"Max Payne", di John Moore

max payneMoore si rivela davvero un pessimo giocatore di Max Payne, preferendo far fuggire via il suo personaggio davanti ad ogni scontro a fuoco o corpo a corpo, e risolvendo in maniera veloce e frettolosa ogni sparatoria o spunto d'azione. Ora, che un film tratto da un videogame che abbia come trama la violenta parabola vendicativa di un poliziotto a cui hanno ammazzato moglie e figlia, si permetta anche di disinteressarsi sommamente delle scene action, ci pare quantomeno imperdonabile.

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max payneLo sconfortante rachitismo di questo film di John Moore, regista che prima d'ora non era mai stato così pessimo con alle spalle almeno un film decente come Behind Enemy Lines e due remakes di successo – Il Volo della Fenice e Omen, ci costringe a confrontarci con I'effetto speciale nell'epoca della sua disponibilità virtualmente infinita: che un prodotto mid-budget come questo, con script canonicamente-B tratto da un videogame cult, riesca senza troppi sforzi – estetici, produttivi, realizzativi, economici – a sfoggiare un comparto di visual effects così pacchianamente sovraccarico, non può che dimostrare ancora una volta come alcune strade maestre nella reinvenzione del mondo davanti (o dietro, o dentro) un panno blu siano ormai state scambiate per di già imbolsite scorciatoie visive digitali, che permettono unicamente di risolvere un film, una sequenza, una sceneggiatura, attraverso espedienti di presunta fantasmagoria inventiva, con buona pace di tutti (compreso Marco Beltrami che smarrendo per una volta l'efficacia metal delle sue partiture scompare nell'anonimato di trite musiche sintetiche). Insomma, John Moore pare essere un altro di quelli che hanno pensato “se ci son riusciti i Wachowski…” (che già erano i principali ispiratori del videogioco) eppure, complice magari questa deriva tutta walhberghiana (non è, come ci si illudeva, il terzo tassello dell'epopea action dell'attore – alla peggiore prova in carriera – dopo gli eclatanti Il grande colpo e Shooter) verso personaggi sempre più traumatizzati, sotto shock, colti nella loro assoluta sospensione dell'agire (The Yards, I padroni della notte, E venne il giorno…), Moore si rivela davvero un pessimo giocatore di Max Payne, preferendo far fuggire via il suo personaggio davanti ad ogni scontro a fuoco o corpo a corpo (e infatti ogni qualvolta finalmente Payne si decide a sparare un colpo, come ben si aspetta chi ha familiarità col gioco omonimo, abbiamo un'insostenibile trafila di ralenti e traiettorie nell'aria dei proiettili da sbrigare, tanto sembra inaspettata e da sottolineare la reazione…), e risolvendo in maniera veloce e frettolosa ogni sparatoria o spunto d'azione. Ora, che un film che abbia come trama la violenta parabola vendicativa di un poliziotto a cui hanno ammazzato moglie e figlia, si permetta anche di disinteressarsi sommamente delle scene action, ci pare quantomeno imperdonabiletanto più che Moore giunge all'estremo di negarci anche il confronto finale col super-cattivo, l'indistruttibile Marine Jack Lupino, freddato da un colpo di pistola dopo i primi due sganascioni. Non si tratta chiaramente di alcuna scelta autoriale di ellissi in qualche modo teorica, quanto unicamente della convinzione che l'ammassarsi del clamoroso kitsch digitale dell'ultimo quarto d'ora in cui Payne è preda del baraccone delle visioni di quart'ordine causate dalla droga Valkiria, possa davvero bastare a se stesso – mentre invece è davvero la deriva più indifendibile vista negli ultimi tempi. Game over.

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Titolo originale: id.
Regia: John Moore
Interpreti: Mark Wahlberg, Beau Bridges, Mila Kunis, Chris O'Donnell, Olga Kurylenko, Nelly Furtado
Distribuzione: 20
th
Century Fox
Durata: 100'
Origine: USA, 2008

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