Meta a giudizio: accordo sleale con Netflix?

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Una class action con prove a carico, ha avviato un procedimento legale contro i CEO di Meta e Netflix. In ballo dati sensibili, ambigue strategie commerciali e il peso delle piattaforme streaming

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Perché in un tribunale dell’Illinois, Netflix e Meta sono stati citati in giudizio? Perché la sparizione di Facebook Watch non sembra aver generato alcuna sorpresa nei suoi spettatori, abbonati e semplici osservatori delle piattaforme web? Come dichiarato in queste ore da The Wrap, ciò che è certo, almeno per il momento, è che Netflix e Meta, rispettando le presunte e ambigue strategie di un accordo anticoncorrenziale hanno ostacolato sempre più la piattaforma streaming vincolata a Facebook.


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Conseguenze piuttosto fragili si direbbe, se non addirittura inesistenti, considerando la presenza in qualche modo fantasmatica di Watch, dalla nascita fino ad oggi. Lo sappiamo bene, ricordiamo infatti il carattere evanescente di questa divisione streaming di Facebook, da sempre messa all’angolo dai contendenti maggiormente conosciuti e di peso sullo scenario streaming internazionale, Netflix e Prime Video tra tutti.

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Come sottolineato da AV Club, le ragioni sarebbero da attribuire principalmente ad una compravendita di dati sensibili, avvenuta nell’ombra tra il CEO di Netflix Reed Hastings (precedentemente membro del CDA  di Meta) e quello di Facebook Mark Zuckerberg. Principalmente, poiché sembrerebbe esserci in gioco molto più di questo: accordi dietro le quinte, quote di mercato streaming elusivamente cedute a Netflix in cambio di dati e centinaia di milioni di dollari derivati dagli annunci mirati di Meta, tutt’oggi irrintracciabili.

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Concorrenza sleale. Che fine ha fatto Facebook Watch?

Al di là delle ipotesi, se confermato, il carattere illecito di tale compravendita di dati, rappresenterebbe una violazione diretta della sezione uno dello Sherman Act. Principalmente in termini di interpretazione personale e per questo errata di logiche e dinamiche Antitrust, perfettamente chiare e prestabilite. Cosa terrebbe in vita questo accordo anticoncorrenziale tra Hastings e Zuckerberg?

Il più totale e armonioso lasciapassare da parte di quest’ultimo, rispetto al graduale e costante aumento dei prezzi richiesto da Hastings, per il mantenimento dell’iscrizione a Netflix. O almeno, questo rivela Deadline secondo cui: “Alla fine hanno portato a una cospirazione contro il pubblico quando Zuckerberg e Hastings hanno assegnato i mercati concordando che Facebook avrebbe ceduto il mercato dello streaming video a Netflix ostacolando la piattaforma Watch. In cambio, Netflix continuerebbe a incanalare i dati dei suoi clienti e la spesa pubblicitaria su Facebook (che ha utilizzato i dati di Netflix per potenziare ulteriormente i suoi redditizi algoritmi di pubblicità mirata)“. Questioni commerciali improvvisamente emerse dall’oscurità, la cui effettiva esistenza però, sarebbe stata negata con forza dalle parti coinvolte. Laddove Meta, infatti, lamenta la più totale mancanza di prove, definendo come infondata ogni accusa mossa dalla class action avanzata nello stato dell’Illinois, Hastings invece mantiene il silenzio. Dov’è la verità? È presto per saperlo.

Curioso, però, il fatto che la bolla sia scoppiata esattamente alle prime battute del secondo mandato Trump. Ci troviamo di fronte a una nuova era non perfettamente leggibile in termini di accordi e strategie commerciali, animate da favoritismi e illeciti di natura amicale/industriale? Non è certo. Il ruolo di primo piano offerto da Donald Trump al miliardario Elon Musk, sembrerebbe però avanzare conferme in tal senso. Non resta che attendere. Questi sono soltanto gli inizi. D’altronde, come dichiarato dal New York Times: “Non commetteranno più lo stesso errore. Alcuni leader tecnologici, in caso di vittoria, hanno iniziato ad accattivarsi il favore di Trump ancor prima delle elezioni, tra cui Mark Zuckerberg, l’amministratore delegato di Meta, che in passato aveva perfino minacciato il tycoon di condurlo in prigione“.

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