Mavka e la foresta incantata, di Oleh Malamuzh e Oleksandra Ruban

Dall’Ucraina, un film che è un affascinante cortocircuito tra ciname pop e fiaba millenaria, cinicamente didattica, che però, alla lunga, risolta irrisolta, indecisa sulla sua anima profonda

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È un film “di guerra” Mavka e la foresta incantata e non solo perché la produzione di questo progetto d’animazione ucraino è terminata durante il conflitto con la Russia. Partita cinque anni, la lavorazione di Mavka e la foresta incantata pare infatti essersi fatta carico delle tensioni culturali che smuovono l’Ucraina da almeno una decina d’anni. Non è un caso, forse, che quella del film di Oleh Malamuzh e Oleksandra Ruban sia un’essenziale storia di ambientalismo che si staglia però sullo sfondo di una guerra civile, quasi a voler dare il conflitto per scontato, un’escrescenza del reale che ormai fa parte della quotidianità.

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E tuttavia non basta, perché Mavka e la foresta incantata è soprattutto la sintesi più lucida dell’idea di cinema dello studio di produzione Animagrad, fondata su un intrattenimento per famiglie tutto “autoctono”, retto dai caratteri della cultura e del folklore ucraino, quasi a voler preservare, tra le immagini, un’identità nazionale a rischio.

Più che un cinema di guerra, quello della Animagrad e di Mavka e la foresta incantata è dunque soprattutto una sorta di cinema di resistenza che, giocoforza, stavolta non può che alzare il tiro. Qui il soggetto è in effetti offerto da La canzone della foresta, poema in tre atti del 1911 di Lesya Ukrainka e sorta di testo cardine della cultura nazionale. Alla base della rilettura contemporanea del racconto c’è la relazione tra Mavka, ninfa delle foreste e Lucas, un giovane musicista, entrambi cresciuti nella reciproca diffidenza tra le due specie. Quando Lucas sarà costretto ad andare nella foresta per cercare una cura per lo zio malato, lui e Mavka si scopriranno più simili di quanto credevano e gli uomini saranno costretti ad allearsi con le creature magiche per fermare la perfida Kylina, che vuole sfruttare la magia della natura per rimanere per sempre giovane.

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Ma la costante evocazione dei caratteri della cultura nazionale, non solo gli scritti di Lesya Ukrainka ma anche danze, canzoni, rituali del contesto rurale ucraino che puntellano il racconto pare davvero solo l’inizio. La resistenza di Mavka e la foresta incantata è, prevedibilmente, anche creativa. Perché il film di Malamuzh e Ruban non pare avere paura del canone visivo Disney, anzi, tra i prodotti europei visti finora, è ad oggi uno dei pochi a poter anche solo inseguire il passo degli americani, tra attenzione al dettaglio, cromatismi accesi e approccio creativo in equilibrio tra spinta personale e gusto citazionista. Così il film si attarda nella lunga sequenza del risveglio della foresta, si slancia in un divertito momento action preso quasi di peso dalla Disney anni ’90 con la corsa dei bufali verso lo strapiombo ma costeggia anche uno spazio quasi inedito quando lambisce certi passaggi quasi espressionisti.

E non si tratta, forse, di puro gusto citazionista.

Mavka e la foresta incantata.  si muove, certo, come un classico Disney ma pensa, parla come una narrazione ancestrale, come una fiaba dal sottotesto cinicamente didattico, oscura, ambigua. Ed il cortocircuito tra i due spazi dà luogo a momenti spiazzanti, tra una narrazione canonica che lentamente si trasforma in racconto di formazione nerissimo sul peso del proprio ruolo nel mondo ed una protagonista che arriva ad abbracciare il suo lato oscuro per combattere le sue insicurezze. È un film che anche per questo vive di illuminazioni momentanee, Mavka e la foresta incantata, che forse, si rivela troppo incerto sulla strada da percorrere sulla lunga distanza. Al film manca in effetti il grande affondo che lo porti, in un modo o nell’altro, a scegliere un campo d’azione, a decidere se essere la risposta europea a certo cinema per l’infanzia dal taglio pop o il primo esempio di un film a cavallo tra l’intrattenimento e l’antropologia culturale. Perché del blockbuster Mavka ha i muscoli ma non il ritmo, che anzi, nella maggior parte dei casi si attarda in siparietti affettuosi ma fini a sé stessi o in rigidi intermezzi musicali; perché, soprattutto, a volte sembra che il film voglia tenersi lontano dalle ambiguità più estreme, dai passaggi più oscuri, da un’affascinante sentimento di precarietà generale che pare si faccia strada tra le immagini, quasi li considerasse, improvvisamente, poco affini ad un film per famiglie. Così solleva domande, lancia spunti, pone in campo suggestioni che finisce per lasciare in sospeso, per non sviluppare davvero.

Ma allora, in questo modo, tutto non può che rimanere allo stato di un (pur appassionato, lucido) prologo ad una rivoluzione che, forse, è ancora là da venire.

Titolo originale: Mavka. Lisova pisnya
Regia: Oleh Malamuzh e Oleksandra Ruban

Voci: Francesca “Fraffrog” Presentini, Maurizio Merluzzo, Flavio Aquilone, Carlo Valli, Andrea Oldani, 

Distribuzione: Notorious Picturs
Durata: 90′
Origine: Ucraina 2023

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3
Sending
Il voto dei lettori
3.36 (25 voti)
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