Milano ’83, di Ermanno Olmi

Olmi non sembra ammettere la possibilità di una città vuota. L’essenza di un luogo sta nel flusso delle persone lo vivono. In streaming sul sito della Cineteca di Milano

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Fa uno strano effetto rivedere Milano ’83 in questi tempi di distanziamento sociale, coprifuochi, mascherine ed emergenze. Perché Olmi non sembra ammettere la possibilità di una città vuota, di puri volumi architettonici e di spazi disegnati dalle linee dei palazzi, dagli angoli delle piazze, dalle rette e dalle curve delle strade. Non è questione di prospetti e vedute, di ingressi bloccati e contingentati, masse falsate dal teleobiettivo o file smagliate dal grandangolo. L’essenza di una città sta nella traiettoria degli attraversamenti, è nel flusso delle persone che ne rimodulano la mappa ogni qual volta mettono in moto i loro desideri e bisogni. Esistono tante Milano quanti sono gli abitanti di Milano, per dirla alla Ugo La Pietra. O, forse, in altre parole, la città è una, ma indefinibile, perennemente mobile, è una nebulosa di storie che si incrociano e si confondono, si espandono e si ritirano. Sì, ci può essere, ogni tanto, una fascinazione estetica per l’immagine della città. Che però, ovviamente, per Olmi sta a un grado inferiore dell’amore per il paesaggio, quella terribile dolcezza della natura. Ma in un caso o nell’altro, il suo sguardo non è mai puramente contemplativo. Non è mai solo il monumento, il grattacielo, il seme, il fiore. Perché, semmai, l’albero serve a fare gli zoccoli e i prati torneranno per noi, a dar fiato alle nostre speranze. C’è sempre la coscienza della necessità di una forza attiva, di una pratica che si ponga in una relazione viva con le cose, che si muova verso una trasformazione o di un compimento. Che si tratti di città e campagna, lo spazio diventa mondo solo in una prospettiva umana, in ragione delle opere che danno un senso ai giorni.

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L’immagine d’apertura di Milano ’83, quell’omaggio alla Scala, al tempio della cultura alta, sembra l’unica vera concessione fatta alla committenza, al pretesto istituzionale di un film che racconti una “capitale della cultura”. Perché subito Olmi piega tutto all’urgenza di una visione personale, come ha sempre fatto nella sua lunga e lucida attività di regista “industriale”. Con una libertà intransigente, quasi anarchica. Ed ecco allora che la musica d’opera diventa sfuma in note più pop, da Vacanze romane a Mike Oldfield. Mentre dai palchi del teatro, dalla gente in abito da sera per la prima, le signore impellicciate, le luci, i fotografi, l’inglese che si mischia all’accento milanese, l’obiettivo si sposta immediatamente dall’altra parte, là dove gli addetti e gli inservienti attendono la fine dello spettacolo. Per poi andare fuori, tra la gente che manda avanti il quotidiano nella notte, tra chi lavora alla manutenzione della rete tranviaria, chi si adopera per la pulizia delle strade, mentre qualche barbone ostacola il percorso dei camioncini della nettezza urbana. Immagini poco decorose, si direbbe. Ma è questo controcampo che interessa a Olmi, ciò che sta dietro la distante sicurezza delle facciate, dei luoghi simbolo, oltre tutto quanto, da fermo, dovrebbe dichiarare lo “stato capitale”. La notte e la città, ma a poco a poco le cose si muovono a un’altra velocità, è la gente che esce e inonda le stazioni, che affolla i treni e si addormenta sbattendo la testa sui finestrini, sono i genitori che portano i bambini a scuola, in braccia, dribblando le auto ferme nel traffico o accostate, per un minuto, in doppia fila. La città è chiunque passi tra i cantieri, chi corre mano nella mano tra le macchine, che si incrocia, si saluta o si maledice a un semaforo. Una folla senza età, anonima si sarebbe detto un tempo. A cui però Olmi però concede un diritto al nome, tra un sorriso e un apparecchio per i denti. Un principio di individuazione. Mi chiamo quindi sono, faccio parte di tutto questo. Anch’io sono Milano, ogni volta che ci passo. Forse persino quando ci penso. Anch’io sono il mondo.

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
5

Il voto al film è a cura di Simone Emiliani

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Il voto dei lettori
4 (2 voti)
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