"Men in black III", di Barry Sonnenfeld


Un film il cui cuore coincide con un salto nel vuoto da un grattacielo: il passato sta scorrendo parallelamente al presente, il passato che ricordi non esiste, il passato può essere cambiato. Un ricordo mancato, un ricordo tecnicamente cancellato, giace sotto la coscienza e spinge l'agente J ad agire. Proprio come i voli dell'Uomo ragno tra i grattacieli notturni, un salto che lascia senza respiro. Proprio come nei film di Spielberg, i simboli giusti al posto giusto – visibili, ma non troppo

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 E' facile far partorire comicità alla fisica quantistica? Forse sì, forse l'improvvisazione aiuta, ma il gioco è più sofisticato di quanto sembra. La corte di alieni generata a partire dai solidi confini visuali dell'immaginario condiviso tra oriente e occidente è ancora, in fondo, uno dei poli di attrazione di questa saga in cui le teorie cospirazioniste vedono, letteralmente, sbattuta in faccia a milioni di spettatori la "verità". Ma Men in black III ha ben altri assi da calare, finendo per far assumere agli effetti speciali quasi un ruolo di fondale scenografico. Forse una parte importante va alla squadra degli sceneggiatori, dotati di un background difficile da immaginare più perfetto: tra loro spiccano Etan Cohen, sceneggiatore tra l'altro di Tropic Thunder, Madascar 2, American Dad; e David Koepp (Jurassic Park, Mission: impossible, Spider-man, La guerra dei mondi, Indiana Jones e il regno del teschio di cristallo). Alla luce della scrittura, appaiono i segreti del successo del terzo capitolo. Un film il cui cuore coincide con un salto nel vuoto da un grattacielo, nello spazio e nel tempo: il passato sta scorrendo parallelamente al presente, il passato che ricordi (che credi di ricordare) non esiste, il passato può essere cambiato. Nel bene e nel male. La frattura temporale, o disallineamento che dir si voglia, è annunciata da una improvvisa – comica quanto ordinaria – dipendenza dal latte al cioccolato (che da vita a una delle scene più divertenti del film). Un ricordo mancato, un ricordo tecnicamente cancellato, giace sotto la coscienza e spinge l'agente J ad agire. Proprio come i voli dell'Uomo ragno tra i grattacieli notturni, un salto che lascia senza respiro. Proprio come nei film di Spielberg, i simboli giusti al posto giusto – visibili, ma non troppo. Evidenti, ma virati dall'umorismo. Ecco allora che questo salto tragico di J/Will Smith, che dovrebbe riportarci alla New York di ormai undici anni fa, attraversa mondi preistorici che si fanno e si disfanno in diagonale, e passati più recenti (forse più presenti che recenti) che affiancano alla caduta libera e volontaria del protagonista quelle degli impiegati in completo grigio di fine anni Venti.

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Cambiare il passato per cambiare il presente (in questo Men in Black III, fuori di nostalgia, sembra quasi un coscienzioso omaggio a Ritorno al futuro), percorrere le stringhe invisibili che collegano i punti dello spazio e del tempo, come fa di continuo Griffin (Michael Stuhlbarg), l'alieno aiutante hippie grunge capace di leggere tutti i futuri possibili, le combinazioni di particolari, gli scarti di secondi, gli scarti di centimetri così insignificanti per l'uomo occidentale, che danno vita a destinazioni differenti. Men in Black III può permettersi, a questo punto, anche di giocare con i più evidenti punti d'orgoglio: così non è un caso che l'agente J torni proprio al 1969, con il tanto dibattuto allunaggio che diventa l'attrattore narrativo attorno al quale convergono le traiettorie di protagonisti e antagonisti. Boris l'animale, contro il quale devono vedersela gli agenti J e K/Tommy Lee Jones/Josh Brolin, ha già dichiaratamente fatto sua la diversità a inizio pellicola: un alieno nell'alieno lo compenetra, diventa la sua arma ("tu sei parte di me"). Ma questo è ancora troppo. Boris l'antagonista è destinato alla negazione. Il resto di questo film che trascina via lo spettatore in una integrazione, questa sì inafferrabile e innegabile, di coordinate spaziali e temporali, lo fa l'azzeccato bilanciamento dei personaggi: di Will Smith nei suoi sgargianti abiti verbali sono le battute e le gag migliori, compensate dall'incazzata ed ermetica rassegnazione di Tommy Lee Jones. 
 

Titolo originale: id.
Regia: Barry Sonnenfeld
Interpreti: Will Smith, Tommy Lee Jones, Josh Brolin, Emma Thompson, Alice Eve, Jemaine Clement, Michael Stuhlbarg
Origine: Usa, 2012
Distribuzione: Warner
Durata: 105'

 

 

 

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