Minions, di Kyle Balda e Pierre Coffin

Il lavoro di sabotaggio e sovversione degli schemi messo in atto dalla comicità dei Minions riesce dove la saga di Cattivissimo me aveva finora sempre fallito, ovvero nella celebrazione del nonsense

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Che le potenzialità dei Minions potessero andare ben oltre il ruolo di spalla era stato chiaro fin dall’inizio, dalla discesa nel laboratorio di quel primo capitolo della saga di Gru che, sbancando al botteghino, aveva decretato la fortuna della Illumination Entertainment. Avevano poi letteralmente rubato la scena ad un ormai ex cattivissimo in un sequel funzionale e commercialmente vincente, ma senza vere idee, delineando una situazione di stallo creativo che, con le debite eccezioni da andare a ricercare soprattutto dalle parti della Pixar, basti pensare al suo ultimo Inside Out, continua ad affliggere il panorama statunitense dell’animazione in computer grafica, colpevole di reiterare le proprie formule in una proliferazione di prodotti che ripetono se stessi fino all’esaurimento, invece di andare cercare nuovi territori di sperimentazione. Colpa ancora più grave per una casa relativamente giovane come l’Illumination Entertainment che, giunta con Minions appena al suo quinto titolo, si mostra prematuramente prigioniera della logica puramente commerciale della produzione in serie, con un prequel o spin-off, a seconda di come si preferisce chiamarlo, che, mentre già si vocifera un terzo capitolo di Cattivissimo Me, rimastica sempre lo stesso immaginario.

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minionsSiamo, dunque, di nuovo alle prese con l’ormai rodata formula, dove la famigerata “cattiveria”, qui tre intrepidi Minions, Kevin, Stuart e Bob, si fanno carico della ricerca di un villain da servire, finendo per mandare a gambe all’aria le malvagie macchinazioni di Scarlett Sterminator, fa da filo narrativo di una messinscena che, nel suo immancabile accumulo di gag, a far da cavallo di battaglia è la messa alla berlina dei cliché inglesi, di strizzatine d’occhio cinefile, di numeri e rimandi musicali, non sempre cronologicamente coerenti, si chiude con un rassicurante trionfo dei buoni sentimenti. Il mondo, insomma, è ancora una volta salvo, nonostante l’innata propensione al sabotaggio che, sin dalla notte dei tempi, caratterizza la natura dei Minions. Il breve excursus iniziale, che attraversa la Storia in una spassosa presentazione dei piccoli e gialli protagonisti del film, parla chiaro a questo proposito.

minionsEd è proprio il lavoro di puntuale boicottaggio, che più che avere la portata ideologica del cinema dei Farrelly, appare piuttosto come l’effetto collaterale legato alla comicità d’ispirazione slapstick propria dei Minions, a sovvertire in qualche modo gli schemi, riuscendo laddove la saga di Cattivissimo me aveva finora sempre fallito, ovvero nella celebrazione del nonsense. Certo, siamo lontani anni luce dalla “rivincita degli idioti” profetizzata da film come Pixels, ma superata qualche incertezza iniziale, il viaggio di Kevin, Stuart e Bob stenta difatti a mettersi in moto nella parte statunitense, dopo l’approdo a quel Villain-Con che è chiaro rimando al Comic-Con di San Diego, il capitolo londinese mette in atto un progressivo scardinamento delle logiche sulle quale si poggia il film stesso e, attraverso il moltiplicarsi delle traiettorie demenziali e puntualmente sbagliate descritte dall’alterità dei corpi dei Minions, finisce per rivelare, forse non del tutto consapevolmente, l’immagine di un meccanismo inceppato.

 

Titolo originale: id.
Regia: Kyle Balda, Pierre Coffin
Interpreti: (voci originali) Sandra Bullock, Jon Hamm, Michael Keaton, Allison Janney, Steve Coogan
Distribuzione: Universal Pictures
Durata: 91’
Origine: USA, 2015

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