Monterossi, di Roan Johnson

Un prodotto sicuramente riuscito, con alcuni spunti interessanti che, forse, non osa abbastanza, rimanendo bloccato e dando l’impressione di non aver espresso totalmente il suo potenziale. AmazonPrime

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Due romanzi di Alessandro Robecchi (Questa non è una canzone d’amore e Di rabbia e di vento) che giocano tra il romanzo giallo e la caricatura, raccolti in sei episodi. Monterossi racconta Milano attraverso una rivisitazione in chiave ironica del noir.

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È proprio il capoluogo lombardo il vero protagonista dello sceneggiato diretto da Roan Johnson e prodotto da Amazon Prime Video. Una città sospesa tra luce e oscurità, in cui l’illuminazione dei nuovissimi grattaceli non impedisce il crescere alle ombre della notte. Dai grattaceli di City Life alla speculazione edilizia, dall’integrazione agli sgomberi delle comunità rom nelle periferie. La città del crimine raccontata da Scerbanenco è il teatro perfetto per le vicende sorprendenti di Carlo Monterossi, sceneggiatore di successo, ormai disilluso dal mondo della televisione-verità da lui stesso creato.

Non ci tengo ad assistere al mio funerale” sentenzia il protagonista (interpretato da Fabrizio Bentivoglio) mentre si trova davanti al proprio manager in un elegante ristorante del centro. È disposto a rifiutare ad oltre ventimila euro ad episodio pur di non ritornare a Crazy Love. Lo show televisivo, nato proprio dalla sua penna, col tempo ha perso completamente l’essenza originale, rovinato dai suoi curatori. Questi, troppo impegnati a pettinare le storie d’amore di persone normali (protagoniste del programma) e diventati share-dipendenti hanno perso il contatto con la realtà di tutti i giorni, creando una “pornografia dei sentimenti”. È necessario ritornare a raccontare qualcosa di vero, di autentico, forse troppo lontano dalle coordinate del protagonista. Com’è lontana anche l’autenticità del vero amore, una “nostalgia del passato”, rappresentata dal ricordo della sofferta separazione con la propria compagna, che si impone avidamente sul presente.

Ma ecco che il brivido dell’esperienza vitale si (ri)materializza nella monotona e disillusa esistenza di Carlo Monterossi. Omicidi, indagini, inseguimenti, pedinamenti eseguiti maldestramente vedono coinvolto lo sceneggiatore nell’arco delle sei puntate. Per fronteggiare l’insolita situazione la sola arma a disposizione di Monterossi è la parola. Si innesca così un dialogo serrato tra protagonista e i personaggi che lo incontrano, che lo aiutano, che lo vogliono morto.

La componente dialettica acquista così un ruolo a dir poco fondamentale. E se da una parte, la scelta registica di far convergere i piani temporali del racconto (come, ad esempio, durante gli interrogatori fatti dalla polizia) è sicuramente apprezzabile, d’altra parte non convince la forte matrice linguistica assegnata ai personaggi che si alternano in scena. La spiccata milanesità dei personaggi, anche nell’impianto linguistico, non gioca a favore di una connotazione più profonda dell’immaginario milanese che il regista vorrebbe infondere alla serie. In alcuni casi si ha l’impressione di trovarsi di fronte allo stereotipo del milanese dalla battuta facile, che rischia di diventare macchietta.

In realtà, la forza di Monterossi è l’impianto di compresenza temporale e spaziale tra frammenti scritti o vocali e le emozioni del protagonista. Compresenza che sfocia poi in un gioco di correspondences. Sono dei frammenti, un “clack” di una porta, a muovere i sentimenti dello sceneggiatore. Ma più di tutto, è la musica di Bob Dylan ad essere il motore di emozioni e azioni per Monterossi.

Bob canterà solo per te”, solo Dylan riuscirà a ricomporre i rottami sparsi dalla separazione, dalle ingiustizie, dalle delusioni.

Da sottolineare è anche la prova del cast che, guidata da Fabrizio Bentivoglio, affiancato da Tommaso Ragno, Diego Ribon, Martina Sammarco e Luca Nucera, ha donato sicuramente spessore alla serie. Monterossi è sicuramente un prodotto riuscito, con alcuni spunti interessanti che, però, non sa osare abbastanza, rimanendo bloccato e dando l’impressione di non essere riuscito ad esprimere tutto il suo potenziale.

 

Regia: Roan Johnson
Interpreti: Fabrizio Bentivoglio, Diego Ribon, Martina Sammarco, Luca Nucera, Tommaso Ragno, Donatella Finocchiaro, Carla Signoris
Distribuzione: Prme Video
Durata: 6 episodi da 45′ (circa)
Origine: Italia, 2022

 

 

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3.2
Sending
Il voto dei lettori
2.75 (4 voti)
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