Melina Matsoukas. L’amore e la rabbia black

La regista americana, premiata ai DGA per il commercial Beats by Dr Dre, con i suoi videoclip ha portato l’immaginario black ad un livello superiore, da Formation al prossimo progetto su Fela Kuti

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Ami la cultura nera, ma ami me?“. Spetta ancora una volta ad un commercial, con la sua strutturale capacità di sintesi, fare il punto sulla questione BLM e riuscire ad allo stesso tempo a rilanciarla, dando con una semplice frase per superate alcune delle battaglie identitarie che l’hanno sin qui contrassegnata e provare ad individuarne di nuove. La voce caldissima del rapper Tobe Nwigwe che all’interno dello spot per le cuffie Beats by Dr. Dre chiede all’utente un passo ulteriore, dall’appoggio alla causa black all’empatia personale, funziona perfettamente anche come epitome della poetica della regista del video premiato all’edizione 2021 del DGA: Melina Matsoukas. Inserita nel 2020 nell’Ebony Power 100 List redatta dal Time, l’artista cubana di origini greche cresciuta tra il Bronx e New Jersey rivolge ancora una volta il suo occhio alla comunità afroamericana filmando persone comuni fianco a fianco con superstar dello sport come Naomi Osaka, e dell’intrattenimento come Bubba Wallace e Lil Baby fino ad arrivare alla nota attivista Janaya Future Khan. Il concept del commercial, nel già tipico alternarsi della regista di immagini in b/n e colori sgargianti, s’addentra con pudore nella quotidianità dei suoi protagonisti, fatta di giochi in piscine gonfiabili e momenti di creatività da salotto col proprio partner accanto ma anche di lenzuola stese al vento che hanno ancora bisogno di bruciare.

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C’è quindi tutta la poetica di un’artista che in una carriera decennale spesa tra video musicali, film, pubblicità e televisione è oramai ai vertici dell’industria, come confermato dal recente accordo di esclusiva per due anni tra la sua casa di produzione, la De La Revolución Films, e la rinata MGM. Un empowerment crescente che sembra poter superare presto le purtroppo ovvie discriminazioni di genere vissute sulla pelle fino al recente passato, se appena l’anno scorso tra i nomi delle registe snobbate ricamati sul vestito di Natalie Portman agli Oscar c’era anche il suo. Figlia di due genitori politicamente impegnati – “I miei genitori erano decisamente attivisti. Sono stato educata andando alle marce” – e con una laurea alla New York University’s Tisch School of the Arts con una tesi sull’importanza dei video musicali, è proprio con gli audiovisivi legati al mondo della musica che comincia la sua attività. Dopo alcuni video minori inizia quello che può definirsi un sodalizio osmotico con Beyoncé: in occasione del lancio del suo secondo album solista, B’Day, Matsoukas cura la regia dei video che accompagnano l’uscita dei quattro singoli e che contribuiscono in misura determinante a fare dell’ex-cantante delle Destiny’s Child la regina del pop mondiale. Melina Matsoukas contribuisce a politicizzare definitivamente la carriera di Beyoncé portandola alla vertigine di Formation, il video del 2016 in cui la performer, in un’immagine di devastante iconicità, galleggiava sopra una macchina della polizia di New Orleans devastata dall’uragano Katrina.

Ultima esponente della cosiddetta generazione MTV (è stata tra l’altro la prima regista donna solista a ricevere un premio MTV nella categoria Miglior video) che va dai primi David Fincher e Spike Jonze fino ai più recenti Marc Webb e Floria Sigismondi, la regista firma i videoclip più importanti degli anni 10 caratterizzandoli con un’impronta estetica ben definita ed attenta alla narrazione più che al marchio estetico: Jay Z, Lady Gaga, Snoop Dogg, Solange, Pharrell, Ludacris, Snoop Dog, Kylie Minouge, Lily Allen alcuni degli artisti da lei diretti. In questi anni comincia anche una proficua carriera nel mondo pubblicitario con aziende come Adidas, Stella McCartney, Coca-Cola, Nike arrivando anche a guidare la campagna Equality, lanciata in tandem con il Black History Month e con il cestista Lebron James. Ma probabilmente l’altra collaborazione più riuscita in ambito musicale è quella con Rihanna per il pluripremiato video di We found love, vera summa del suo immaginario.

Il racconto della storia d’amore finzionale tra la cantante e il pugile-modello Dudley O’Shaughnessy è ammantato di un romanticismo maledetto che pur prendendo spunto dai cliché dell’amor fou – droghe ed alcool – riesce a far breccia anche nei cuori più induriti grazie ad una regia che alterna intensi primi piani a piccoli momenti d’intimità irresistibilmente empatici. Come dichiarò lei stessa in un’intervista: “In fondo sono cresciuta non vedendo mai davvero due persone dalla pelle scura innamorarsi sullo schermo“.
Cercando proprio di colmare una delle più grosse lacune del cinema hollywoodiano e provando ad intercettare allo stesso tempo l’urgenza politica/sociale del Black Lives Matter, Melina Matsoukas nel 2019 esordisce al cinema con Queen & Slim, scritto dall’amica e sodale Lena Waithe, e con Jodie Turner-Smith e Daniel Kaluuya nei panni dei due protagonisti. Pur se appesantito dalla bulimia della debuttante di talento, il film riesce a farsi sintomatico del clima dell’epoca. La fuga dei due amanti afroamericani dopo l’improvvido omicidio di un agente di polizia ribalta le scorie del presente in un sensuale on the road che sceglie un preciso campo ideologico per cui parteggiare ma senza farsene condizionare. Ecco allora che ad accompagnare il viaggio della coppia una colonna sonora ricchissima che non s’accontenta di omaggiare solo i grandi classici della musica nera con un frego ma dialoga soprattutto con quelli contemporanei: “Volevo presentare la nuova generazione di artisti ai musicisti afroamericani più anziani”, – ha confessato infatti Matsoukas alla rivista Time, – “Per onorare l’eredità della musica nera e la diversità al suo interno e per mostrare le nostre radici, dal blues alla musica soul“. Interessanti a questo proposito i due prossimi progetti della regista, da lei stessa definiti “arte di protesta”: – “Un film su Fela Kuti, il re dell’Afrobeat, e una serie per Netflix tratta da Breve storia di sette omicidi, il romanzo di Marlon James. Usciranno l’anno prossimo, incrocio le dita“.

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