"Millions", di Danny Boyle

Racconto sognante lontano da aristocratici e operai, fiaba (solo) per adulti perché l'infanzia è il guado per rituali d'iniziazione beatificante. Presunta trasgressione instabile dello spazio e del tempo scenico, mancata debordata virtuale della sala sulla scena.

--------------------------------------------------------------
CORSO COMUNICAZIONE DIGITALE PER IL CINEMA DALL'11 APRILE

--------------------------------------------------------------

Allucinazioni e/o apparizioni: l'incompletezza stabilisce che all'interno di ogni sistema formale/normale esistono visioni che il sistema non riesce a "decidere", non riesce a dare una dimostrazione né di esse, né della loro negazione. Bisogna uscire dal sistema stesso, per poter stabile la sua contraddittorietà, andare oltre i binari della ragione e della civiltà. Danny Boyle, "clippate" le derive esistenziali e naturali di Trainspotting e 28 giorni dopo, s'immerge in un "racconto sognante", racconto che è al tempo stesso un sogno, che esplora territori periferici, dove gli occhi non guardano, restano chiusi, destando ciò che tutti hanno ma pochi usano. Il quartiere è bello, ordinato, schierato, condannato, isolato, collaudato, colorato. La casa nuova è lontana dal centro, dove il papà vuole ricominciare daccapo (dopo la morte della moglie) e i due bambini si scoprono ricchi, perché una borsa piena di soldi è piovuta dal cielo e ha travolto una capanna di cartoni.  È una fiaba (solo) per adulti, perché i bambini sono il mezzo per i rituali d'iniziazione. L'iniziazione (s)figura tra corpi giovani, attraverso la presenza/assenza dei Santi e dei demoni materialisti; trapassa luoghi satelliti moderni, ignorati e declassati. Già perché il cinema inglese si rivolge non solo all'aristocrazia o agli operai, ma anche ai protagonisti della maggioranza silenziosa e "posseduta". Millions forza lo sguardo (e lo spirito), spinto a supplire agli altri sensi e quindi a lavorare al limite delle proprie possibilità. Le "visioni" sono ricorrenti, fedeli e mai trascinanti all'interno del mondo infantile, fittizio, meraviglioso e caotico. L'alta definizione digitale è sapiente ma sostitutiva del desiderio di perdersi e confondersi. L'attività fantasmagorica è guidata da altri, il sogno fantastico non è nostro. È quell'estrema passività del "trip" che non produce coesistenza di individualità e massificazione: bigliettoni ed aureole fanno un essere "mostruoso" che non tracima oltre la somma dei singoli pezzi. Non è cinema che parla necessariamente di oracoli, di miracoli, parla molto di più dei pensieri e dei perché ingenui. Non è un film necessariamente religioso, ma è sulla presunta trasgressione instabile dello spazio e del tempo scenico: una mancata debordata virtuale della sala sulla scena. Racconto del racconto, parafrasi e traduzione della fiaba in un'altra flebile fiaba (ancora solo) per adulti, il cui senso rimanda ad un altro senso, in un interminabile e debolmente suggestivo gioco di rimandi. Esile è la continuità spazio-temporale che si sgretola nell'ossessiva frammentazione in piani isolati o accelerazioni convulse. Solo un'azione per volta o frenesie ad effetto tutte in una volta, smagnetizzano lo stupore.

--------------------------------------------------------------
#SENTIERISELVAGGI21ST N.17: Cover Story THE BEAR

--------------------------------------------------------------

Regia: Danny Boyle


Interpreti: Alex Etel, Lewis McGibbon, James Nesbitt, Daisy Donovan, Christopher Fulford, Pearce Quigley, Jane Hogarth


Distribuzione: Medusa


Durata: 97'


Origine: Gran Bretagna, 2004

--------------------------------------------------------------
CORSO ONLINE SCRIVERE E PRESENTARE UN DOCUMENTARIO, DAL 22 APRILE

--------------------------------------------------------------

    ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER DI SENTIERI SELVAGGI

    Le news, le recensioni, i corsi di cinema, la riviste, i libri, gli eventi e tutte le nostre iniziative