Milano 23 – Festival del cinema Africano, d’Asia e America Latina

Beautés cachées

Il Festival scommette su un’idea di rete culturale da svilupparsi nella metropoli con altre realtà organizzative. Il palinsesto anche quest’anno lavora, in parallelo, tra la consolidata tradizione e la necessità di rinnovamento. Milano, ancora una volta ci incuriosisce, ci lega ad un cinema sempre più invisibile. Dal 4 al 10 maggio

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afficheGiunto alla sua 23esima edizione il Festival di Milano, sempre affidato alle (amorevoli) cure di Annamaria Gallone e Alessandra Speciale, scommette su un’idea di rete culturale da svilupparsi nella metropoli e di concerto con altre realtà (Festival MIX Milano, Filmmaker, Invideo, Milano Film Festival, Sguardi Altrove Film Festival, Sport Movies & Tv Fest) per costituire il Milano Film Network (MFN).

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Lo scopo dell’iniziativa, dentro una crisi economica che in Italia punisce, con particolare privilegio, le produzioni culturali, è quello di lavorare dentro una rete che abbia come obiettivo primario l’ottimizzazione dei costi, una proposta culturale variegata e lo svolgimento di un ruolo di coordinamento dell’offerta culturale sempre nell’ottica del cinema indipendente. Il pregio dell’iniziativa, infatti, è quella, per ciascuna realtà, di volere restare fedeli alla propria fisionomia culturale, con lo scopo di valorizzare il cinema indipendente. Quindi non un altro festival in cui si srotola il red carpet (nella scorsa edizione il progetto era esplicitato e messo nero su bianco), ma un festival – tanti festival – che cammina(no) guardando al presente e al futuro.

Sono circa 90 i titoli che si susseguiranno sugli schermi del Festival che apre le sue proiezioni con un fuori concorso argentino, Infancia Clandestina di Benjamin Avila già nella selezione della Quinzaine des Réalisateurs di Cannes 2012, annunciato in uscita nelle sale italiane nelle prossime settimane.

Nel rispetto della ultraventennale tradizione la sezione che accoglie le migliori produzioni per il concorso è Finestre sul mondo che quest’anno tra le altre visioni, offre quella di With you, without you del cingalese Prasanna Vithanage ispirato da La mite di Dostoevskij. Se il film cingalese costituisce un’attesa, non meno importanti sono gli altri titoli della sezione. L’uruguaiano 7 cajas di Juan Carlos Maneglia e Tania Schembori, gioca sul mito hollywoodiano, Le Djassa a pris feu di Lonesome Solo della Costa d’Avorio, racconto di una necessaria conversione alla criminalità del suo protagonista. Due film in cui la strada e il viaggio rivelano sentimenti e debolezze il siriano Round Trip di Meyar Al Roumi e Ruta de la luna coproduzione tra Ecuador e Panama per la regia di Juan Sebastián. In tema di coproduzione va citata quella tra Messico e Uruguay per Tanta Agua,Infancia clandestina che, a sua volta nasce da una collaborazione artistica tra Ana Guevara Pose e Leticia Jorge Romero,. Diventano un film i ricordi autobiografici del regista marocchino, ma francese d’adozione, Brahim Fritah nel suo Croniques d’une cour  de récré.

Con Coming Forth by Day, titolo che è la traduzione letterale di quello del Libro dei morti degli antichi egizi, l’egiziana Hala Lotfy, racconta la storia di una donna che decide di sacrificare la propria vita. The cremator di Peng Tao è la storia di due amici e del loro strano traffico di corpi destinati alla cremazione.

Una consistente parte del palinsesto festivaliero è quello, come sempre benvenuto, del cinema di non fiction, dentro la cui visione, in questi anni, abbiamo imparato a riconoscere alcuni elementi essenziali delle macroaree geografiche di riferimento. La sezione dedicata al documentario – che parallelamente a quella che contiene la selezione del cinema di fiction, porta lo stesso titolo di Finestre sul mondo, – è l’occasione per gettare uno sguardo, libero dalle necessità forzatamente narrative, per approdare ad una verità differente, ad una particolare versione dei fatti. In questa sezione ritroviamo l’haitiano Raoul Peck con Assistance Mortelle un film sulla tragedia del terremoto che ha devastato l’isola nel gennaio 2010. Degagé del tunisino Mohamed Zran ritorna sui fatti che hanno dato vita alla rivoluzione per raccontare anche la disperazione dei giovani e delle loro famiglie poverissimi protagonisti della rivolta.

Denok & Gareng dell’indonesiano Dwi Sujanti Nugraheni è un affettuoso omaggio alla dignitosa povertà di una famiglia. Si preannuncia come interessante riflessione sul cinema e sulla religione il nuovo film di Mohsen Makhmalbaf dal titolo The gardener selezionato per questa sezione.

With or without youEgualmente ricco di interessanti prospettive è Jeppe on a friday, un film collettivo tutto al femminile, alla cui direzione sono Arya Lalloo e Shannon Walsh. L’originalità sta anche nel tema. Un’analisi che parte da quello che in sociologia si chiama processo di gentrification, con cui si sintetizzano le fasi della trasformazione sociale di piccole comunità poco abbienti, il quartiere in questo caso, in cui avviene l’investimento economico da parte di classi economiche agiate.

Due i film messicani No hay lugar lejano di Michelle Ibaven in cui i luoghi subiscono l’influenza di un capitalismo dissennato e La revolución de los alcatraces di Luciana Kaplan la storia personale di Eufrosina che intreccia le proprie vicende con quelle del suo villaggio. Dal Qatar, ma con la coproduzione francese, è il film Ô mon corps! di Laurent Aït Benalla. Il coreografo Abou Lagraa e sua moglie, la danzatrice Nawal Lagraa, vogliono allestire ad Algeri la prima accademia di danza contemporanea. L’esperienza intreccia le culture mediterranee e diventa innovativa per i suoi protagonisti. In programma anche il siriano True Story of Love, Life, Death and Sometimes Revolution di Nidal Hassan. Siamo a Damasco, nei primi giorni della rivolta, l’attenzione dell’autore si focalizza sulle esperienze di resistenza e di lotta.

Come già nelle precedenti edizioni e per tenere fede ad un’antica ispirazione della manifestazione resta indiscussa la sezione del Migliore film Africano. Oltre ai film della sezione del concorso dei lungometraggi di origine africana la selezione comprende una ricca lista di opere. Va sicuramente citato Beautés cachées di Nouri Bouzid storia di emancipazione femminile nella Tunisia dei nostri giorni. A batalha de Tabatô di João Viana, coproduzione portoghese e della Guinea Bissau è una storia che si snoda sul filo dei ricordi per un soldato che torna a casa per il matrimonio della figlia. Ancora unaBeautés cachées coproduzione che vede protagonista il Portogallo, questa volta in partneriato con l’Angola e il Brasile, è il film di Zezé Gamboa O grande Kilapy, originale storia di un donnaiolo e viveur nell’Angola della colonizzazione. Parfums d’Alger dell’algerino Rachid Benhadj è la storia di un ennesimo ritorno dentro una situazione sociale e familiare drammatica. Dal Malì proviene Toiles d’araignées di Ibrahima Touré, drammatica storia di una coppia che vede il loro amore scontrarsi con le tradizioni locali. Virgem Margarida di Licínio Azevedo è la storia della rieducazione di una prostituta nel Mozambico del 1975 quando il Paese si libera della colonizzazione.

Completano il programma le irrinunciabili sezioni del Fuori concorso, dei Cortometraggi africani, il consolidato Concorso Extr’a con opere italiane dedicate alle altre culture.

Ancora una volta Milano ci incuriosisce, ci lega ad un cinema sempre più invisibile, sempre più desiderabile dentro la voglia di nuove immagini di cui si ha bisogno.

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