MedFilm30 – Everybody Loves Touda. Intervista a Nabil Ayouch e Nisrin Erradi

Abbiamo incontrato il cineasta franco marocchino e la protagonista di Everybody Loves Touda a Roma in occasione della XXX edizione del MedFilm Festival per approfondire i temi del film

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Il concorso ufficiale Amore & Psiche della XXX edizione del MedFilm Festival si è aperto con la proiezione di Everybody Loves Touda del regista franco marocchino Nabil Ayouch. Presentato in anteprima al Festival di Cannes 2024, il film racconta la storia di Touda, una donna col sogno di diventare una sheikha, ovvero una cantante tradizionale marocchina che porta in scena testi dal forte significato politico, di resistenza ed emancipazione. Ayouch mette in scena una vicenda amara che racconta molto della società marocchina attuale, dei tabù e delle disuguaglianze sociali. Abbiamo incontrato il regista Nabil Ayouch e l’attrice protagonista Nisrin Erradi a Roma in occasione del MedFilm Festival per approfondire i temi del film.

La protagonista del film è una cantante sheikha e sogna di essere considerata tale dalla società marocchina. Come si potrebbe raccontare questa figura di importanza storica e politica a un pubblico occidentale che non ne era a conoscenza?

Ayouch: La sheikha per me è una vera e propria eroina della storia politica e culturale marocchina, ma negli anni le cose sono cambiate, una volta erano considerate artiste combattenti e ora alla stregua di prostitute. Ho deciso di incentrare il film su una sheikha per un senso di giustizia. Le sheikha nascono nel XIV secolo quando non era permesso cantare in pubblico come gli uomini, ma solo verso la fine del XIX secolo riappaiono come voci di lotta e resistenza. I loro canti di lotta, chiamati Aita, erano rivendicazioni di diritti umani e civili urlati contro i padroni dell’epoca. L’Aita cantata nel film si chiama Monta sul cavallo e racconta la storia di una sheikha che rifiutò le attenzioni di un signore potente e spietato dell’epoca. A causa di questo rifiuto e del canto della sheikha, l’uomo decise di punirla e murarla viva. Le sheikha ricordarono questo e molti altri episodi della storia per cantare la propria libertà sessuale e intellettuale, come delle protofemministe. Durante l’occupazione francese le sheikha usavano i loro canti per comunicare da una montagna all’altra e scambiarsi messaggi utili alla resistenza, in modo simile alle partigiane italiane.

Esistono due dimensioni ben distinte per la protagonista Touda, una è quella che lei sogna, immagina e vive quando canta e balla, quando riesce ad essere davvero se stessa. L’altra è la cruda realtà che la circonda, una società che non la comprende e non la percepisce con rispetto. Un profondo contrasto tra arte e mercificazione.

Ayouch: C’è un ambivalenza continua tra il bello e lo squallido. Con la migrazione interna dai villaggi e le campagne verso i grandi centri urbani, come Casablanca e Marrakech, le sheikha hanno perso il loro valore storico e artistico. Ora una sheikha non è rispettata, qualcuno utilizza il termine come un insulto. Allo stesso modo Touda vive un continuo viaggio ad ostacoli tra la mercificazione del proprio corpo e la sua arte, i suoi canti. Tenta di elevare socialmente la propria vita e quella di suo figlio in una società spietata. Gli sguardi degli uomini nei locali non sono rivolti al suo ruolo di sheikha ma attenti solo al suo corpo, senza neanche ascoltarla. Una delle prime cose che ho notato entrando in contatto con le sheikha è la loro grande solitudine; i canti, i balli, i locali pieni di persone sono solo la facciata della loro esistenza, nella realtà delle cose sono donne molto sole.

Nel film abbiamo la possibilità di esplorare il Marocco rurale delle campagne e quello delle grandi città come Casablanca. Qual è il tuo rapporto con il Marocco e in che modo scegli di raccontarlo nel tuo cinema?

Ayouch: Io sono nato e cresciuto a Parigi da madre francese e padre marocchino, ma venticinque anni fa ho deciso di trasferirmi in Marocco per riscoprire la mia identità e conoscere una cultura che fino a quel momento non mi apparteneva. Tutto questo è stato possibile grazie al cinema e ai miei primi lavori. Ho scoperto un paese magnifico, molto selvaggio, essendo per gran parte ricoperto da montagne. Fin da subito è stato per me fonte di ispirazione così ho cominciato a raccontare l’aspetto rurale del paese, per poi spostarmi ai grandi centri urbani. Con Everybody Loves Touda sono ritornato in quei luoghi, alla vera anima del paese.

Everybody Loves Touda, come il precedente Casablanca Beats, sono film molto musicali in cui i protagonisti riescono ad esprimersi e essere realmente se stessi cantando. In che modo utilizzi il linguaggio musicale nei tuoi film e perché assume un ruolo così fondamentale?

Ayouch: Tutto il mio cinema è attraversato da un forte desiderio di libertà, tutti i miei personaggi cercano di conquistare la loro libertà, ancora di più in un paese che tuttora possiede molti tabù che rischiano di stritolare gli individui, o perlomeno chi sceglie di non lottare. La musica e la danza, ma in generale l’arte, sono mezzi di liberazione e espressione fondamentali per rivendicare i propri diritti, le proprie idee. Questo vale tanto per Touda quanto per i ragazzi di Casablanca Beats che utilizzano la cultura hip hop per trasmettere messaggi fortemente politici. Il canto delle sheikha ha un potere enorme, quasi ipnotico, durante i loro spettacoli anche l’essere più bigotto e conservatore cade in uno stato di trance, attratto magneticamente da quei suoni e quei movimenti. Un incantesimo che, purtroppo, svanisce in poco tempo.

Touda è un personaggio molto complesso, da un lato è silenziosa, riflessiva, come una donna ferita e molto orgogliosa, dall’altro è un’esplosione di energia in tutte le sequenze di canto e ballo. In entrambi i casi c’è grande attenzione sullo sguardo, sulla gestualità e sui movimenti del corpo. Come hai lavorato su questo contrasto e come ti sei preparata al tuo ruolo di sheikha?

Erradi: Io cerco sempre di incarnare il mio personaggio da un punto di vista psicologico. Per comprendere Touda è stato fondamentale il lavoro sulla sequenza dello stupro. Quello è stato il punto di partenza per la mia interpretazione, come se quel dolore fosse sempre impresso nello sguardo di Touda. Come dici tu ho dovuto lavorare moltissimo sugli occhi e sui momenti di introspezione perché in certi momenti era l’unico modo per esprimermi e dovevo trarne il meglio, anche se non è proprio il modo più semplice.
Ho compiuto un lavoro molto lungo e importante per assumere le caratteristiche di una sheikha, nel mio percorso ne ho conosciute tre e ognuna di loro mi ha trasmesso la forza per essere Touda. Mi hanno insegnato tutto e le ringrazio moltissimo.

Touda è una donna forte, indipendente, sognatrice e sessualmente libera ma fin dalla prima sequenza assistiamo ad un qualcosa di straziante, come una punizione. Com’è la situazione femminile nel Marocco di oggi?

Ayouch: Lo stupro è uno strumento di potere e sottomissione, più che una punizione lo concepisco come un’arma che viene usata per sottomettere e imporre il proprio potere sulla donna. Ricordo un episodio che mi è rimasto impresso nella mente accaduto durante la fase di casting, quando con una vera sheikha stavamo provando la sequenza antecedente lo stupro. Stavo introducendo la sequenza spiegando che ci sarebbe stata una terribile scena di stupro, quando la sheikha si rivolge verso di me: “Non è così terribile, è la normalità, è la nostra realtà quotidiana”. Non era in nessun modo scossa da quella scena ma la vedeva come un qualcosa di naturale, la banalità ordinaria della violenza. Non è un evento eccezionale, questo è l’aspetto davvero terribile.

Proprio per questo motivo hai deciso di inserire questa sequenza di rottura così forte per lo spettatore all’inizio? Per sottolineare l’ordinarietà del fatto e non l’eccezione.

Ayouch: Esattamente per questo

Everybody Loves Touda è stato presentato in anteprima al Festival di Cannes dove tu sei ormai un habituè. Come consideri Cannes nel tuo percorso di cineasta?

Ayouch: È senza dubbio la vetrina più importante per un cineasta, capace di far esplodere la carriera di un regista e il percorso futuro di un film [Erradi conferma ridendo]. Essere scelto da Cannes è una fortuna che ti fa sentire “benedetto”, un’occasione troppo grande per un artista.

Everybody Loves Touda sarà nelle sale italiane nei primi mesi del 2025 distribuito da Maestro Distribution.

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