MedFilm Festival 2022: Intervista a Lubna Azabal

L’attrice ha ricevuto a Roma il premio alla carriera a Roma, in apertura della 28esima edizione del MedFilm Festival, nel quale presenta il film Le bleu du caftan. La nostra chiacchierata esclusiva

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In occasione della 28esima edizione del MedFilmFestival, l’attrice belga dalle origini spagnole e marocchine Lubna Azabal (protagonista di film come Exils di Tony Gatlif e Tutti pazzi a Tel Aviv di Sameh Zoabi) ha ricevuto il Premio alla Carriera nella serata di apertura del festival. Al festival romano è stato infatti presentato il film marocchino Le Bleu du caftan, selezionato come rappresentante del Marocco ai prossimi Academy Award.

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Hai recitato in film molto diversi, facenti parte di culture lontane fra loro, e spesso ti sei trovata a parlare tante lingue straniere, arabo e francese su tutte. Che cosa significa questo nella tua esperienza di attrice?

Per me è una grande fortuna. Io vivo il mondo come un paese immenso e ho viaggiato spesso facendo l’attrice. Ci sono dei soggetti che sono internazionali e sono validi in tutti i paesi. Il fatto di recitare in tante lingue differenti permette ovviamente di entrare a contatto con molte culture diverse. Non so come spiegarlo, ma è qualcosa che mi corrisponde da sempre, che è sempre stato parte di me. Sono sempre stata una giramondo, anche prima di iniziare a fare questo lavoro. Non mi piace restare bloccata in un angolo. Per esempio ho anche imparato l’armeno, ho passato del tempo in Armenia con Ben Foster per il film Here. Per me è stato un piacere incredibile, perché dopo aver girato il film mi sento di fare parte anche di quelle culture lì.

Nel film c’è una relazione molto particolare fra te e i due protagonisti maschili, interpretati da Saleh Bakri e da Ayoub Missioui. Ci sono molti sentimenti molto diversi fra voi tre, infatti si può a tutti gli effetti parlare di un triangolo amoroso molto complesso. Come avete creato questa chimica sul set?

Quando uno fa questo mestiere ovviamente si è costretti a lavorare con altri attori e questo a volte può risultare difficile perché potrebbe non esserci la connessione necessaria. Quando parlo di connessione intendo una connessione umana, che deve esistere anche quando non si è sul set. In questo film ho senza dubbio avuto la grande fortuna di lavorare con due attori straordinari che hanno reso tutto più semplice. Per lavorare bene in un film bisogna creare il personaggio, cercare, mettersi dentro il racconto, il mestiere dell’attore consiste in questo in fondo. Ma l’umanità deve esistere anche fuori dall’ambito lavorativo ed è molto importante. A me è capitato di lavorare con attori o con attrici che detestavo e soltanto la loro presenza mi innervosiva, ma gli attori devono anche saper fingere. Devono essere al servizio del personaggio e se il rapporto fra gli attori è buono, allora le condizioni sono ottimali, quando invece le cose non vanno bene sul set, nonostante sia difficile, bisogna farle funzionare comunque. Sul set di Le bleu du Caftan c’era affetto vero, una grande complicità e questo di solito fa sì che già la metà del film sia riuscita.

Il film è molto importante oggi, in quanto porta sullo schermo temi molto forti, come la scoperta della propria sessualità e la battaglia contro una malattia. Al MedFilm Festival si parla della cultura mediterranea e di molti paesi, cosa pensi che rappresenti questo film nel contesto del suo paese? Quali sono gli elementi che più ti hanno colpito?

Per me si tratta della seconda volta che lavoro con questa regista, Maryam (Touzani n.d.R) e io avevo molta volta di parlare dell’identità sessuale e della difficoltà di viverla, soprattutto nei paesi dove questa è un reato. Questa cosa mi sta molto a cuore, ho visto molte persone soffrire, arrivare addirittura al suicidio, costrette a nascondere ciò che sono alla società o sul posto di lavoro. La vita è già talmente difficile, talmente complicata, con così tanti problemi, che se a questi si aggiunge il fatto di non avere nemmeno il diritto di vivere ciò che si è, siamo davanti ad una giustizia terribile. Per noi in Europa forse è una cosa banale, ma ci sono tante regioni nel mondo dove non lo è affatto. Riguardo al mio personaggio, Mina per amore lascia suo marito libero di amare qualcun altro. Secondo me non c’è un amore migliore di così, probabilmente è proprio quello il vero amore. Lei stessa lo incoraggia e gli suggerisce di lasciarsi andare. Per me Le Bleu du caftan è stato quindi un vero e proprio colpo di fulmine, quando ho letto la sceneggiatura me ne sono innamorata e ho subito pensato che avrei accettato la parte.

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