Molecole, di Andrea Segre

Pre-apertura di #Venezia77 e subito in sala, il diario di quarantena di Segre tenta un intreccio tra memoria privata e profezia sulla Laguna, reportage dalla città in lockdown e footage di famiglia

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Pre-apertura di Venezia77 e contemporaneamente nelle sale italiane, a Molecole di Andrea Segre spetta in qualche maniera il compito inconsapevole di indicarci la direzione che prenderanno le visioni “indipendenti” italiane (e non solo) al Lido e anche sui nostri schermi: il diario di quarantena è d’altronde già una forma che nei mesi scorsi (basta dare un’occhiata ai nostri Arirang…) ha attraversato decine di pratiche e “misure”, dalla guerrilla al reportage, dal contemplativo all’astrazione, dalla raccolta di stories fino all’approdo “stellare” dell’home made di Netflix. Il programma della Mostra promette ulteriori riflessioni sul formato da lockdown (Guadagnino, Ferrara…), proprio nello stesso momento in cui la ripartenza agognata dei set nostrani continua ad essere minacciata e rallentata dagli spettri del contagio dall’esterno, e dunque questi manuali di sopravvivenza do-it-yourself possono illuminare modalità di produzione che appare sempre meno accessorio poter padroneggiare.
C’è da dire che Segre non permette quasi mai alla confezione di Molecole di “sporcare” la propria frequenza con la grana e i tremolii di uno smartphone, o di una ripresa non pulita: a differenza di esperimenti vicini al suo, i video dei vari dispositivi che partecipano alla narrazione non vengono mai annessi al footage principale (che qui sono filmini familiari di casa Segre tra Padova e Venezia, i genitori e il fratello) ma mostrati attraverso i diversi monitor dai quali vengono fruiti. Il materiale filmato dal regista era parte originariamente di un progetto di documentario sulle due grandi invasioni di cui è vittima Venezia, i turisti e l’acqua alta – interviste e immagini che assumono nuova luce perché girate a fine febbraio 2020, quando la città inizia a svuotarsi per la pandemia imminente, e il livello dell’acqua nei canali sembra rimandare alla curva dei morti comunicata da zone come Milano o Bergamo.

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Questa Venezia attraversata insieme ad un gruppo di personaggi avvicinati per il documentario sembra appartenere ad un passato mitologico senza carovane di visitatori né grandi navi, e insieme ad un futuro post-scomparsa dell’umanità, fatto di luoghi-fantasma o nascosti sott’acqua o abbandonati, come le vetrine fotografate dall’autore.
Segre raddoppia puntualmente queste suggestioni con un viaggio nella memoria del rapporto con il padre defunto, nativo di Venezia, una figura rimasta sempre nel mistero per il cineasta, che cerca adesso di conoscere attraverso fotografie, lettere, continui rimandi tra il repertorio girato dal genitore e le vedute del presente.
Si percepisce il tono intimo, sincero e spesso carico di emozione di questa messa a nudo privatissima: purtroppo i due livelli non sempre riescono a coesistere nella maniera intrecciata che Segre va ricercando (anche con una serie di raddoppi fin troppo marcati, o un po’ forzati come le riflessioni scaturite dagli studi di chimica e fisica del padre). E infatti la voce narrante/pensante dell’autore interviene su ogni situazione (memore forse del lavoro postumo fatto con il diario di Glawogger per dare una forma finale a Untitled, distribuito proprio dalla ZaLab di Segre), da un lato offrendo la propria importante stratificazione soggettiva all’andamento del film, dall’altro però fissando ogni immagine al di là di tutte le altre suggestioni libere e possibili in questo flusso apertamente indeciso di memoria e profezia.

 

Regia: Andrea Segre
Interpreti: Elena Almansi, Maurizio Calligaro, Gigi Divari, Giulia Tagliapietra, Patrizia Zanella
Distribuzione: ZaLab
Durata: 68′
Origine: Italia, 2020

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3

Il voto al film è a cura di Simone Emiliani

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Il voto dei lettori
2.67 (9 voti)
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