Milazzo Film Festival 2025 – Incontro con Vanessa Scalera

Ospite del festival siciliano, l’attrice di Imma Tataranni, Palazzina LAF e Qui non è Hollywood racconta la gavetta teatrale, il successo televisivo, l’esordio con Marco Tullio Giordana

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OPEN DAY FILMMAKING & POSTPRODUZIONE: 23 maggio

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L’attrice Vanessa Scalera è salita ieri sera sul palco del Teatro Trifiletti per il Milazzo Film Festival, accolta dall’applauso del pubblico in sala. Al via quindi all’incontro, che parte con breve excursus della sua carriera. Dopo una lunga gavetta a teatro, Scalera inizia a lavorare ad alcuni film che non passano inosservati, fino a raggiungere il successo con la serialità televisiva. A contraddistinguerla e valorizzarla è la plasticità, sia del volto che del movimento, grazie al quale riesce a ricoprire in maniera credibile tutti i ruoli che interpreta. “A me piace tantissimo lavorare con il corpo, credo che sia il mezzo più importante per un attore, non soltanto la voce. Mi diverte donare un altro modo di camminare e vedermi completamente diversa” dice l’attrice, facendo poi riferimento alla sua formazione teatrale, dove il corpo assume un ruolo cardine in quanto comunica direttamente con il pubblico.

Vanessa Scalera, nonostante dica di essere una “pessimista di natura”, ha costruito la sua carriera utilizzando “l’ottimismo come forma, visione […] ho sempre pensato che prima o poi qualcosa sarebbe successo, di poter faticosamente campare e realizzare alcuni sogni”. Senza perseguire però la retorica di “vai e insegui i tuoi sogni”, l’attrice ha toccato successi che nemmeno lei pensava inizialmente di sfiorare, infatti si sente come una giovane attrice, che sta facendo ancora dei passi nell’ambiente.

Durante l’incontro, viene sottolineata la caratteristica espressiva dell’interprete, ossia il “sopracciglio alzato”, che ritorna più volte nelle sue interpretazioni a cui risponde “probabilmente sono anche un po’ io. E’ l’occhio con cui guardo il mondo”. Tornando poi alla questione della “fisicità”, centrale è l’interpretazione di Cosima Misseri, nella serie sul delitto di Avetrana Qui non è Hollywood, dove l’attrice si è sottoposta a circa 7 ore di trucco prostetico al giorno. La presenza del corpo di Cosima però, non è solo figlia di un trucco ben riuscito, ma ciò che lo rende così realistico è la capacità di Scalera di assumere le sembianze del personaggio e di “darle peso” attraverso i suoi movimenti.

Per quanto riguarda la serialità televisiva invece, ciò che l’attrice ama è “la possibilità di perfezionare il personaggio” e quindi fare un lavoro su di esso per conoscerlo sempre meglio e migliorarlo episodio dopo episodio. Proprio come a teatro, dove dopo ogni replica l’attore riesce a delineare le forme del personaggio in maniera sempre più precisa, anche con la serialità le interpretazioni si plasmano con l’uscita delle stagioni successive. “Io non sono più Imma Tataranni della prima stagione […] Questo ti dà la lunga serialità, di comprendere meglio il personaggio, di esercitarlo”.

Il primo film che ha lanciato la sua carriera è stato Lea di Marco Tullio Giordana dove Scalera, dopo il provino, ha capito dallo sguardo di Giordana che la parte sarebbe stata sua: “Ho capito che avevo fatto centro. Io mi ricordo ancora gli occhi di Marco Tullio, tra l’altro mi provinò su un altro ruolo, poi ad un certo punto mi diede degli stralci di Lea” quindi ha capito fin da subito la sua riuscita, perché ha visto negli occhi del regista come una sorta di colpo di fulmine.

Un’altra peculiarità che la rende versatile è la naturalezza con cui riesce a muoversi dal comico al drammatico, dote che è stata valorizzata con l’interpretazione di Imma Tataranni; prima di questo personaggio infatti i suoi ruoli erano per lo più drammatici “forse anche gli attori che mi piacciono li ho sempre visti camminare su questo filo, quel filo là mi interessa, perché parla di noi. Noi siamo fatti così.” Ad aiutarla è sicuramente il suo istinto, che le permette di farsi trasportare dalle emozioni, senza soffocarle, ma al contrario assecondandole.

Nonostante l’unicità che caratterizza tutte le donne che ha interpretato, il filo conduttore che le unisce è che, come dice Scalera, “sono storte”. Il disagio che le lega è il leitmotiv che spinge l’attrice ad accettare queste parti, perché lei in primis è attratta dal disagio, in particolare quel “disagio quotidiano che abbiamo tutti in ogni situazione. […] chi siamo realmente quando ci esponiamo agli altri, chi siamo realmente”.


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