"Mia moglie è un'attrice", di Yvan Attal

Tra una risata e l'altra il film ispira – anzi, insinua – una connessione metaforica che sta in effetti sotto gli occhi di tutti, e che consiste nel parallelo tra “recitazione sul set” e “recitazione nella vita”: un nesso suggerito dal triplo punto di vista del regista.

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Quando il cinema mette in scena sé stesso, sta sempre codificando una metafora della realtà. Una realtà scomoda, di solito. E' dagli inizi – forse anche da prima de La palla numero tredici – che quando è necessario rappresentare circostanze difficili, il cinema si mette davanti allo specchio a provarsi vezzosamente i panni della vita vera; a volte, grazie a questa pagliacciata, evita con un agile e divertito saltello i drammi esistenzialisti delle opere che affrontano, seriosamente e noiosamente, le medesime circostanze. In Mia moglie è un'attrice Yvan Attal, che del film è regista, sceneggiatore, protagonista maschile, impersona un giornalista attanagliato dal dubbio che sua moglie (interpretata da Charlotte Gainsbourg, cioè la sua vera compagna) non finga poi tanto, quando si trova costretta a recitare scene d'amore; innamorato com'è, quest'orrendo tarlo lo spinge ad infilarsi in tante situazioni che sfociano in gag. Durante il percorso, il regista/attore è difeso dall'egida eretta a sua salvaguardia dalla tradizione della commedia francese (e non solo), mentre auspice della cerimonia è nientemeno che Woody Allen (cfr. i comici battibecchi tra la sorella del protagonista, di religione ebraica, e suo marito ateo; ma anche le interviste rilasciate dallo stesso Attal).
In effetti però, dando una spintarella al paravento, sorprendiamo quella realtà nuda e scomoda di cui si parlava all'inizio. Il pretesto narrativo scelto da Attal suggerisce una connessione metaforica che sta in effetti sotto gli occhi di tutti, e che consiste nel parallelo tra "recitazione sul set" e "recitazione nella vita": un nesso che il film ispira – anzi, insinua – tra una risata e l'altra. Siamo proprio sicuri, sembra dire Attal, che i "falsi" siano quelli che recitano per mestiere, e non piuttosto gli uno nessuno centomila che quotidianamente indossano panni più o meno ipocriti suggeritigli dal loro ruolo nella vita reale? Il regista vuole scoprirlo; pare armarsi di coltelli e scagliarsi dal set verso lo schermo, nel tentativo di strapparlo e vedere se la vita reale sia davvero meno ingannevole di quella polimorfa, scostante, artificiosa, vissuta nel dorato mondo del cinema. Nulla potrebbe senza l'esperienza di sua moglie, la sua musa, la Charlotte for ever che fin da ragazzina si è confrontata con ruoli nei quali reale e immaginario combattevano tra loro, o nei quali più anime amoureuses coesistevano in un solo corpo, lottando aspramente l'una contro l'altra per avere il sopravvento: la sua nonchalance lo ammonisce a non prendersela troppo, perché, alla fine, la natura la spunta su tutto, costringendo i doppi a riunirsi e gli indecisi a scacciare le incertezze. O a convivere con esse.

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Titolo originale: Ma femme est une actrice
Regia: Yvan Attal
Sceneggiatura: Yvan Attal
Fotografia: Rémy Chevrin
Montaggio: Jennifer Augé
Musica: Brad Mehldau
Scenografia: Katia Wysykop
Costumi: Jacqueline Bouchard
Interpreti: Charlotte Gainsbourg (Charlotte), Yvan Attal (Yvan), Terence Stamp (John), Noémie Lvovsky (Nathalie), Laurent Bateau (Vincent), Keith Allen (David, il regista), Jo McInnes (assistente di David), Ludivine Sagnier (Geraldine), Lionel Abelanski (padre di Ivan), Marie Denarnaud (Colette)
Produzione: Claude Berri per Renn Productions/CNC/Katharina/Canal+/TF1 Films Productions
Distribuzione: Lucky Red
Durata: 95'
Origine: Francia, 2001


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