Michelle Yeoh. Storia di una diva action

Dai primi incontri con Jackie Chan e Sammo Hung all’approdo ad Hollywood con Bond, ripercorriamo la carriera della più grande diva del cinema action.

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Attrice, ballerina, nuotatrice, modella, artista marziale. Qualsiasi tentativo di sintetizzare i mille (e più) volti di Michelle Yeoh con una sola definizione, andrebbe in contro ad un misero fallimento. Come molti degli interpreti che l’industria cinematografica hongkonghese ha prodotto negli anni ’80, lanciandoli prima nello stardom continentale e successivamente in quello internazionale, l’attrice malesiana ha costruito la propria immagine divistica a partire da una espressività polivalente, dove la “mera” capacità istrionica fa da sfondo ad una polivalenza espressiva spiazzante.

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È proprio nell’incontro con uno degli artisti più poliedrici e universali del cinema novecentesco, cioè Jackie Chan, che possiamo individuare il punto d’inizio della lunga e stratificata carriera di Michelle Yeoh. Un incontro fulminante, non solo per i modi e i tempi in cui è avvenuto – si trattava di uno spot pubblicitario girato ad Hong Kong nel 1984, quando la parabola dell’attore era sul punto di esplodere a livello internazionale – ma anche per la nascita di una relazione professionale, che avrebbe cambiato per sempre il modo di intendere (e girare) il cinema d’azione. Il suo nome inizia perciò a circolare negli ambienti che contano. Nessuno vuole farsi scappare la sensazione del momento, i grandi produttori come i filmmaker più affermati. Al punto che nel biennio 1984-1985 esordirà al cinema, non a caso, sotto la guida esperta del leggendario Sammo Hung, amico e collega di lunga data di Jackie Chan, con cui si era formato negli ambienti dell’Opera di Pechino. La strada per il successo era così tracciata. E con Yes Madam! di Corey Yuen – altro grande regista/stuntman della D&B Films – arriva il ruolo che ne avrebbe codificato l’immagine, in direzione di quell’eroismo (stra)ordinario che avrebbe determinato il carattere iconografico di tutti i suoi personaggi/icone-action.

La prima battuta d’arresto – se così la si può definire – nella sua carriera l’abbiamo nel 1988. Dopo una serie di successi, tra cui quello di Bambole e botte di Sammo Hung (1985) e Magnificent Warriors di David Chung (1987), nel 1988 Michelle Yeoh decide di prendersi una pausa. Sposa il potente produttore della D&B Films Dickson Pool, e si ritira momentaneamente dalle scene. Dopo il divorzio nel 1992 ritorna finalmente sul grande schermo, dando vita al periodo più intenso e proficuo della sua parabola attoriale. Nonostante la mancanza di un addestramento formale nelle arti marziali, è in questa fase che Michelle Yeoh direziona la propria carriera verso gli orizzonti dell’action più puro, a partire dal film che ne ha cementato la figura nell’immaginario mondiale: ovvero Police Story 3: Supercop di Stanley Tong. L’incontro con Jackie Chan, a distanza di 8 anni dal famoso spot pubblicitario, segna ancora una volta per Yeoh l’inizio di una nuova traiettoria artistica, che da quel momento la porterà ad interfacciarsi con le realtà industriali più diverse. E in questo senso Supercop avrà un ruolo nevralgico nella codificazione dei suoi tratti divistici. Oltre a rappresentare l’inizio di una lunga relazione professionale tra le due star, consegnerà al mondo l’immagine probabilmente più esplicativa del carisma scenico dell’attrice: Michelle Yeoh in sella ad una motocicletta su un treno in corsa, mentre salta imperterrita tra un vagone e l’altro. Una scena talmente pericolosa e folle da intimorire lo stesso Jackie Chan, e che Yeoh ripete per ben due volte, senza servirsi di controfigure né di aiuti esterni. Tutto per amore dello spettacolo. Lo stesso Tarantino rimarrà stregato da quella acrobazia a un punto tale da arrivare a definirla “lo stunt più incredibile che sia stato mai realizzato nella storia del cinema”.

Dopo le straordinarie incursioni in wuxia (pellicole “cappa e spada” a tinte fantastiche) come The Heroic Trio di Johnnie To (1993) e Wing Chun (1994) del celebre stunt coordinator Yuen Woo-ping – che lanciò nel 1978 Jackie Chan con Il serpente all’ombra dell’aquila e Drunken Master – Michelle Yeoh è finalmente pronta per il grande salto ad Hollywood. La prima occasione le si presenta con Il domani non muore mai (1997), dove affianca Pierce Brosnan nei panni della prima Bond Girl asiatica della storia del franchise. Ma il ruolo che davvero le consente di brillare nel panorama hollywodiano comporta per lei un paradossale ritorno alle radici. La tigre e il dragone, altro wuxia uscito nelle sale di tutto il mondo nel 2000, rappresenterà per Michelle Yeoh, e per il suo regista Ang Lee, il successo più grande e inaspettato delle loro rispettive carriere. A quel punto la sua immagine di icona-action ha finalmente preso corpo, anche agli occhi delle audience internazionali. Yeoh non ha più bisogno di guardare al passato, e inizia ad accettare ruoli dalla natura propriamente diversa. Per Rob Marshall presta il volto ad una geisha (nonostante non parlasse giapponese) e prende parte ad alcuni blockbuster di successo come La mummia – La tomba dell’imperatore dragone e La congiura della pietra nera di John Woo. Successivamente entra nell’universo Marvel con ruoli secondari in Guardiani della Galassia Vol. 2 e Shang-chi e la leggenda dei Dieci Anelli, per arrivare a rilanciare il suo protagonismo divistico con il nuovo Everything Everywhere All At Once. Non a caso, un film nato, concepito e strutturato unicamente sulla corporeità iconica dell’attrice. E che probabilmente ne rinegozierà l’immagine per le decadi a venire.

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