Missing, di Nick Johnson e Will Merrick

Un clamoroso “Post” Desktop Movie, che teorizza un immaginario ormai plasmato dal digitale senza tuttavia piegarsi ad esso e si pone efficacemente le domande giuste.

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Non c’è tempo, tutto muta. Lo spazio, il tempo, il reale, finiscono per essere modellato dai dati e dobbiamo affrettarci. Nick Johnson e Will Merrick lo sanno bene e, anzi, lo dichiarano fin da subito.

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June la protagonista del loro Missing, all’inizio del film sta guardando una puntata di una serie Netflix dedicata alla vicenda già raccontata nel precedente Searching, altro straordinario desktop movie (scritto sempre da Merrick e Johnson) su un padre che cerca la figlia affidandosi solo agli strumenti della rete. Ora, tuttavia, sarà la stessa June a essere impegnata, di lì a poco, nella ricerca della madre scomparsa in Colombia potendo contare solo su ciò che riesce a trovare su internet e sul suo Mac. Ma dov’è il suo spazio d’azione? Cos’è, di fatto, Missing? È un sequel o è piuttosto un ulteriore gemmazione narrative di un universo di storie che parla sempre più evidentemente la lingua degli ipertesti, ancora, ovvio, l’unica sintassi possibile per le narrazioni contemporanee?

C’è poco da girarci attorno. Missing è un film che si pone le domande giuste, o meglio, che dà la giusta priorità alle cose.

Come Searching, Missing tiene in primo piano la questione del linguaggio e della rappresentazione, continua a chiedersi, costantemente, fin dove può spingersi nel contesto del desktop movie e risponde in modo non scontato, giocando con i formati, ma soprattutto provando, spesso con successo, a far funzionare comunque, malgrado i limiti formali, le tensioni di generi come l’action e l’home invasion.

Ora, tuttavia, è chiaro che il centro della questione è da tutt’altra parte. Non ha paura di definirsi già “post”, Missing, post Searching, certo, ma soprattutto “Post” (o sarebbe meglio dire “Meta”) Desktop Movie, nella misura in cui Merrick e Johnson si siano ormai gettati in quello spazio digitale su cui si sporgeva il prequel, rivoluzionando, di fatto, il rapporto con le sue componenti, non più soltanto strumenti da usare nel contesto narrativo ma vere e proprie componenti di un immaginario definito, che raccontano con chiarezza straordinaria cosa stiamo diventando e come sta mutando lo spazio attorno a noi a contatto con l’infosfera.

Missing

Non sono i primi, ovvio (il primato, forse, più che a Searching va allo straordinario Servant di Shyamalan) ma Merrick e Johnson sono comunque lucidi e diretti nel tratteggiare questo Reale ormai piegato al tocco responsive, allo sguardo aumentato dell’utente, in cui gli spazi si appiattiscono, la Colombia è ad un click di distanza da casa, basta Google per sostenere una conversazione in una lingua che non si conosce ed è persino possibile hackerare la componente umana di un applicazione come Taskrabbit per utilizzarla come nostra emanazione remota, facendogli fare ciò che vogliamo e non possiamo fare.

Ma, prevedibile, le vertigini maggiori si ritrovano quando si fanno scontrare lo spazio analogico e quello digitale, quando si soppesano i detriti dell’impatto, quando, soprattutto, controluce rispetto alla vicenda, emerge tutta l’ambiguità della lettura tecnoconcettuale dei due registi. A raccontare bene lo sguardo di Merrick e Johnson, dunque, non è tanto quell’ipotesi sfiorata da June, che ad un tratto si convince di come la madre possa essere stata rapita durante un viaggio su un Uber verso l’aeroporto (davvero un clamoroso cluster di non luoghi, fisici ma digitali, impalpabili, indefiniti), ma sono soprattutto certi scartamenti, certe virate al nero della narrazione, certi passaggi in cui il rapporto tra i due mondi viene lasciato volutamente irrisolto.

Così la tecnologia ancora, come sempre, si rivela il deus ex machina di tutta la storia ma il supposto anonimato del digitale rimane comunque un mito; così, se da un lato gli equilibri vengono ristabiliti, June non ha garanzie che la sua storia non venga comunque sovrascritta, riattraversata, da qualche piattaforma, pronta a trasformare il suo dramma in una successione inerte di immagini pronte per essere consumate anche da lei.

A sopravvivere, evidente, è quello strano senso di claustrofobia, quel respiro corto che ci sorprende quando ci rendiamo conto che lo status quo nel confronto con lo spazio digitale, spesso, non è dalla nostra parte.

 

Titolo originale: id.
Regia: Nick Johnson & Will Merrick
Interpreti: Storm Reid, Ken Leung, Nia Long, Amy Landecker, Daniel Henney, Joaquim de Almeida, Tim Griffin, Thomas Barbusca, Megan Suri, Tracy Vilar, Lisa Yamada
Distribuzione: Sony Pictures
Durata: 111′
Origine: USA, 2023

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3.6
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Il voto dei lettori
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