MED FILM FESTIVAL 2016 – Intervista a Mohamed Ben Attia, regista di Hedi

Abbiamo incontrato il giovane regista tunisino Mohamed Ben Attia, regista di Hedi (presentato al Med Film Festival 2016), un film particolarmente apprezzato dalla redazione di Sentieri Selvaggi

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Abbiamo incontrato il giovane regista tunisino Mohamed Ben Attia, regista del bellissimo Hedi (vincitore di ben due premi nella scorsa Berlinale e in questi giorni presentato in anteprima italiana al Med Film Festival 2016), per parlare di un film particolarmente apprezzato dalla redazione di Sentieri Selvaggi. Un film che con disarmante semplicità racconta una storia d’amore e d’evasione sentimentale, di rivoluzione e di riflessione, che diventa la metafora universale di una complessa situazione sociale. Un film che ci immerge nella vita del suo protagonista con sprazzi di cinema che ricordano i Dardenne (registi che co-producono il film con la loro società).

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Innanzitutto vorrei partire dal titolo: Hedi, il nome del protagonista. Da subito noi spettatori siamo informati che il fuoco del racconto è lui, il suo sguardo sul mondo, i suoi travagli sentimentali. Una consapevolezza stilistica forte e sentita: sei partio da questa idea?

Si, assolutamente. Volevo essere sempre vicino a Hedi, seguirlo nei piccoli avvenimenti della sua vita, non trattare mai di “politica” in maniera diretta. Per me è importante raccontare una storia e le mie storie sono molto semplici. Perché credo che raccontando le storie della gente semplice emerga sempre qualcosa di straordinario e complesso. Questa è la mia idea di cinema.

 

Il film tratteggia benissimo la coesistenza odierna tra tradizioni secolari e nuovi media molto presenti nella vita dei tuoi personaggi (smartphone, skype, ecc). Con incredibile normalità tratteggi il mondo contemporaneo e le sue complessità…

Si è vero, ma per noi è assolutamente normale questo. Forse per voi europei sembra più marcata questa coesistenza, notate più questo scontro modernità/tradizione, ma io non volevo affatto concepirla come una riflessione a monte. Perché quello è un fatto che viene naturale nella vita di queste persone e io voglio semplicemente riprendere la loro quotidianità.

 

Parlaci del lavoro con Majd Mastoura, attore protagonista, che ha vinto il premio come miglior interprete al Festival di Berlino. Un’interpretazione difficile perché tutti i non detti di Hedi, il rapporto con la madre molto possessiva, quello con la futura moglie e infine quello con l’amore improvviso trovato con l’animatrice Rim, esigevano un impegno notevole.

Il lavoro con gli attori per me è stata la cosa più bella. In questo caso poi Majd Mastoura è completamente differente da Hedi: lui nella vita fa danza, canta, è molto espressivo, non è per nulla introverso, è proprio l’opposto. E infatti la cosa più difficile per lui è stata fare i piccoli gesti, le cose normali della vita di ogni giorno, concepite però in modo differente. Non il suo modo, ma quello di Hedi, che ha un carattere totalmente diverso. Per il film ho avuto la possibilità di passare molto tempo con gli attori ed è stato bellissimo provare con loro per più di tre settimane. Abbiamo lavorato molto, è stato un lavoro istintivo: io amo molto parlare e il carattere di Hedi è nato così, da lunghe chiacchierate insieme agli attori.

 

hediNel film la Rivoluzione tunisina del 2012 viene rievocata in una sola occasione, un dialogo, ma anche la riflessione su quella pagina importantissima della storia recente viene sciolta nella vita di questi ragazzi…

Esatto. Quello è il solo momento del film in cui si parla della Rivoluzione. Abbiamo molto esistato prima di inserirlo, del resto io sapevo di star facendo un film che in qualche modo rifletteva su quel momento storico, ma la cosa più importate doveva essere sempre “la verità” di Hedi. Abbiamo parlato molto e alla fine ci è sembrato credibile che questi due giovani ne potessero parlare in quei termini. Hedi non ha certo un profilo da rivoluzionario, lui è una persona normale, molto sensibile, ma la cosa che anche lui ricorda di quei 3 giorni è una sensazione. La sensazione che avevavo tutti subito dopo: tutti credevamo che le cose non potessero che andare meglio, che facilmente avremmo avuto una vita migliore. Nel film le due storie, quella di Hedi e quella Tunisia, sono speculari. E in quel momento, l’inizio della love story con Rim, tutto sembra facile e bello per lui. Tutto è possibile, esattamente come nei tre giorni successivi la rivoluzione. Poi dopo un po’ si scopre l’altro, ci si guarda dentro, e tutto diventa più complesso nell’amore. Proprio come oggi, dopo 6 anni dalla rivoluzione, tutto appare più complesso e difficile per noi.

 

Tutta la parte finale del film assume veramente un valore universale. Perché pone “la mera scelta” come unico traguardo. La complessità non va per forza spiegata…

Sì, perché nella vita è così. È più difficile scegliere di non partire che partire. Hedi ha un po’ paura, le debolezze fanno parte della sua vita, ma non è solo debole. Hedi vede anche sua madre, il suo paese, e fa una scelta. E’ importante anche restare a volte nella vita e lui vuole restare perché deve fare qualcosa di buono nel suo paese. L’importante, comunque, è che l’abbia deciso lui.

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