Mindemic (Opera Zero), di Giovanni Basso

Esordio al lungometraggio sul confine tra realtà e finzione in cui si racconta la pandemia senza in fondo mai raccontarla. Interessante ma incompiuto.

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Mindemic, qualcosa che turba la mente e vi rimane dentro per un tempo illimitato. Il primo lungometraggio del trentottenne regista e sceneggiatore ferrarese, fondatore della casa di produzione Magnet Films, in passato autore di cortometraggi presentati in diversi festival nazionali ed internazionali, è soprattutto un’esplorazione del sottilissimo confine tra realtà e finzione.

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Girato interamente con un telefono iPhone cui è stata montata una lente anamorfica adattata al sensore mobile, si racconta la pandemia senza mai raccontarla concretamente, si racconta praticamente la pandemia presente nelle proprie teste che hanno fatto i conti con la follia dell’isolamento forzato.

Nino (Giorgio Colangeli) è un regista settantenne che ormai non lavora da anni per ragioni mai spiegate ma che possono soltanto essere intuite. Vive isolato in un appartamento senza alcuno scopo e obiettivo e una mattina, come tante altre, viene contattato telefonicamente da un vecchio amico, il suo storico produttore. Quest’ultimo gli offre l’opportunità di rientrare nel giro, scrivendo un film in soli tre giorni. Nino non perde tempo e riprende la sua amata macchina da scrivere, decidendo di realizzare un film di guerra grazie anche all’aiuto dei suoi storici collaboratori che però da subito declineranno l’invito. Lui però non si da per vinto e diventa l’unico attore della sua stesura, cominciando ad interpretare i vari ruoli concepiti per la sua storia, inscenando nelle stanze dell’appartamento tutti i personaggi immaginati. Un gruppo di soldati devono salvare, durante una guerra non precisamente collocabile cronologicamente, una donna misteriosa. Nel frattempo, riceve anche la visita a casa di una escort, simile alla sua ex moglie, che l’ha lasciato anni addietro. Andando avanti nella scrittura, Nino si perde sempre più in un delirio creativo che lo condurrà a non poter distinguere verità e finzione.

Per quanto riguarda le musiche utilizzate, Giovanni Basso, acquisendo i diritti, ha voluto quelle di Teo Usuelli, per il film del 1968, La rivoluzione sessuale di Riccardo Ghione. Quando i fili della mente si sfilacciano, quando la memoria e l’azione si sovrappongono e confondono, tutto ciò che rimane è ciò che era lì dalla nascita: un neonato umano avvolto da un cielo blu sulla terrazza di un nuovo sguardo, o almeno sembra. Ora tutto ciò che rimane a Nino, nell’oscurità confusa, è un dolce ondeggiare. Ancora una volta, primitivi di una nuova era, in cui il contagio sparisce ma resta la perenne diffusione della sua idea, deportati in un nuovo viaggio, in un mondo con nuove regole e sempre meno sicuro. Com’eravamo quando eravamo uomini?

Resta in fondo una palpabile incompiutezza del film che si può imputare fondamentalmente a un respiro corto nella stesura, a conferma di un impianto visivo e narrativamente più consono a un cortometraggio.

 

Regia: Giovanni Basso
Interpreti: Giorgio Colangeli, Rosanna Gentili, Claudio Alfredo Alfonsi, Roberto Andreucci, Paolo Gasparini
Distribuzione: Azimut Distribution
Durata: 85’
Origine: Italia, 2021

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
2.5
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Il voto dei lettori
3 (6 voti)
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