MILANO 22 – “El salvavidas”, di Maite Alberdi (Concorso Documentari)


La stranezza di El salvavidas risiede nella sua ibrida natura a cavallo tra fiction e documentario, tra natura antinarrativa e caratteristiche, invece, fortemente caratterizzate da una struttura precisa che si attiva attorno al racconto di avvenimenti. La cilena Maite Alberdi lavora con attenzione su questi elementi conferendo singolare efficacia ai suoi personaggi, sviluppando un film che riflette sul senso di responsabilità.

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El salvavidasTalvolta, come accade nella vita, i festival del cinema sono attraversati da strani oggetti non identificati che a visione ultimata lasciano la domanda del cos’era? È il caso della produzione cilena El salvavidas diretta dalla cilena Maite Alberti, già regista di altri due documentari e qui alle prese con le vicende del bagnino Mauricio, il salvavidas appunto, un po’ filosofo, ossessionato dalle regole, che prende sul serio la sua attività, ma più che altro nelle sue direttrici teoriche confidando molto sulla funzione sociale. Elargisce i suoi insegnamenti ad un ragazzino che muore dalla voglia di fare questo mestiere e indispettisce il suo collega che supplisce alle sue carenze quando il dovere chiama. La stranezza dell’oggetto dipende dal naturale incrocio di forme espressive che lo caratterizza. La natura documentaristica del film non può essere sufficiente a definirlo, poiché la struttura narrativa, diremmo influenzata dalla componente della suspance in molti momenti del suo sviluppo e una composizione a mosaico di microstorie che rievocano i tanti film nei quali la spiaggia è teatro di vita e d’amore, impedisce di definirlo tout court un documentario del quale però conserva, l’aplomb antinarrativo e le migliori caratteristiche non banalmente descrittive. Tanto per fare un esempio nel film, il mare che costituisce il banco di prova e il campo d’azione dei protagonisti, quasi non c’è, solo nel finale la macchina da presa ne coglie la furia, con una operazione di esclusione che permette all’autrice di non perdere mai di vista l’oggetto del proprio interesse.

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Maite Alberdi lavora con attenzione su questi elementi conferendo singolare efficacia ai suoi personaggi che, secondoEl salvavidas l’assunto iniziale, non sfigurerebbero in un film di fiction e costituiscono qui un valore aggiunto, un originale modo di costruire un prodotto filmico ibrido, ma interessante, avvincente e convincente.

È Mauricio il protagonista del film e la sua ossessione per il rispetto delle regole che supplisce alla sua paura dell’acqua. Ci sono due tipi di bagnini è detto nel film dal collega del protagonista, quelli che lavorano con il fischietto e quelli che si tuffano. Mauricio appartiene alla prima categoria. Il film così si trasforma dalla narrazione di una domenica al mare in compagnia di un paio di bagnini così differenti, in un riflessione originale sul senso di responsabilità e in questa prospettiva la parola spagnola che da il titolo al film diventa emblematica dell’operazione della regista cilena. Salvavita ha un senso preciso, quasi come un meccanismo automatico che scatta in caso di pericolo. Ma Mauricio non è, purtroppo un salvavita e uno dei due bagnanti spintosi troppo al largo con il mare troppo forte si sarebbe forse salvato con il suo intervento. La sua missione è fallita, il dispositivo non si è attivato e il teorico puntiglioso rispetto delle regole non è stato sufficiente a salvare le vite umane. Per fare quello serve altro, serve che dalla teoria si passi alla pratica, dalle parole, con senso di responsabilità, ai fatti.

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