Morta Cecilia Mangini, la prima documentarista italiana

Si è spenta a 92 anni a Roma. Dai lavori con Pasolini, fino ai film di fantascienza di Lino Del Fra, passando per documentari sempre attenti agli ultimi e alla cultura del Meridione magico e arcaico

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È scomparsa ieri a Roma all’età di 92 anni Cecilia Mangini. Nata a Mola di Bari nel 1927, è stata la prima donna documentarista della storia del cinema italiano. La sua carriera artistica è partita dalla fotografia, sfatando il pensiero, molto diffuso all’epoca, che quello “non fosse un mestiere per signorine”. La voglia di “acchiappare quel pezzo di realtà che fosse in grado di raccontarla tutta” è molto più forte dei luoghi comuni e la porta a trasferirsi a Roma, lasciando Firenze, dove si era trasferita da piccola con i suoi genitori.

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Sei anni dopo l’arrivo nella capitale, Mangini firma il suo primo cortometraggio documentario, Ignoti alla città del 1958. Il film è ispirato al romanzo di Pier Paolo Pasolini Ragazzi di vita, con lo scrittore che firma i testi originali, tornando a collaborare anche nel secondo documentario di Mangini, La canta delle Marane del 1962, in cui la regista riprende le estati torride dei ragazzi di borgata a Roma. Il ritratto delle periferie e dell’umanità degli ultimi, di coloro che vengono lasciati indietro da un presunto progresso galoppante è il solco su cui si muoverà la maggior parte della sua carriera.

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Cecilia mangini foto

Sempre in quegli anni Cecilia Mangini indaga anche il mondo rurale, anche nel suo aspetto più arcaico. Con Stedalì – suonano ancora vengono osservate le prefiche, antica figura di donna incaricata di piangere ed eseguire lamentazioni rituali in onore di un morto. La pellicola è del 1960, come Maria e i giorni, ritratto di un’anziana donna che gestisce una masseria, di cui vengono documentate anche le pratiche religiose al limite della magia. Entrambi i lavori sono fortemente influenzati dal lavoro dell’antropologo Ernesto De Martino. C’è anche un’attenzione a una realtà contadina che viene sempre più inglobata in maniera traumatica dallo sviluppo industriale. Del 1961 è Divino amore, incentrato sull’omonimo santuario dedicato alla Madonna che nel dopoguerra fu oggetto di grande devozione dei fedeli. Essere donne del 1964 è invece un’indagine di costume e psicologica sulla condizione delle donne negli anni del boom.

Il cinema politico e sociale diventerà un ambito molto frequentato da Cecilia Mangini nella seconda metà degli anni ’60. Affronta con sarcasmo la crescita del consumismo (Felice Natale), dibatte sul controverso tema dell’eutanasia (La scelta) e critica un sistema scolastico che rischia di essere veicolo di conformismo (La briglia sul collo). Cecilia Mangini è anche sceneggiatrice di diversi film di finzione, per la maggior parte diretti da suo marito Lino Del Fra. Dopo Fata Morgana, co-diretto dai due e vincitore del Leone d’Oro al 22° Festival del Cinema di Venezia, nel 1962 Mangini scrive e dirige insieme al marito e Lino Miccichè All’armi, siam fascisti! Il film viene accolto con un consenso positivo unanime e nemmeno la censura di stato (che aveva già colpito la Mangini in occasione dei suoi lavori al fianco di Pasolini) riesce a evitare il successo del film in sala. Sempre per la regia di Del Fra scrive nel 1970 La torta nel cielo, tratto da un soggetto di Gianni Rodari, e nel 1977 Antonio Gramsci – I giorni del carcere, racconto storicamente curato degli ultimi anni del filosofo premiato nello stesso anno con il Pardo d’Oro a Locarno.

A partire dagli anni 2000 Cecilia Mangini si è dedicata principalmente alla fotografia, mentre la sua opera cinematografica viene lentamente riscoperta. Nel 2009, al NODODOCFEST di Trieste le viene conferito il premio alla carriera insieme a Gianfranco Rosi, mentre nel 2017 inaugura una sua mostra fotografica a Nuoro. Resta del 2012 la sua ultima apparizione al cinema in In viaggio con Cecilia, diretto dalla sua allieva Mariangela Barbanente. Un ultimo viaggio in macchina che rimane il saluto cinematografico di una grande artista a un Sud di cui ha documentato il cambiamento e che sembra ai suoi occhi vivere d’inerzia. Contro quell’apatia si è sempre battuta Cecilia Mangini, con un’energia che resterà un esempio vivo e potente nelle sue opere.

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