Mi chiamo Francesco Totti, di Alex Infascelli

Un documentario che se racconta il progressivo incedere di Totti verso l’epica della sua immagine, allo stesso tempo ne rivela la sua stessa dipendenza. Dal #RomaFF15.

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Mi chiamo Francesco Totti. Un’affermazione di sé. La creazione e narrazione di un’identità fino a farla diventare immagine. Icona. Il documentario su Francesco Totti di Alex Infascelli è Francesco Totti. E non solo perché è la voce fuori campo dell’ex calciatore della Roma a scandire il racconto, né perché la fonte è lo stesso libro che il campione ha scritto insieme al giornalista Paolo Condò uscito un paio d’anni fa nelle librerie. Il film di Infascelli è un film “tottiano” proprio in quanto tutto di primo grado, senza deviazioni, ambiguità, senza dribbling di troppo, sembra quasi inconsciamente replicarne la visione di gioco essenziale e la “narrazione” mediatica. Non c’è una visione esterna, “critica” alla materia narrata, né un commento tecnico-tattico alle sue giocate. Tutto è dentro i ricordi, le fotografie, le bulimiche immagini di repertorio di gol, assist, festeggiamenti, allenamenti, dietro le quinte. E allo stesso tempo tutto è prestabilito, il documentario come la carriera del capitano della Roma: “Io al destino ci credo, però il destino lo riconosci solo dopo!”

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I 25 anni di carriera da professionista vengono raccontati rispettando puntualmente le tappe principali: gli esordi scintillanti, il rapporto conflittuale con l’allenatore argentino Carlos Bianchi, la vittoria dello scudetto nel 2001, il grave infortunio e poi il recupero e la vittoria dell’Italia ai mondiali nel 2006. C’è ovviamente il complesso rapporto con l’amico/nemico Luciano Spalletti (ghigno e intelligenza da villain in un film di supereroi, tipo Lex Lutor o Loki). L’amicizia simbiotica con Cassano e il matrimonio con Ilary Blasi.

Le immagini delle giocate e la ricezione del pubblico “creano” Totti. Non a caso – intelligentemente – il documentario di Infascelli utilizza  molto girato amatoriale del “giovane” Totti ai tempi della Lodigiani e della Roma primavera durante gli Anni ’80 e primi ’90, quasi a suggerirne una precoce mediatizzazione, un’indiscernibile legame tra il campione e la sua riproducibilità tecnica. E il rapporto del romanista con gli schermi è interessante anche nel privato: vede Ilary in televisione e decide che diventerà la donna della sua vita. All’inizio, quindi, Totti si innamora di un’immagine. A ogni modo il numero 10 dialoga con queste immagini. Le usa per rinverdire i ricordi, far notare dettagli, rimontare il film della sua vita.  E allora è un film che se racconta il progressivo incedere del protagonista verso l’epica della sua immagine, allo stesso tempo rivela la dipendenza che ogni immagine suscita in chi la fruisce e in chi la crea. Alla fine tutti soffrono di astinenza da Totti: i tifosi della Roma, gli allenatori che si susseguono, i compagni di squadra, gli amici, i familiari e… Totti stesso, che in un finale allo stesso tempo divertito e crudele non può far altro che pregare il regista, lo spettatore e se stesso di rimandare indietro il nastro e ricominciare da capo.

 

Regia: Alex Infascelli
Interpreti: Francesco Totti
Distribuzione: Vision Distribution
Durata: 106′
Origine: Italia, 2020

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3.5

Il voto al film è a cura di Simone Emiliani

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Il voto dei lettori
4 (5 voti)
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