#MFF24 – Technoboss di João Nicolau, e The Beach Bum di Harmony Korine

Al Milano Film Festival l’ultimo film del portoghese João Nicolau, in pellicola super 16mm, montato da Alessandro Comodin. Torniamo anche sull’apertura, lo stoner movie con McConaughey e Efron

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Nella sezione The Outsiders (fuori concorso) vediamo l’ultimo film del portoghese João Nicolau, già al MFF con il corto Rapace. Technoboss, presentato a Locarno, è girato in pellicola super 16mm, e i suoi film sono montati con il pordenonese Alessandro Comodin, cui ricambia il favore per I tempi felici verranno presto e L’estate di Giacomo.
È Miguel Lobo Antunes, sorprendente alla sua prima esperienza davanti alla macchina da presa (di professione operatore culturale attivo a Lisbona), ad interpretare Luìs, un uomo prossimo alla pensione, momento che come sappiamo può essere traumatico. Pur lavorando da sempre con i sistemi di sicurezza, il rapporto di Luìs con la tecnologia è destinato a non risolversi mai. C’è sempre qualche guaio da sistemare, qualche allarme che lo imprigiona, un po’ come l’auto con cui macina chilometri per raggiungere hotel, supermercati o residenze per anziani dove c’è bisogno di lui. Ma questo non lo spaventa affatto, e se lì monta telecamere di sorveglianza è proprio quando invece non è sorvegliato che si libera completamente, canticchiando canzoncine inventate che rivelano molto di lui (cui fa eccezione una versione karaoke del tormentone Asereje delle Las Ketchup).
Con ironia ogni giornata stramba si porta a casa (dove lo aspetta il gatto Napoleone, fino a quando purtroppo lo lascerà) come le altre. Tutto si supera, pure la routine. Basta voler reagire alla noia, smettere di essere ordinari. Qualche gag è particolarmente surreale, nonsense, ma è anche tenero, in particolare con il nipotino e con la donna che di cui si innamora.
Con Technoboss Nicolau e la co-sceneggiatrice Mariana Ricardo ci stanno dicendo che si può giocare con i generi, ma anche che un film si può tranquillamente reggere su una persona comune e non più giovane (Luìs ha settant’anni) e ai margini, non sempre performante ma anzi pasticciona e goffa, se solo ci prendiamo la briga di spostare il focus su di lei. In fondo le canzoncine del protagonista sono un piccolo atto di resistenza, un affermare “Mi piaccio come sono” e la vitalità di Technoboss, del film come del suo anti-eroe che si è dato questo nome, è contagiosa. Perché a volte è solo con la fantasia che si può affrontare la realtà. E non stupiamoci se nei giorni successivi la proiezione canticchieremo ancora pure noi.

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L’apertura del MFF è l’anteprima italiana del nuovo film del californiano Harmory Korine, regista, pittore e sceneggiatore (Kids e Ken Park di Larry Clark), creativo per Gucci, insomma un’icona della scena indie, già ospite del MFF nelle passate edizioni. The Beach Bum, co-prodotto da VICE, rende omaggio alle stoner comedy (ne sono un esempio Il Grande Lebowski e serie come Weeds o That 70’s Show, ed esistono persino gli Stony Awards) e come dice il co-direttore del festival Alessandro Beretta «è un film in botta» che non è stato facile reperire. Sono ancora droghe, alcool, sesso e colori i protagonisti del film di cui è protagonista Matthew McConaughey nel ruolo di Moondog, un poeta di culto che si compiace delle proprie stravaganze, che ricorda Bukowski e che tutti amano così come si mostra: un affabile perdigiorno che può fare la vita che fa grazie ai soldi della moglie.
The Beach Bum vuole essere un film stiloso e divertente, ma non lo è in maniera memorabile. Per una decina di minuti può anche piacere vedere Moondog strafatto con i suoi amici (tra cui Snoop Dogg, ovviamente Stoner of the year più di una volta, sempre uguale a sé stesso), ad una certa però la combo stufa, come il messaggio “Anche i disagiati possono essere geniali” che vale per Moondog, eccentrico edonista ma non anarchico perché i soldi gli fanno comodo, come per altri personaggi di Korine. Apprendiamo inoltre che almeno una trentina di sale negli Stati Uniti hanno accolto l’idea di presentare il film in odorama (qualcuno poi dovrà spiegarci che piacere si provi nel poter sentire della cannabis solo il profumo). E tocca dirlo: il migliore in questo film è Zac Efron. Insomma: tutto qui? Dall’uomo che a 19 anni scrisse Kids ci si aspetterebbe qualcosa di più, quantomeno di diverso. Se Korine è stato un enfant prodige e un innovatore – si è pure affidato al crowdfunding quando ancora non si chiamava così – capace di spiazzarci, questa volta non è così.

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