“Melancholia”, di Lars Von Trier

melancholia von trier
Von Trier rinuncia per questo suo ultimo film a quasi tutti gli estremismi narrativi e formali che spesso fanno parte del suo bagaglio di cineasta. Il problema é che così mette irrimediabilmente a nudo tutta la mediocrità del suo apparato teorico, e la sconfortante velleità delle sue profezie, cannonate di avvertimento sparate a salve, inesorabilmente innocue. Kiefer Sutherland non é il primo a crepare all`interno di questa ennesima, spocchiosa e ben poco affasciante allegoria firmata dal cineasta danese: é l`unico a sopravvivere

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Il vero satellite estraneo che attraversa indenne il film di Von Trier é uno di quei miracoli di resistenza e persistenza che riescono soltanto ad Hollywood: Kiefer Suterland viaggia ad un`altra frequenza di cinema, a un`altra altezza, a un`altra distanza – per questo é il solo che riesca a interpretare e riconoscere la traiettoria del pianeta alieno. Non é il primo a crepare all`interno di questa ennesima, spocchiosa e ben poco affasciante allegoria firmata dal cineasta danese: é l`unico a sopravvivere.
Una volta resosi conto dell`impossibilità di salvare la situazione, Sutherland sparisce, e lascia gli altri personaggi alla meschina sorte che aspetta loro: come il suo Jack Bauer televisivo, Sutherland sembrava già un infiltrato per tutta la prima parte di Melancholia, dedicata a questo patetico ricevimento di matrimonio in castello organizzato da Charlotte Gainsbourg per la sposa sorella Kirsten Dunst: il modo secco e ben poco elegante di esprimersi con la sua voce profonda e bofonchiata, ma soprattutto il disprezzo e l`irritato fastidio che il suo personaggio e il suo volto esprimono per gli invitati e la situazione intera paiono davvero sottintendere una poca tolleranza per il set in cui Von Trier lo ha precipitato – a dare retta ad una di quelle sue occhiate assassine, uno può ben immaginare che il satellite-Kiefer avrebbe immensa gioia a spazzare via da questa Terra la moglie, il figlio, e la cognata (quella che poi sembra essere nel finale l`intenzione del pianeta Melancholia in collisione con il prato e la tenda magica eretta dal terzetto).
É in effetti particolarmente snervante il male di vivere di Justine/Kirsten Dunst, che passa dal farci rimpiangere nella prima metà dell`opera un Roger Corman invitato anche a questo matrimonio a fare un paio di riprese con la videocamera in modo da ricordarci che il Cinema non ci perde mai (semmai é vero il contrario…) ma ci salva sempre (anche sull`hard disk di un pc di montaggio), allo scrollarsi dal torpore e dall`inconsolabile disperazione che ne hanno mandato all`aria la festa di nozze per assumere la serafica determinazione di una Cassandra inamovibile nel secondo frammento.
E se Kirsten non soccombe schiacciata dal peso della mortifera visione dell`autore, nemmeno risplende come sotto Sam Raimi o Sofia Coppola: la sequenza che la vede nuda su di un masso sotto la luce notturna del pianeta in avvicinamento non ha alcun fascino o saudente leggerezza, ma risulta zavorrata, come in quasi la totalità delle sequenze in cui Von Trier si serve del corpo dell`attrice, dalla multistratificazione dei riferimenti pittorici chiamati in causa e poi lasciati appesi, incorniciati allo schermo.
In realtà, Von Trier rinuncia per questo suo ultimo film a quasi tutti gli estremismi narrativi e formali che spesso fanno parte del suo bagaglio di cineasta. Il problema é che così mette irrimediabilmente a nudo tutta la mediocrità del suo apparato teorico, e la sconfortante velleità delle sue profezie, cannonate di avvertimento sparate a salve, inesorabilmente innocue.

Titolo originale: id.
Regia: Lars Von Trier
Interpreti:Charlotte Gainsbourg, Kiefer Sutherland, Kirsten Dunst, Charlotte Rampling, Udo Kier, Stellan Skarsgård, Alexander Skarsgård, John Hurt, Brady Corbet 
Origine: Danimarca, Francia, 2011
Distribuzione: BIM
Durata: 136'

 

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