“Melancholia”, di Lars Von Trier
Von Trier rinuncia per questo suo ultimo film a quasi tutti gli estremismi narrativi e formali che spesso fanno parte del suo bagaglio di cineasta. Il problema é che così mette irrimediabilmente a nudo tutta la mediocrità del suo apparato teorico, e la sconfortante velleità delle sue profezie, cannonate di avvertimento sparate a salve, inesorabilmente innocue. Kiefer Sutherland non é il primo a crepare all`interno di questa ennesima, spocchiosa e ben poco affasciante allegoria firmata dal cineasta danese: é l`unico a sopravvivere
Una volta resosi conto dell`impossibilità di salvare la situazione, Sutherland sparisce, e lascia gli altri personaggi alla meschina sorte che aspetta loro: come il suo Jack Bauer televisivo, Sutherland sembrava già un infiltrato per tutta la prima parte di Melancholia, dedicata a questo patetico ricevimento di matrimonio in castello organizzato da Charlotte Gainsbourg per la sposa sorella Kirsten Dunst: il modo secco e ben poco elegante di esprimersi con la sua voce profonda e bofonchiata, ma soprattutto il disprezzo e l`irritato fastidio che il suo personaggio e il suo volto esprimono per gli invitati e la situazione intera paiono davvero sottintendere una poca tolleranza per il set in cui Von Trier lo ha precipitato – a dare retta ad una di quelle sue occhiate assassine, uno può ben immaginare che il satellite-Kiefer avrebbe immensa gioia a spazzare via da questa Terra la moglie, il figlio, e la cognata (quella che poi sembra essere nel finale l`intenzione del pianeta Melancholia in collisione con il prato e la tenda magica eretta dal terzetto).
É in effetti particolarmente snervante il male di vivere di Justine/Kirsten Dunst, che passa dal farci rimpiangere nella prima metà dell`opera un Roger Corman invitato anche a questo matrimonio a fare un paio di riprese con la videocamera in modo da ricordarci che il Cinema non ci perde mai (semmai é vero il contrario…) ma ci salva sempre (anche sull`hard disk di un pc di montaggio), allo scrollarsi dal torpore e dall`inconsolabile disperazione che ne hanno mandato all`aria la festa di nozze per assumere la serafica determinazione di una Cassandra inamovibile nel secondo frammento.
E se Kirsten non soccombe schiacciata dal peso della mortifera visione dell`autore, nemmeno risplende come sotto Sam Raimi o Sofia Coppola: la sequenza che la vede nuda su di un masso sotto la luce notturna del pianeta in avvicinamento non ha alcun fascino o saudente leggerezza, ma risulta zavorrata, come in quasi la totalità delle sequenze in cui Von Trier si serve del corpo dell`attrice, dalla multistratificazione dei riferimenti pittorici chiamati in causa e poi lasciati appesi, incorniciati allo schermo.
In realtà, Von Trier rinuncia per questo suo ultimo film a quasi tutti gli estremismi narrativi e formali che spesso fanno parte del suo bagaglio di cineasta. Il problema é che così mette irrimediabilmente a nudo tutta la mediocrità del suo apparato teorico, e la sconfortante velleità delle sue profezie, cannonate di avvertimento sparate a salve, inesorabilmente innocue.
Titolo originale: id.
Regia: Lars Von Trier
Interpreti:Charlotte Gainsbourg, Kiefer Sutherland, Kirsten Dunst, Charlotte Rampling, Udo Kier, Stellan Skarsgård, Alexander Skarsgård, John Hurt, Brady Corbet
Origine: Danimarca, Francia, 2011
Distribuzione: BIM
Durata: 136'
Incredibile come si possa dire nulla con così tante parole.
Incredibile come si possa dire nulla con così poche parole.
Incredibile come si possa dire nulla in 136 minuti di film.
Incredibile come si possa dire tanto con così nulle parole.