha salvato molti bambini da quella malattia. Ma, alla domanda se il suo cinema possa essere in qualche modo influenzato dagli effetti della pandemia, nega ogni riferimento anche in rapporto al suo nuovo film, appena terminato di girare ad Atene, Crimes of the future, da una sceneggiatura di oltre vent’anni fa.

Sul cinema di oggi sa essere anche evasivo – non vado al cinema da molti anni, ormai la tecnologia anche in casa ha raggiunto livelli molto alti e andare al cinema è diventato faticoso – e, dando un dispiacere ai cinefili, non ama essere affiancato a nessun altro regista, neppure a Carpenter quale altro rappresentante del cinema politico degli anni ’70–‘80. Conosco Carpenter – dice – ma non credo abbia mai fatto cinema politico (!). Piuttosto alle domande sul lavoro di Julia Ducournau, recente vincitrice della Plama d’oro a Cannes 2021 con Titane, Cronenberg pur apprezzando le qualità della regista francese, ammirando soprattutto la sua sensibilità e la sua personalità, oltre che le qualità del suo controverso film, esclude ogni possibile continuità tra il suo cinema e quello di Ducournau che in alcun modo ritiene possa essere considerata sua erede. Esistono diversi tipi di provocazioni e laddove il suo cinema affrontava la provocazione attraverso invenzioni della fantascienza o dell’horror, Julia Ducournau con il suo film lavora su un altro piano che può anche essere divertente, ma questo non toglie nulla al film.
Quanto al suo cinema, che egli stesso afferma di non sapere guardare nella sua completezza – faccio un film dopo l’altro, non guardo mai a cosa ho fatto prima o cosa farò dopo – sa soltanto che i suoi film non conoscono il concetto di confine e gli sono serviti per esplorare la condizione umana, ma è anche vero che il cinema non è solo poesia, ma serve anche a far fare soldi a qualcuno e pertanto quando si fa un film bisogna anche prendere in considerazione il momento in cui si vive. Non ho mai fatto scuole di cinema, né ho mai fatto l’assistente di qualcuno – racconta Cronenberg – e anche la mia attività di attore non è mai stata guidata dagli insegnamenti di alcuna accademia, ma ho sempre creduto che fare l’attore fosse essenziale per fare il regista, per questo credo che molti registi dovrebbero anche fare gli attori. Né come regista ho mai preso troppo in considerazione la critica, anzi penso che bisogna ignorarla. Per quanto mi riguarda credo di avere una mia particolare connessione con il pubblico.

È proprio sul cinema, sulla sua fruizione e sulla sua realizzazione che Cronenberg spiazza i cinefili, interrompendo i flussi che negli anni hanno legato intere schiere di appassionati alla sua filmografia facendo scoprire il delirio della mutazione o l’appassionante scoperta della bellezza fisica del corpo, anche raccontato nella sua ininterrotta trasformazione. Cronenberg oggi ha 78 anni e il suo disincanto lo porta ad affermare abbastanza esplicitamente che il cinema, così come lo abbiamo inteso fino ad oggi è morto, è definitivamente scomparsa o scomparirà a breve la sala cinematografica. È lo streaming il cinema del futuro e la produzione dei film e la loro fruizione sarà sempre più affidata alle piattaforme, che consentono, attraverso una tecnologia sempre più sofisticata, un’ottima qualità della visione anche con i dispositivi casalinghi. Resteranno i festival, probabilmente, perché rappresentano un diverso modo di fruizione del cinema per gli appassionati, ma niente di più. Né, sotto altro profilo, sarebbe oggi possibile tornare al cinema così come si faceva un tempo. Personalmente – dice il regista – non tornerei mai più a girare in pellicola, troppo costoso e troppo macchinoso. Il digitale ha reso il cinema possibile per tutti, con un semplice smartphone è possibile oggi girare un film. È anche per questo – aggiunge, sollecitato dalla curiosità dei presenti – che non bisogna avere paura della tecnologia. La tecnologia è umana e aiuta l’uomo a vivere meglio, anzi la tecnologia può anche diventare un prolungamento del nostro corpo. Anzi credo sia naturale che il nostro corpo abbia bisogno della tecnologia. Pensavo che Cosmopolis sarebbe stato il mio ultimo film anche perché ho cominciato a perdere l’udito, poi con questo piccolo apparecchio – ed estrae dall’orecchio una specie di microauricolare – ho superato la mia disabilità e se oggi ancora faccio dei film è grazie alla tecnologia, che non è quindi nemica dell’uomo.
Questo è il Cronenberg, anche inatteso, che apre nuove sfide al cinema, affidando alla tecnologia ogni futuro dell’uomo e con questa sensazione di lieve sgomento ci saluta e torna a diventare spettatore del Matera Film Festival che con ogni attenzione, quella che si riserva agli ospiti d’onore, lo ha posto nella giusta centralità.

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