"Meno male che ci sei", di Luis Prieto

meno male che ci sei

Un inizio folgorante, degno del miglior Kasdan, con la svolta che arriva puntuale come il destino, prima del limite (fatale) dei dieci minuti. Ma, presto, tutto sbanda. Quello che poteva essere un cammino doloroso nel mistero della morte e della perdita scivola nel solco di un cinema adolescenziale fatto da quarantenni che si tengono a distanza di sicurezza

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In equilibrio sull’orlo dell’abisso.
Allegra (Chiara Martegiani) è una diciassettenne come tante, tra insicurezze, primi amori, malumori da figlia inappagata, piccole esaltazioni. La sua vita, comunque, sembra procedere normalmente, finché non viene sconvolta dalla tragedia. I genitori, durante un viaggio in Kenya, muoiono in un incidente aereo. Rimasta sola con i nonni, Allegra scopre per caso che il padre aveva un amante, Luisa (Claudia Gerini). Si mette alla ricerca della donna e, per un po’, si stabilisce da lei. I mesi passano, gli amori sbocciano e i legami crescono. Ma anche le paure e le inquietudini. Una ragazza e una single non più giovanissima. Due donne, due solitudini che si scoprono e si comprendono in nome del dolore e dell’amore.
Tratto dall’omonimo romanzo di Maria Daniela Raineri (classe 1968), sceneggiato dalla stessa autrice con la collaborazione di Federica Pontremoli, Meno male che ci sei insegue il sogno di un’autarchia femminile. Una famiglia in rosa che si rifugia nella perfezione apparente di una felicità impermeabile, ma che in segreto attende ancora il ‘maschio’ che renda compiuta la liberazione. Come dimostra il finale in cui Allegra e Luisa si ritrovano a cantare, tra le lacrime, la canzone preferita dell’uomo che, in un modo o nell’altro, ha segnato le loro vite. La soluzione non chiude, ma rimanda. E, contro ogni volontà, appare come il presagio di un’altra sventura, di un’altra infelicità (in)compiuta. E’ l’inevitabile punto di arrivo di un giro a vuoto. Nonostante un inizio folgorante, degno del miglior Kasdan, con la svolta che arriva puntuale come il destino, prima del limite (fatale) dei dieci minuti. Come da manuale. Ma, presto, tutto sbanda. Quello che poteva essere un cammino doloroso nel mistero della morte e della perdita scivola nel solco di un cinema adolescenziale fatto da quarantenni che si tengono a distanza di sicurezza. Ecco, Meno male che ci sei assomiglia a quei viaggi organizzati, che sfiorano i luoghi senza mai addentrarsi nella loro meraviglia. E Luis Prieto, già abituato alle sottili profondità ‘mocciane’ (Ho voglia di te), si adegua al ruolo di guida esperta. Nasconde il disagio anche nei momenti più insopportabili, gioca di mestiere, si lascia ispirare da una visione (le gazzelle lanciate in corsa nella savana), dagli attori (ottimi), ma non vuole affondare il colpo. Non ne ha bisogno, in fondo. Non c’è bisogno del cinema o di un immaginario per guardare una realtà che si esibisce senza più alcun pudore e non sfiora mai la verità. A meno che non si voglia squarciare il velo e affrontare direttamente la vertigine del vuoto. Come nella sequenza, davvero fantastica, della festa di fine anno. Incubo che corre fino al termine del notte.
 
Regia: Luis Prieto
Interpreti: Chiara Martegiani, Claudia Gerini, Alessandro Sperduti, Guido Caprino, Marco Giallini, Stefania Sandrelli
Distribuzione: Universal Pictures
Durata: 106’
Origine: Italia, 2009      
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